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Ambiente

Il 3 giugno a Torino la manifestazione contro l’abolizione del referendum sulla caccia

Redazione Quotidiano Piemontese

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Il 3 giugno avrebbe dovuto svolgersi in Piemonte il referendum contro la caccia, che mirava a mettere delle limitazioni al numero delle specie cacciabili, ai luoghi e ai giorni. La giunta Cota ha operato per evitare il referendum abolendo l’attuale legge regionale e rendendo di fatto nulla la consultazione referendaria già indetta. Domenica 3 giugno ci sarà a Torino una manifestazione per protestare contro quello che è stato definito uno scippo della democrazia. Alle 14.30 è previsto il concentramente della  manifestazione che partirà alle 15.30 da corso Bolzano di fronte alla stazione di Porta Susa, per poi percorrere in corteo il centro cittadino. L’evento su Facebook

Il Comunicato del Comitato per il referendum sulla Caccia

Con un atto liberticida e antidemocratico il Consiglio Regionale del Piemonte e la Giunta presieduta dal leghista Cota hanno abrogato la Legge sulla caccia, cancellando di fatto il Referendum regionale, fissato per il 3 giugno.

Questo è avvenuto a trenta giorni dalla data della consultazione, quando la macchina referendaria era già attiva da mesi e aveva già coinvolto migliaia di volontari. L’arma utilizzata per raccogliere consenso intorno a questo scippo senza precedenti è stata quella crisi economica che questa stessa classe politica ha contribuito a generare!

Così, tramite uno scientifco ribaltamento della realtà, i referendari sono stati dipinti come coloro che volevano sperperare 22 milioni di Euro (cifra, peraltro, campata per aria) mentre in Giunta tutti si dichiaravano – per la prima volta – preoccupati per coloro che stanno peggio, speculando in modo inaccettabile sui drammi reali delle persone ammalate, degli anziani con pensione al minimo, dei disabili, dei disoccupati, dei precari.

Peccato che tutti gli appelli del Comitato referendario a trovare soluzioni alternative (tra cui l’accorpamento alle elezioni amministrative) che impedissero di spendere soldi pubblici siano stati ignorati se non addirittura sbeffeggiati da Cota, dall’assessore Sacchetto e soci.

Giunta e maggioranza, col solo scopo di assecondare poche migliaia di cacciatori, i cui consensi fanno sempre gola a politicanti alla ricerca di voti facili, hanno così calpestato il diritto legittimo di quattro milioni di piemontesi ad esprimere democraticamente la propria posizione su un tema di grande importanza. Questo provvedimento – fglio di una classe politica sempre più slegata dalle persone che pretende di rappresentare – si è fatto beffe dei cittadini e di 25 anni di battaglie legali, risoltesi con l’imposizione da parte dei giudici di indire la consultazione. Non bastasse, gli autori di questo atto inqualifcabile hanno strumentalizzato le fasce più deboli, quelle persone che stentano più di tutte a sopravvivere alla crisi.

Questa vergogna merita una reazione forte e univoca da parte di tutte le forze democratiche, dal mondo animalista e ambientalista ai partiti, ai movimenti e le associazioni dei cittadini, a coloro che, come molti di noi, appartengono proprio a quelle categorie sociali sempre più precarie, che ovviamente non avranno alcun benefcio dalla cancellazione del Referendum, al contrario di quanto in molti hanno blaterato dai palazzi del potere regionale.

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