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Angelica Musy sul mensile Credere: Le mie figlie devono sapere che da una storia così brutta può nascere una cosa bella

Redazione Quotidiano Piemontese

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alberto-musyAngelica Musy, moglie di Alberto Musy morto il 22 ottobre scorso , ha rilasciato un’intervista a Credere di questa settimana. In memoria di Alberto Musy la vedova ha istituito l'”Opera Alberto e Angelica Musy” che, insieme all’Ufficio pio della Compagnia di San Paolo, aiuterà le famiglie in difficoltà. “Era un’idea che aleggiava da tempo, che ha preso concretezza negli ultimi giorni prima del funerale. Voglio restituire quello che mio marito ha sempre avuto. A metà dicembre faremo il punto e consegneremo i soldi al vescovo, che ha creato un centro d’ascolto per le famiglie in difficoltà. Monsignor Cesare Nosiglia ci è stato molto vicino, lui saprà come utilizzare i fondi. Noi siamo sofferenti e ci sentiamo solidali con famiglie che hanno altri tipi di sofferenza”.

L’intervista completa pubblicata su Credere

«Il rancore non abita qui». Adesso l’impegno di Angelica Musy è aiutare i poveri. Da pochi giorni, nella chiesa della Consolata di Torino, sono stati celebrati i funerali di Alberto Musy, l’avvocato, docente di Diritto, ex consigliere comunale dell’Udc che voleva cambiare Torino, candidandosi a sindaco nel 2011. Il suo sogno si è spento la notte del 22 ottobre, dopo 19 mesi di coma per una raffica di colpi di pistola sparati da un uomo misterioso che, con il casco da moto in testa, lo aggredì nel cortile di casa il 21 marzo 2012.

Per ricordare il professore c’era chi voleva raccogliere le opere di Alberto Musy, «ma io non sono in grado di fare queste cose. Ora deve funzionare di più il cuore che la testa – dice la moglie Angelica Corporandi d’Auvare – magari in futuro faremo qualcosa». Adesso il cuore dice che c’è una Torino che soffre e durante il funerale del professore è stata annunciata l’istituzione dell’Opera Alberto e Angelica Musy, che, insieme all’Ufficio pio della Compagnia di San Paolo, aiuterà le famiglie in difficoltà economica.
«Era un’idea che aleggiava da tempo – dice la vedova –, che ha preso concretezza negli ultimi giorni prima del funerale. Voglio restituire quello che mio marito ha sempre avuto. Abbiamo avuto tanta vicinanza e tanto affetto, le mie figlie devono sapere che da una storia così brutta può nascere una cosa bella». La Caritas diocesana ha messo a disposizione il suo conto corrente (c/c n. 16320, Monte dei Paschi di Siena, Agenzia 14, intestato a: Caritas Arcidiocesi di Torino) per raccogliere le prime offerte. «A metà dicembre faremo il punto e consegneremo i soldi al vescovo, che ha creato un centro d’ascolto per le famiglie in difficoltà. Monsignor Cesare Nosiglia ci è stato molto vicino, lui saprà come utilizzare i fondi. Noi siamo sofferenti e ci sentiamo solidali con famiglie che hanno altri tipi di sofferenza». È una famiglia di cinque donne quella rimasta orfana di Alberto Musy, «un uomo giusto che insegnava a non aver paura del futuro», ricorda la moglie, restata con le figlie Isabella di 13 anni, Maria Luisa di 12, Bianca di 10 ed Eleonora di 3 anni. «Io ho sempre detto loro la verità – spiega mamma Angelica –, non ho voluto che gliela dicessero altri, se avevano bisogno di chiarire qualche concetto sapevano che potevano chiedermi qualsiasi cosa. Non hanno mai domandato molto, ma molte cose le intuivano. Alberto non è mai uscito di casa, ne parlavamo anche scherzosamente, ci chiedevamo: “Chissà cosa direbbe papà?”». Quattro bambine messe di fronte all’atrocità di un omicidio, che Angelica Musy ha affrontato con la fede che si è sempre respirata in famiglia. «Frequentiamo insieme la Messa – spiega –; in occasione dei funerali ho voluto spiegare alle mie figlie come è articolata la celebrazione e cosa avevamo pensato di organizzare; i saluti sono importanti e non volevo fossero catapultate in una marea di persone senza capire cosa stava succedendo». Angelica è una donna forte e serena. Come le sue figlie. «Loro non hanno mai messo in dubbio la fede, racconta; il rancore non abita qui. Certo, a volte si sono chieste perché succedono queste cose alle persone buone, sanno che esiste il bene e il male. Ma loro vivono questa vicenda con una serenità che ha aiutato anche me». Angelica d’Auvare arriva da una famiglia molto religiosa, «però penso che la fede sia un dono, c’è chi la matura nel tempo e chi ce l’ha da sempre. Alberto, ad esempio, ha frequentato le scuole dei Fratelli cristiani di San Giuseppe e in gioventù si era posto delle domande sulla fede, voleva andare a fondo delle questioni, tanto da ricevere la Cresima qualche anno dopo. Eravamo concordi nel crescere le nostre figlie facendo conoscere loro la fede tramite noi». Della povertà si è sempre parlato anche in casa Musy. «Io e mio marito volevamo che le nostre figlie vivessero nel mondo reale, quello della gente comune, conoscendo la situazione della loro città. Se non si parla in famiglia di queste problematiche – dice Angelica – si ha una percezione sfalsata della realtà. Ogni tanto devono fare una rinuncia e Alberto a cena parlava di tante cose che erano sintomatiche di questa crisi. È un momento brutto, per uscire dobbiamo partire dalle fondamenta, così come stiamo facendo, iniziando a rivalutare le cose più importanti».

Angelica Musy, moglie di Alberto Musy morto il 22 ottobre scorso ha rilasciato un’intervista su Credere di questa settimana. In memoria di Alberto Musy la vedova ha istituito l'”Opera Alberto e Angelica Musy” che, insieme all’Ufficio pio della Compagnia di San Paolo, aiuterà le famiglie in difficoltà. “Era un’idea che aleggiava da tempo, che ha preso concretezza negli ultimi giorni prima del funerale. Voglio restituire quello che mio marito ha sempre avuto. A metà dicembre faremo il punto e consegneremo i soldi al vescovo, che ha creato un centro d’ascolto per le famiglie in difficoltà. Monsignor Cesare Nosiglia ci è stato molto vicino, lui saprà come utilizzare i fondi. Noi siamo sofferenti e ci sentiamo solidali con famiglie che hanno altri tipi di sofferenza”.

L’intervista completa pubblicata su Credere

«Il rancore non abita qui». Adesso l’impegno di Angelica Musy è aiutare i poveri. Da pochi giorni, nella chiesa della Consolata di Torino, sono stati celebrati i funerali di Alberto Musy, l’avvocato, docente di Diritto, ex consigliere comunale dell’Udc che voleva cambiare Torino, candidandosi a sindaco nel 2011. Il suo sogno si è spento la notte del 22 ottobre, dopo 19 mesi di coma per una raffica di colpi di pistola sparati da un uomo misterioso che, con il casco da moto in testa, lo aggredì nel cortile di casa il 21 marzo 2012.

Per ricordare il professore c’era chi voleva raccogliere le opere di Alberto Musy, «ma io non sono in grado di fare queste cose. Ora deve funzionare di più il cuore che la testa – dice la moglie Angelica Corporandi d’Auvare – magari in futuro faremo qualcosa». Adesso il cuore dice che c’è una Torino che soffre e durante il funerale del professore è stata annunciata l’istituzione dell’Opera Alberto e Angelica Musy, che, insieme all’Ufficio pio della Compagnia di San Paolo, aiuterà le famiglie in difficoltà economica.
«Era un’idea che aleggiava da tempo – dice la vedova –, che ha preso concretezza negli ultimi giorni prima del funerale. Voglio restituire quello che mio marito ha sempre avuto. Abbiamo avuto tanta vicinanza e tanto affetto, le mie figlie devono sapere che da una storia così brutta può nascere una cosa bella». La Caritas diocesana ha messo a disposizione il suo conto corrente (c/c n. 16320, Monte dei Paschi di Siena, Agenzia 14, intestato a: Caritas Arcidiocesi di Torino) per raccogliere le prime offerte. «A metà dicembre faremo il punto e consegneremo i soldi al vescovo, che ha creato un centro d’ascolto per le famiglie in difficoltà. Monsignor Cesare Nosiglia ci è stato molto vicino, lui saprà come utilizzare i fondi. Noi siamo sofferenti e ci sentiamo solidali con famiglie che hanno altri tipi di sofferenza». È una famiglia di cinque donne quella rimasta orfana di Alberto Musy, «un uomo giusto che insegnava a non aver paura del futuro», ricorda la moglie, restata con le figlie Isabella di 13 anni, Maria Luisa di 12, Bianca di 10 ed Eleonora di 3 anni. «Io ho sempre detto loro la verità – spiega mamma Angelica –, non ho voluto che gliela dicessero altri, se avevano bisogno di chiarire qualche concetto sapevano che potevano chiedermi qualsiasi cosa. Non hanno mai domandato molto, ma molte cose le intuivano. Alberto non è mai uscito di casa, ne parlavamo anche scherzosamente, ci chiedevamo: “Chissà cosa direbbe papà?”». Quattro bambine messe di fronte all’atrocità di un omicidio, che Angelica Musy ha affrontato con la fede che si è sempre respirata in famiglia. «Frequentiamo insieme la Messa – spiega –; in occasione dei funerali ho voluto spiegare alle mie figlie come è articolata la celebrazione e cosa avevamo pensato di organizzare; i saluti sono importanti e non volevo fossero catapultate in una marea di persone senza capire cosa stava succedendo». Angelica è una donna forte e serena. Come le sue figlie. «Loro non hanno mai messo in dubbio la fede, racconta; il rancore non abita qui. Certo, a volte si sono chieste perché succedono queste cose alle persone buone, sanno che esiste il bene e il male. Ma loro vivono questa vicenda con una serenità che ha aiutato anche me». Angelica d’Auvare arriva da una famiglia molto religiosa, «però penso che la fede sia un dono, c’è chi la matura nel tempo e chi ce l’ha da sempre. Alberto, ad esempio, ha frequentato le scuole dei Fratelli cristiani di San Giuseppe e in gioventù si era posto delle domande sulla fede, voleva andare a fondo delle questioni, tanto da ricevere la Cresima qualche anno dopo. Eravamo concordi nel crescere le nostre figlie facendo conoscere loro la fede tramite noi». Della povertà si è sempre parlato anche in casa Musy. «Io e mio marito volevamo che le nostre figlie vivessero nel mondo reale, quello della gente comune, conoscendo la situazione della loro città. Se non si parla in famiglia di queste problematiche – dice Angelica – si ha una percezione sfalsata della realtà. Ogni tanto devono fare una rinuncia e Alberto a cena parlava di tante cose che erano sintomatiche di questa crisi. È un momento brutto, per uscire dobbiamo partire dalle fondamenta, così come stiamo facendo, iniziando a rivalutare le cose più importanti».

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