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Sfratti a Torino: lanciata un’assemblea pubblica verso la mobilitazione del 18 marzo

Redazione Quotidiano Piemontese

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Il comitato Prendocasa Torino e i centri sociali hanno deciso di indire un’assemblea pubblica il 25 febbraio alla Cavallerizza reale per discutere dell’emergenza abitativa e prepararsi alla giornata di mobilitazione il 18 marzo contro quello che il Comitato definisce “Sistema Torino”, ovvero “insieme di poteri forti costituito da banche, fondazioni, grandi imprese, speculatori e palazzinari”.

Secondo il comitato, in cui sono presenti anche il centro sociale Askatasuna e il C.S.A. Murazzi, è necessario scendere in piazza per protestare contro i privilegi che verrebbero concessi ai palazzinari dall’amministrazione, infatti invitano il M5S a schierarsi in maniera chiara, visto che uno dei cavalli di battaglia della campagna elettorale era stata proprio l’emergenza abitativa.

La decisione di lanciare una giornata di mobilitazione ha probabilmente a che fare con quanto successo il 3 gennaio, quando era arrivata la notizia del fermo per due militanti e l’obbligo di firma per altri cinque attivisti del comitato Prendo Casa Torino, la loro colpa era stata quella di resistere insiema a Said allo sfratto della sua famiglia residente in Corso Regina Margherita. Per i due reclusi nel carcere delle Vallette erano stati chiesti i domiciliari ma la procura aveva respinto la richiesta.

I militanti erano riusciti a sabotare lo sfratto, impedendo anche con lanci di oggetti alla ditta incaricata di effettuare lo sfratto di entrare nell’appartamento. Si trattava di uno degli innumerevoli appartamenti di cui è proprietario Giorgio Molino, il ras delle soffitte, che era stato coinvolto in un’indagine per turbativa d’asta a proposito della sistemazione dei rom sgomberati da Lungo Stura Lazio in residenze non abitabili e di sua proprietà.

L’ingiunzione di sfratto che aveva colpito la famiglia di Said è la stessa che ha colpito Aldo, un altro residente in un appartamento di Molino che due giorni fa è stato nuovamente difeso dai militanti dalla procedura stabilita dall’articolo 610 che permette all’ufficiale giudiziario di presentarsi senza preavviso per eseguire lo sfratto.

 

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