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Economia

Rapporto Giorgio Rota 2019: il declino di Torino non è stato superato, Il futuro è rinviato

Redazione Quotidiano Piemontese

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Il declino di Torino non è stato superato. Lo dice anche con un titolo provocatorio ‘Il futuro è rinviato’, la ventesima edizione del Rapporto Giorgio Rota, curato dal Centro Einaudi. Il rapporto è stato presentato alla Nuvola Lavazza in un dibattito che ha coinvolto la sindaca Chiara Appendino, il vicepresidente di Lavazza, Marco Lavazza, il numero uno della Compagnia di San Paolo, Francesco Profumo, l’ad di Banca del Piemonte Camillo Venesio e Virginia Antonini di Reale Group.
Secondo i ricercatori Torino è andata avanti, ma troppo lentamente: è migliorata in due terzi degli indicatori, a partire da terziario, mobilità, turismo e università, ma ha perso terreno su innovazione brevetti, export, manodopera qualificata e sostenibilità . Troppi piani urbanistici, per la mobilità, ambientali, ma poco coordinati e senza monitoraggio dei risultati.

I Principali risultati del XX Rapporto ‘Giorgio Rota’ su Torino

Trasformazioni urbane
– Una ventina di anni fa si stava avviando la fase di attuazione del Piano regolatore del 1995, soggetto
negli anni a oltre 300 varianti (più e meno significative)
– Il PRG (insieme ai cantieri per passante e metrò, a quelli per le olimpiadi) ha nel complesso prodotto
un decennio eccezionale di attività edilizia, esauritosi attorno al 2005, ben prima della crisi economica globale
– Negli anni successivi l’Assessorato all’Urbanistica ha elaborato programmi per reindirizzare/rilanciare
le trasformazioni urbane, tuttavia nessuno di questi tentativi ha portato a una vera e propria revisione
del PRG, né ha generato particolari risultati
– Due grandi aree incompiute sono quella di corso Marche (che nella visione del PRG avrebbe dovuto
diventare la spina dorsale dell’area ovest, potenziando le infrastrutture, collegando le Vallette a Mirafiori e costruendo nuovi quartieri) e quella della cosiddetta Variante 200 (grande trasformazione
dell’area nord di Torino, lungo l’asse dell’ex trincerone ferroviario), più volte al centro del dibattito
nell’ultimo decennio, ma oggi scomparsa dalle priorità e dalle intenzioni di trasformazione della città.
– Altri interventi diffusi sul territorio – specie in periferia – sono stati, dalla fine degli anni 90 a oggi, i
tanti progetti di riqualificazione (dalle sigle molto varie) di edifici, aree verdi, spazi pubblici e per rafforzare il tessuto socioeconomico locale. Ultimo di questo filone è AxTO Azioni per le periferie torinesi,
avviato nel 2017
– Un altro progetto significativo avviato una ventina di anni fa è Torino Città d’Acque, per valorizzare le
sponde fluviali torinesi, rendendole percorribili a piedi e in bicicletta: quando è stato avviato il progetto le sponde erano percorribili al 30%, oggi all’80%. Resta il problema delle acque dei fiumi, rimaste di qualità bio-ecologica scadente.
– Più in generale, a Torino la superficie a verde urbano nell’ultimo ventennio è cresciuta di quasi il
50%, in gran parte grazie a una ventina di nuovi parchi e giardini allestiti al posto di aree industriali
dismesse.

Economia

– Nell’ultimo ventennio, nell’area torinese sono aumentate le piccole imprese con meno di 10 addetti,
ma il calo di quelle grandi (-12%) ha nel complesso prodotto una diminuzione del numero dei lavoratori addetti, al contrario di quanto accaduto nella maggior parte delle metropoli italiane
– A Torino, il saldo tra imprese che aprono e che chiudono, in particolare dal 2010 in poi, risulta decisamente peggiore rispetto alla media italiana
– Anche quanto a ricchezza prodotta dal sistema economico locale (valore aggiunto), l’area torinese è
declinata: nel 2000 era 5a tra le metropoli del Centronord, è scivolata al 7° e penultimo posto, precedendo la sola Venezia
– L’export rimane un tradizionale punto di forza del sistema economico torinese (al 2° posto dopo Milano), ma anche in questo caso rispetto a vent’anni fa l’aumento dell’export registrato a Torino è il più
basso tra le metropoli del Centronord
– In termini occupazionali, rispetto all’inizio del secolo, il settore industriale è il più ridimensionato
(con quasi un terzo di addetti in meno), in forte calo – più della media – sono anche i settori dei trasporti e delle costruzioni
– Viceversa, è cresciuto (anche se meno della media delle città metropolitane) il settore alberghiero e
ristorativo, specie le presenze turistiche; ma si partiva da un livello molto basso, tuttora Torino è solo
11a tra le città metropolitane per indice di turisticità
– A Torino si aggrava il problema della carenza di risorse umane qualificate: la quota di giovani è tra le
più basse d’Europa, e si tratta pure di giovani poco qualificati: per quota di laureati tra i 25-30enni,

Infrastrutture e mobilità

– Il Piano Torino Internazionale, nel 2000, individuava come sua prima linea strategica «Integrare
l’area metropolitana nel sistema internazionale, favorendo l’accesso a Torino»
– I treni ad alta velocità in questi due decenni hanno ridisegnato la geografia, la TAV in Italia è diventata una sorta di nuova “spina dorsale” dello sviluppo nazionale. In questo quadro, Torino resta però ai
margini per intensità di collegamenti
– Per la TAV verso la Francia, invece, si tratta di un’odissea ben nota: le prime ipotesi progettuali risalgono a circa 30 anni fa; attorno al 2000 si prevedeva di attivare la linea entro il 2015; tra contrapposizioni ideologiche, rifacimenti del progetto, ritardi ecc. ora si spera di attivare la linea entro il 2030
– L’aeroporto di Caselle ha aumentato in vent’anni da 25 a 56 le città con cui è collegato e i passeggeri
del +45% (ma si tratta di uno dei più bassi incrementi registrati negli aeroporti italiani). Il masterplan
del 2002 aveva previsto di raggiungere i 5 milioni di passeggeri nel 2010, obiettivo progressivamente
rinviato (secondo le previsioni più recenti di Sagat, al 2026)

– Quanto alla mobilità locale, negli ultimi vent’anni è stata realizzata la linea 1 del metrò (in attesa
dell’avvio dei cantieri della linea 2, forse tra 3 anni), è stato avviato il servizio ferroviario metropolitano (8 linee, 365 treni giornalieri, +48% di passeggeri negli ultimi 5 anni), sono cresciuti i passeggeri di bus e tram e i ciclisti urbani. Tuttavia, Torino – così come quasi tutte le metropoli italiane – è lontano dalle migliori città europee per uso di mezzi pubblici e biciclette
– Reti telematiche: Torino da anni è in posizione intermedia per dotazione tra le metropoli italiane
(Milano è al vertice); e in un quadro di un’Italia che – a dispetto dei tanti piani varati negli anni scorsi –
ha perso terreno nella dotazione di reti a banda larga, scendendo dal 2010 a oggi dal 24° al 28° e ultimo posto tra le nazioni europee.

Innovazione

– Nell’ultimo ventennio a Torino si registra un grande attivismo, con piani e progetti per l’innovazione
che hanno portato alla creazione di 7 Parchi tecnologici, 12 Poli tecnologici, 4 Piattaforme innovazione,
2 Incubatori di startup; di recente si è aggiunta OGR-Tech, nuova struttura dedicata al supporto e alla
crescita di startup
– Nell’ambito del piano Impresa 4.0, inoltre, le Camere di Commercio hanno costituito i PID Punti impresa digitale, strutture informative per la diffusione digitale nelle piccole-medie imprese e per indirizzarle verso servizi più specifici, quali i Digital innovation hub o il Competence center a Mirafiori
– Quest’ultimo coinvolge atenei e 24 grandi aziende e si sta insediando a Mirafiori, negli ex padiglioni
dismessi dalla Fiat, spazi gestiti dalla società TNE, in un’area che si candida a un futuro di “cittadella”
dell’innovazione manifatturiera
– Nel complesso, da tempo il sistema piemontese eccelle per investimenti in ricerca: rispetto a
vent’anni fa ha superato anche il Lazio e precede oggi tutte le regioni metropolitane italiane, con un
eccezionale rilievo della ricerca finanziata da imprese private (pari all’80% degli investimenti)
– Per quanto riguarda la registrazione di brevetti, Torino è al terzo posto in Italia, dopo Bologna e Milano
Brevetti ogni 10.000 abitanti, nelle città metropolitane
– Dal 2016 nell’agenda della Città c’è un’importante strategia per l’innovazione digitale, che ha portato alla sperimentazione a Torino di auto a guida autonoma, diversi progetti con i droni, il progetto di
cablare la città con le reti 5G
– Un altro progetto chiave per l’innovazione è il Parco della salute, dove sono previsti oltre 660 milioni di euro di investimenti, con una forte integrazione tra attività di ricerca pubblica e privata. Dopo
quasi venti anni di dibattito (del progetto si parla dal 2002) e 10 spostamenti di location, il percorso
per un nuovo ospedale di eccellenza è finalmente oggi avviato verso la fase attuativa (tra una decina
d’anni dovrebbe essere inaugurato).

In conclusione

– Com’è cambiata la città rispetto a due decenni or sono? In meglio, certamente. Se si considera
l’andamento di una cinquantina di (vari) indicatori di “efficienza urbana”, il segno positivo prevale in
circa due terzi dei casi
– In particolare, a Torino è molto cresciuta la capacità attrattiva di visitatori dei musei, turisti e studenti
universitari, diversi parametri ambientali ed economici sono migliorati
– Considerando l’andamento di Torino nel ventennio (rispetto alla media) e la sua attuale posizione tra
le metropoli italiane, i principali punti di forza che emergono sono soprattutto gli atenei, diversi
aspetti del sistema culturale cittadino, ma anche alcuni parametri ambientali. È interessante – in alto a
destra in tabella – l’area degli indicatori in cui Torino è tuttora ben posizionata ma negli anni ha perso
terreno: innovazione (brevetti, export, manodopera qualificata) e sostenibilità (verde, differenziata,
ciclabilità)
– Il Rapporto Rota analizza quest’anno decine di piani e progetti per lo sviluppo della città. Dal 2000 a
oggi sono stati varati nell’area torinese numerosi piani a valenza strategica (con “pacchetti” di progetti/azioni da attuare in orizzonti temporali medio lunghi), uno è in fase di approvazione da parte del
Comune
– A questi si sono affiancati tanti piani tematici (spesso con forti connessioni intersettoriali), urbanistici, per la mobilità, ambientali e altri ancora. Oltre, naturalmente, a piani varati da Regione e Provincia /
Città metropolitana e che riguardano almeno in parte l’area torinese
– La produzione di ogni piano, quasi sempre, ha coinvolto molti attori locali (per contributi, pareri,
analisi, ecc.), ha richiesto risorse umane e finanziarie per attivare processi di costruzione partecipata
di «visioni» future, ha suscitato spesso forti attese sociali
– L’impressione è che una certa inflazione di processi e strumenti del genere, con frequenti casi di sovrapposizione e scarso coordinamento tra piani (“doppioni”, anziché sinergie), stia producendo stanchezza e disaffezione. Il caso del terzo Piano strategico è forse il più evidente: abbandonato praticamente all’indomani della sua approvazione benché fosse l’esito non di idee «di parte» ma di un processo elaborativo che aveva coinvolto una fetta significativa della cosiddetta «società civile»
– Forse, nel complesso, sono stati lanciati molti più piani e progetti di quelli che il sistema locale fosse
in grado di realizzare, specie tenendo conto della crescente carenza di risorse pubbliche
– Permane, inoltre, un vizio «storico» (non solo torinese, ma nazionale): la scarsa attitudine al monitoraggio in fase realizzativa, che non permette di ragionare su successi/insuccessi e, quindi,
sull’efficacia di piani e progetti
– Inoltre, almeno tre quarti di questi piani guardano al solo capoluogo, il che risulta anacronistico in
un’epoca in cui sono le aree metropolitane a competere/collaborare sulla scena internazionale, non più
i singoli comuni.

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