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Regione Piemonte procede con la legge sulla ludopatia. Chiamparino: orgoglioso della legge approvata

Redazione Quotidiano Piemontese

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Si è chiusa con un ordine del giorno primi firmatari i consiglieri Domenico Rossi e Davide Gariglio e Marco Grimaldi, la battaglia fra  il Governo e Giunta e Consiglio Regionale del Piemonte. Soddisfatto il governatore Chiamparino: “Esprimo l’orgoglio che il Piemonte sia una delle prime Regioni ad aver approvato una legge netta, e mi auguro efficace, contro la ludopatia, terribile patologia che colpisce soprattutto le fasce più povere e indifese della popolazione. E che il Consiglio e la Giunta regionale abbiano espresso la volontà di avanzare unanimemente sulla via che essa ha tracciato”

L’ordine del giorno sostiene che : “respingendo ogni pressione rispetto alla propria autonomia legislativa e ritenendo infondate le minacce di danni erariali, impegna la Giunta a dare piena attuazione alla legge n. 9 del 2016, anche attraverso il sostegno ai Comuni nell’applicazione della legge stessa e a difendere in ogni sede l’autonomia legislativa della Regione Piemonte”.

Nel suo intervento Chiamparino aveva anche affermato: “Respingo nel modo più netto l’insinuazione di aver voluto fare un tentativo per modificare la legge e mi è sembrato un dovere di correttezza istituzionale informare la Presidenza del Consiglio regionale su quanto appreso in modo informale dal viceministro Baretta in merito all’eventuale approvazione, da parte del Parlamento, dell’articolo 90 della legge di stabilità”.

La comunicazione del presidente della Giunta è arrivata dopo quella dell’assessora regionale al Lavoro Gianna Pentenero, cofirmataria con l’assessore alla Sanità Antonio Saitta del disegno di legge, che ha ripercorso l’iter del provvedimento, approvato il 2 maggio 2016.

Il consigliere Marco Grimaldi (Sel) ha definito la legge uno dei testi più innovativi dell’ordinamento italiano perché si propone di porre freno al sorgere di casinò a distanza ravvicinata e ai suoi effetti devastanti nelle periferie. E ha ammonito che non va dimenticato che ogni entrata nel sistema del gioco fa perdere almeno il doppio per la cura delle ludopatie.

Per il M5s sono intervenuti i consiglieri Francesca Frediani, Giorgio Bertola e Davide Bono, che hanno definito la lettera del presidente della Giunta “un goffo tentativo di colpo di mano per farci cambiare una legge vigente nell’arco di tre giorni” e messo in evidenza che è probabile che, con la chiusura di una parte di slot machine, ci sarà indubbiamente una mancanza di gettito per le casse dello Stato, ma che la Regione non potrà essere in alcun modo accusata di danno erariale. Bono ha ricordato che in Piemonte le giocate ammontano a 3,7 miliardi, quindi oltre 1.000 euro per abitante adulto.

Gian Luca Vignale (Mns) ha definito la lettera “gravemente inopportuna” e ribadito che, anche nel caso in cui il Parlamento dovesse approvare l’articolo 90 della legge di stabilità, modificare o no la legge è e rimane una prerogativa del Consiglio regionale. È compito esclusivo dell’Assemblea determinare il futuro delle leggi regionali.

Con il presidente Davide Gariglio, per il Partito democratico sono intervenuti i consiglieri Rossi, Andrea Appiano e Nadia Conticelli che hanno evidenziato che – prima del passaggio in Commissione Sanità – il provvedimento era assai più stringente e osservato che in quasi dieci anni, a livello nazionale, il volume del gioco d’azzardo legale è aumentato da 44 a 96 miliardi di euro ma gli introiti incamerati dallo Stato sono rimasti pressappoco gli stessi e che mettere al centro la salute di chi potrebbe cadere nella ludopatia è senza dubbio un investimento importante.

Gilberto Pichetto (FI) ha sottolineato che i ritardi della Giunta regionale nell’approntare il Piano contro le ludopatie ha probabilmente nuociuto a tutta la vicenda e ha esortato la Giunta a impegnarsi nei confronti del Governo nazionale per trovare una soluzione ai mancati introiti degli operatori.

Per Valter Ottria (Mdp) il tentativo di limitare una buona legge è giunto in maniera maldestra da parte di un componente del Governo attraverso colloqui informali e toni minatori. Il presidente della Giunta e del Consiglio regionale hanno entrambi svolto il proprio dovere istituzionale.

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