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Cultura

C’è tanto Piemonte in “Noi credevamo”, gran favorito ai David di Donatello

Davide Mazzocco

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Sono state ufficializzate questa mattina le candidature ai David di Donatello, gli Oscar del cinema italiano che verranno consegnati il prossimo 6 maggio. Noi credevamo, il film girato (anche) in Piemonte e fortemente sostenuto dalla Film Commission regionale, dopo essersi aggiudicato il Nastro d’argento, ha raccolto ben tredici candidature nel più celebre premio nazionale riservato alla settima arte. La pellicola, sostenuta al 50% dall’intervento della Rai, è candidata nelle categorie film, regia, sceneggiatura, produzione, fotografia, musiche originali, scenografia, montaggio, costumi, trucco, acconciature, suono in presa diretta e premio di miglior film della giuria composta da 6.000 giovani degli istituti superiori italiani. Presente in quasi tutte le categorie tecniche, il film, pur contando sul cast più sontuoso di tutta la stagione cinematografica, non ha ottenuto alcuna nomination nei quattro riconoscimenti riservati agli attori. Ricordiamo che del cast fanno parte Toni Servillo, Luigi Lo Cascio, Luca Zingaretti, Valerio Binasco, Francesca Inaudi, Anna Bonaiuto, Renato Carpentieri, Michele Riondino e Andrea Renzi, vale a dire alcuni dei migliori attori di casa nostra, più numerosi giovani di belle speranze fra i quali Luigi Pisani, Roberto Accornero, Edoardo Natoli e Andrea Bosca. Che nel film prevalga la dimensione corale è un dato di fatto ma che nessuno degli attori citati sia stato inserito nelle due categorie riservate agli attori non protagonisti lascia quantomeno perplessi.

Come dicevamo nel film c’è molto Piemonte. Durante la presentazione della mostra Noi credevamo avvenuta un mese fa al Museo nazionale del cinema di Torino, il regista Mario Martone ha sottolineato l’importanza dell’intervento piemontese in fase produttiva: “Senza il sostegno del Film Commission Torino Piemonte questo film non avrebbe potuto vedere la luce. La lealtà dimostratami dalle istituzioni locali non è mai venuta a mancare. Nell’ambito dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia il Piemonte ha saputo rileggere in maniera critica la propria storia riaprendo, per esempio, gli archivi dell’esercito dei volontari che venne sciolto una volta conclusasi l’esperienza dei mille di Garibaldi”. Già perché l’approccio critico, revisionista e per niente agiografico del film di Martone non è stato digerito facilmente da una certa parte della critica e dalla stessa Rai che, lo scorso novembre, ha fatto uscire il film in appena trenta sale. Poi ci sono state le inattese code davanti ai cinema e gli inusuali sold out per un film di tre ore, ostico e bellissimo, lento ma potente. Con buona pace dei detrattori. Perché come ha scritto il critico Mauro Gervasini su Nocturno.it, riferendosi all’esito del Festival di Venezia, “di Somewhere di Sofia Coppola, Leone d’oro per volere di Tarantino, tra un anno nessuno si ricorderà giustamente più, mentre Noi credevamo tra mezzo secolo sarà considerato un classico”. E questo, aggiungiamo, tanto se vincerà tredici David, tanto se non ne vincerà nessuno.

 

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