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Cultura

Salgari e i suoi eroi. Alla Civica Centrale una mostra per ricordarli

Redazione Quotidiano Piemontese

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Oggi forse è un po’ passato di moda, soppiantato da Harry Potter e dagli eroi in 3D, ma per generazioni ha alimentato con le sue storie i sogni dei ragazzi. Li prendeva per mano e se li portava via, sulla nave dell’avventura, lui che praticamente non aveva mai viaggiato. Parliamo di Emilio Salgari (il padre di Sandokan e del Corsaro nero), un autore molto legato alla città di Torino. In occasione del centenario della sua scomparsa, la Biblioteca Civica Centrale gli ha dedicato una mostra bibliografica.

Sembra incredibile che dietro una letteratura brillante e spavalda come quella di Salgari si possa celare una storia funesta, piena di sciagure e quasi perseguitata dal destino. Veronese di nascita, lo scrittore si trasferì in Piemonte nel 1892 (inizialmente a Ivrea, poi a Cuorgné e infine a Torino, dove visse fino alla morte). Il suo sogno giovanile era diventare capitano di marina: non vi riuscì mai (perché non terminò la scuola). Eppure la fotografia ce lo mostra impettito, baffi ritorti, cappello da marinaio e sguardo all’orizzonte: era un capitano dell’immaginazione. Non mise mai piede in India, né in Malesia, né nelle isole caraibiche (le terre in cui ambientò i suoi romanzi di maggior successo). Questo non deve stupirci: gli scrittori hanno un modo tutto loro di spostarsi nel mondo. Ce lo conferma Alessandro Baricco, che recentemente ha preso parte al progetto Sette mosse per l’Italia, un viaggio in barca a vela a tappe da Genova a New York. Dopo due giorni di navigazione, un po’ provato dal mal di mare, lo scrittore ha dichiarato: “Preferisco la terra”. Possibile? Non ce lo saremmo aspettati dall’autore di Novecenteo e Oceano mare. Ma evidentemente l’oceano letterario ha altre correnti.

Salgari, dicevamo, non conobbe i luoghi esotici da una nave, ma in biblioteca. Il mestiere di scrivere gli stava stretto, forse anche per colpa dei contratti capestro con gli editori, che lo costringevano a un lavoro estenuante. “La professione dello scrittore dovrebbe essere piena di soddisfazioni materiali e morali – scrisse nel 1909 all’amico pittore Gamba – Io invece sono inchiodato al mio tavolo per molte ore del giorno ed alcune della notte. Devo scrivere a tutto vapore”. Erano i sintomi di un cammino di disperazione. Due anni più tardi la tragica fine, quelle lettere appoggiate sul tavolo della sua casa in corso Casale 205, indirizzate ai figli Omar, Nadir, Romero e Fatima (tutti nomi avventurosi). Poche parole: “Sono un vinto. Non vi lascio che 150 lire, più un credito di altre 600 che incasserete dalla signora…”

Quanta amarezza. Si sentiva vinto, proprio lui che aveva dato vita a eroi invincibili, come Sandokan, il selvaggio dal cuore grande, come i pirati galantuomini della Folgore o come Jolanda, la figlia del corsaro nero, rispettata e temuta da tanti uomini. Grazie a queste controfigure e a una grande padronanza dei congegni narrativi, Salgari sapeva rapire i ragazzi e portarseli via, sulla nave dell’avventura. Ma quel che è più importante, sapeva introdurre i più giovani al viaggio nei libri, una navigazione piena di sorprese, cui, se abituati da piccoli, si resta fedeli tutta la vita. Oggi i suoi estimatori sono ancora molti (e tra loro ci sono fan d’eccezione, come Luis Sepulveda), ma tutti un po’ in là con gli anni. I ragazzi non lo conoscono quasi più e c’è solo da sperare che gli scrittori contemporanei siano altrettanto bravi come  “navi scuola” della letteratura.

A Salgari è dedicata la mostra ospitata nei locali della Biblioteca Civica Centrale di Torino (via della Cittadella 5), fino al 30 maggio. Orari: lunedì ore 15-19.55; dal martedì al venerdì ore 8.15-19.55; sabato ore 10.30-18. Ingresso libero

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