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Afterhours, grande rock al Flowers Festival

Redazione Quotidiano Piemontese

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Continuano le grandi serate di musica al Flowers. Questa è stata la sera degli Afterhours, reduci dal grande successo del loro ultimo disco “Folfiri o folfox”, preceduto da un opening act di grande impatto, ovvero Sorge, sigla che raccoglie il nuovo progetto di musica elettronica di Emidio Clementi dei Massimo Volume, voce e pianoforte, coadiuvato da Marco Caldera, da tempo loro tecnico del suono, nonchè co-produttore artistico di “Aspettando i Barbari”.

L’idea è nata quando Emidio, recuperato un vecchio pianoforte verticale, ha deciso di prendere lezioni e provare a registrare semplici linee melodiche, con grande rispetto per uno strumento nuovo e difficile da esplorare. Il tutto passato nelle sapienti mani di Marco (Caldera) ha dato il via alle tracce del progettoSorge, nome che prende spunto dal personaggio Richard Sorge, spia russa impiccata dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale e considerata da molti storici e scrittori coma la migliore spia di tutti i tempi . Affascinato dalla forza di questo personaggio, capace di interpretare fino all’ultimo il detestabile ruolo della spia nazista, Emidio ha scelto di usarlo come spunto del progetto, i cui pezzi non parlano direttamente di lui, ma prendono in qualche modo spunto dalla sua complessa vicenda umana.

Sul palco un estratto da “La guerra di domani”, raccolta di brani che come dice l’autore stanno in quello spazio “tra ciò che si è e ciò che la vita ci conduce a essere”. In effetti “Noi facciamo ciò che siamo”, è questo sincopato brano e refrain, vero trait d’union della performance. Come d’abitudine i testi sono profondi e ispirati, propri di una grande penna come quella di Emidio, uniti ed esaltati da ritmiche minimali ma di grande impatto e amplificate dagli effetti elettronici, opera della sapiente mano di Marco Caldera.

Un inizio intenso, carico di pathos e di tensione che aspetta di essere liberata da un momento all’altro, perfetto per l’ingresso in scena degli Afterhours, forse la band di punta della nostra scena indie rock, ulteriormente rilanciata da un nuovo grande album, accolto favorevolmente anche dalla stampa non mainstream. Lavoro che raccoglie in qualche modo le memorie di vita e sofferenza di Manuel Agnelli e di suo padre, nel suo ultimo percorso di vita. Non c’è solo questo evento nel nuovo album della band milanese, ma anche il rinnovamento che trova compimento in un vero lavoro corale, con l’arrivo diStefano Pilia alle chitarre (prima con i Massimo Volume) e Fabio Rondanini alla batteria (prima con i Calibro 35), che si aggiungono, agli archi elettrici diRodrigo D’Erasmo, al basso potente di Roberto Dell’Era e alla intensa e stralunata chitarra elettrica di Xabier Iriondo, eclettico storico membro della band, da tempo riarruolato a pieno regime.Un’esibizione intensa, quiete e tempesta, cupa, ma liberatoria, in qualche modo catartica.

Ci sono grandi forze in gioco che sembrano bilanciarsi, c’è il male, che può segnare in qualche modo tutti noi, ma c’è anche la cura. Il grande fiore che campeggia alle sue spalle, Manuel avrà di modo di dire “E’ una pianta, qualcosa che ho salvato”, ci porta nel mondo di “Folfiri o Folfox”, il lavoro su cui si impernia questo live e tutto è evidente fin dal primo brano, “Grande”, che apre il concerto, con solo Manuel alla chitarra acustica e voce, da pelle d’oca, raggiunto dai suoi fidi compari, sull’inizio di “Ti cambia il sapore” che apre elettricamente il concerto.

Ora si fa sul serio “Il mio popolo si fa”, pezzo grezzo e distorto, lascia lo spazio a “Non voglio ritrovare il tuo nome”, il singolo di F-o-F, che in qualche modo, con le sue armoniche ampie e melodiche, sancisce il loro ritorno. A questo punto il concerto entra nel vivo, troppi i cavalli da battaglia da mischiare ancora a qualche momento di F-o-F, come l’ispiratissima “L’odore della giacca di mio padre”, un titolo che non richiede spiegazioni.E’ il momento degli inni degli Afterhours, “Varanasi baby”, “Padania”, “La Vedova bianca”, con il suo irresistibile ritornello “Vieni a fare un giro dentro di me o questo fuoco si consumerà da se”, fino alla devastante “Male di miele”, lo spartiacque di ogni loro concerto.
Oltre due ore di esibizione, una scelta di brani davvero azzeccata, dopo “Hai paura del buio?”, si pesca a piene mani da “Ballate per piccole iene”, con “La sottile linea bianca”, nenia esaltata dal falsetto di Manuel, la graffiante “Varanasy baby” per arrivare a “Sangue di giuda”, uno dei grandi capolavori della band milanese, con quel ritornello esplosivo e liberatorio “Solo sangue dentro me / C’è solo sangue / Solo sangue e non magia. / Solo sangue e non va via”. C’è ancora spazio per F-o-F con “Fra i non viventi vivremo noi” e “Se io fossi il giudice”, che più di tutti rappresentano la liberazione ed il superamento del dolore, il percorso finale dell’intero album.Piccola pausa ed il concerto entra nella sua intensa parte finale, quella in cui si canta, in cui ci sono i nostri ricordi,“Le verità che ricordavo”, una inattesa e melodica “Riprendere Berlino” con il suo ritornello irresistibile ed il giro di chitarra fragoroso che apre e chiude il brano fino a “Strategie”, uno dei loro brani storici, elettrico e intenso come non mai, con quel suo giro di chitarra che non vorresti finisse mai. Sembra la fine ma è solo l’inizio di un finale in crescendo, con “Pop” storico brano dal loro primo lavoro ufficiale “Pop kills your soul”, solo voce e chitarra, seguito da “Non è per sempre”, dove la band raggiunge Manuel per il gran finale, “Quello che non c’è” e l’esplosiva “Bye bye Bombay”, piccolo capolavoro da “Quello che non c’è”, album del 2002, rimasto come uno dei loro simboli per quel ritornello cantato sempre da tutto il pubblico.Una serata magnifica, una band ispirata, un’esibizione che lascia il segno per l’impatto emotivo, per la ricchezza dei suoni, dalle ritmiche, ai cori, basso e batteria presenti come non mai, dagli effetti degli archi, alle chitarre, allo spessore e al carisma della voce di Manuel. Insomma, il rock come percorso terapeutico, il rock come redenzione e per sconfiggere la paura, perché in fondo, “Io non tremo è solo un po’ di me che se ne va”.

La fotogallery per rivivere la serata, stasera, invece, al Flowers si cambia musica arriva Alborosie, lo storico leader dei Reggae National Tickets.

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