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Processo Eternit, proseguono le requisitorie della difesa

Davide Mazzocco

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Sono proseguite con l’udienza di quest’oggi le requisitorie di difesa delle società chiamate in causa nel processo all’Eternit in corso di svolgimento al Palagiustizia di Torino. Questa prima fase di requisitorie difensive delle società chiamate in causa dalle parti civili dovrebbe esaurirsi la prossima settimana, quindi toccherà prima all’avvocato Cesare Zaccone, difensore di Jean Louis de Cartier de Marchienne, poi alla difesa di Stephan Schmidheiny. Le udienze riservate alla difesa dovrebbero chiudersi nel mese di novembre, questa, almeno, è la speranza del Comitato vertenza amianto: “Se le udienze si concluderanno, come sembra, nel mese di novembre ci riterremo molto soddisfatti – spiega il coordinatore Bruno Pesce -. Con una sentenza prima di Natale il processo sarà durato poco più di due anni dal primo dibattimento del 10 dicembre 2009”.

Nelle udienze di queste settimane la difesa sta tentando di smontare le tesi accusatorie cercando di escludere gli imputati, le società e negando che la dirigenza fosse a conoscenza della nocività dell’amianto prima degli anni Ottanta: “In Germania già nel 1936 si sapeva che l’amianto procurava il cancro. Nel 1964 si tenevano congressi internazionali sull’amianto come causa del mesotelioma”. In fabbrica, nel 1975, Nicola Pondrano iniziava la sua battaglia sindacale e nella stanza dei bottoni nessuno sapeva nulla?

Intanto Romana Blasotti (presidente dell’Associazione Famigliari delle vittime), i sindacalisti Nicola Pondrano, Luciano Bortolotto e Luigi Ferrando, e lo stesso Bruno Pesce hanno richiesto un’audizione alla presidente della Commissione Giustizia on. Giulia Bongiorno, preoccupati che il progetto del “processo lungo”, già approvato in Senato, possa mandare a monte il processo Eternit-bis che il procuratore Guariniello sta preparando includendo i nuovi malati (quelli cioè non inclusi nelle parti civili del processo attualmente in corso) e gli operai ammalatisi nelle fabbriche svizzere prima di rientrare in Italia. La riforma, infatti, negherebbe al giudice la possibilità di limitare la citazione dei testi da parte della difesa, pregiudicando così l’esito del procedimento.

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