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Don Ciotti: le mafie, la corruzione, l’illegalità, assassinano la speranza – video

Redazione Quotidiano Piemontese

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vittime-mafiaDon Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera,  ha presieduto con Papa Francesco la veglia di preghiera con i parenti delle vittime della mafia contro le mafie che si è tenuta nella chiesa romana di San Gregorio VII. Papa Francesco ha ascoltato l’elenco delle 842 vittime innocenti di mafia con tra cui quelli dei bambini uccisi nelle ultime settimane, letti dall’ex procuratore di Torino Giancarlo Caselli, che ha concluso promettendo a nome di tutti l’impegno in favore della verità e della giustizia. Luigi Ciotti ha rivolto il suo saluto a Francesco: “Pensavamo di incontrare un padre, abbiamo trovato un fratello, fratello Francesco. È un momento che abbiamo atteso e desiderato tanto. Le persone che sono qui hanno storie e riferimenti diversi, ma sono accomunate dal bisogno di verità e di giustizia: un bisogno che per molti è ancora vivo. Sono solo una rappresentanza dei familiari delle vittime delle mafie che sono tanti, tanti, tanti di più. Le mafie, la corruzione, l’illegalità, la violenza assassinano la speranza e sono queste speranze spezzate o soffocate che oggi vogliamo condividere.

La Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie, che tradizionalmente si svolge ogni anno in tutta Italia il 21 marzo, primo giorno di primavera, ma quest’anno è stata posticipata a sabato 22 marzo per favorire la massima partecipazione di quanti arriveranno da ogni parte d’Italia. 

L’intervento integrale di Luigi Ciotti

Pensavamo d’incontrare un Padre, abbiamo trovato anche un Fratello. Grazie di averci accolto, è un momento che abbiamo atteso e desiderato tanto.
Le persone che sono qui hanno storie e riferimenti diversi. Ma sono accomunate dal bisogno di verità e di giustizia, un bisogno che per molti è ancora vivo e lacerante.
Sono solo una rappresentanza, per quanto numerosa dei famigliari delle vittime delle mafie, che sono tanti, tanti di più.

Sono tutte vittime innocenti e di tutte vogliamo ricordare il nome.
In questo lungo elenco ci sono circa ottanta bambini, come Domenico Gabriele, Cocò e Domenico. Ci sono persone che si sono trovate casualmente in mezzo a un conflitto a fuoco. Ci sono tanti “giusti”. Persone dalla parte di chi cerca e aiuta a cercare verità. Persone libere e leali, che non si sono lasciate piegare dalle difficoltà. In Italia, in Europa e nel mondo, come testimoniano oggi i familiari di vittime dell’America Latina che sono qui con noi.
Le ricordiamo tutte perché lo spirito di giustizia e verità che ha animato la loro esistenza è ancora vivo. Lo sentiamo sorreggere le nostre speranze e accompagnare il nostro impegno. Chi perde la vita per la giustizia e la verità dona vita, è lui stesso Vita. Come tutte le vittime del terrorismo e del dovere, a cui va questa sera il nostro pensiero.

Vogliamo ricordare insieme anche le vittime del lavoro, perché un lavoro non tutelato, svolto senza le necessarie garanzie di sicurezza, è una violazione della dignità umana. E così pure le vittime degli affari sporchi delle mafie. Le persone colpite da tumori in territori avvelenati dai rifiuti tossici. Quelle che hanno perso la vita per l’uso delle droghe spacciate dai mercanti di morte. Le migliaia d’immigrati annegati nei mari o caduti nei deserti. Le donne e le ragazze vittime della tratta e della prostituzione.


Ma vittime sono anche i “morti vivi”. Quante persone “uccise” dentro! Quante persone a cui le mafie hanno tolto la dignità e la libertà, persone ricattate, impaurite, svuotate. Le mafie – la corruzione, l’illegalità – assassinano la speranza!

Sono queste speranze spezzate o soffocate che oggi vogliamo condividere.
In passato, e purtroppo accade ancora oggi, non sempre la Chiesa ha mostrato attenzione a un problema di così enormi risvolti umani e sociali. Silenzi, resistenze, sottovalutazioni, eccessi di prudenza, parole di circostanza. Ma per fortuna anche tanta luce, tanta positività. Dal grido profetico di Giovanni Paolo II dalla Valle dei Templi alle parole di Benedetto XVI rivolte ai giovani a Palermo: «Non cedete alle suggestioni della mafia, strada di morte». Ma non basta.

Come non ricordare Monsignor Raffaele Nogaro, oggi ammalato, a cui va un affettuoso saluto. E il compianto don Italo Calabrò, che ci ha aiutato a comprendere la ‘ndrangheta in tutti i suoi risvolti, richiamandoci a quell’impegno educativo fondamentale per estirparla.
È una Chiesa che “interferisce”, denunciando senza remore l’incompatibilità tra mafie e Vangelo. E che non dimentica che la denuncia seria, attenta, documentata è annuncio di salvezza. Anche a costo della vita.
Il 15 settembre 1993 viene ucciso a Palermo don Pino Puglisi, e pochi mesi dopo il 19 marzo del 1994 – due giorni fa è stato il ventennale – a Casal di Principe, don Peppe Diana, che invitava la sua gente a “salire” sui tetti per riannunciare Parole di vita.

Oggi qui aggiungiamo don Cesare Boschin. È stato ucciso a Borgo Montello, nel Comune di Latina, dove domani cammineremo insieme per la diciannovesima “Giornata della memoria e dell’impegno”, chiedendo verità sul suo omicidio.
C’è un bisogno di verità che scuote la vita di tante persone e che chiede risposte, chiede giustizia. È quello che chiede la grande maggioranza di voi famigliari. Alcuni nomi in particolare, voglio ricordare oggi: Attilio Manca, Antonino Agostino, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

Il problema delle mafie non è un problema solo criminale. Se così fosse, basterebbero le forze di polizia, basterebbe la magistratura. È un problema sociale e culturale. Un problema che chiama in causa responsabilità pubbliche – spesso degenerate in poteri privati – e responsabilità sociali accantonate in nome dell’individualismo.

Oggi è più che mai necessario uno scatto. Occorrono politiche sociali, posti di lavoro, investimenti sulla scuola. Occorre ridare alle persone speranza e dignità. Occorre che la politica torni a essere servizio del bene comune. E, nello specifico, occorre rafforzare la confisca e l’uso sociale dei beni delle mafie, chiave di volta per saldare il contrasto criminale con la rigenerazione sociale e culturale.

Occorre tutelare e incentivare i percorsi coraggiosi dei testimoni di giustizia, che antepongono la voce della coscienza ai rischi della denuncia. Occorre portare avanti con più determinazione, come hanno già fatto circa 500.000 cittadini, il progetto “Riparte il futuro”, per chiedere norme ancora più efficaci contro la corruzione e il voto di scambio. Occorre infine non lasciare soli i tanti “minacciati”. Parlo dei magistrati più esposti – faccio un nome per tutti, Nino Di Matteo – come degli amministratori onesti, dei giornalisti e dei tanti cittadini coraggiosi che si sono ribellati al racket, alle intimidazioni, alle minacce. Non lasciamoli soli!

Saveria Antiochia, mamma di Roberto, un agente di polizia ucciso dalla mafia, un giorno ci disse: «quando ti uccidono un figlio sparano anche su di te. A me avevano sparato quel giorno». Oggi dobbiamo dirci con forza insieme – per il figlio di Saveria e per tutte le altre vittime innocenti delle mafie – che è come se avessero sparato su di noi. Il 21 marzo, primo giorno di primavera, sia anche la primavera della Giustizia, della Speranza e del Perdono. Opponiamo al “grido” di dolore per le persone care che qui ricordiamo, la Parola della Vita.

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