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Emergenza Coronavirus, niente più lavaggi delle salme del rito musulmano: proteste dalla comunità

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Al centro del contendere sono i lavaggi di due donne, morte a casa per motivi non legati all’emergenza coronavirus, ma che non avendo certificazione di negatività non possono essere lavate come prevede il rito musulmano. I morti in ospedale possono essere lavati normalmente se non sono risultati positivi, invece le morti in casa non danno nessuna certezza di negatività da qui il divieto.

Aladin Niam, dell’impresa funebre Albakii aveva telefonato in anticipo all’obitorio del cimitero Parco di Torino e gli era stato detto di venire, ma poi il giorno seguente, sentito il Ministero le cose erano cambiate. A Niam è stato concesso solo di avvolgere in teli la donna che doveva essere rimpatriata, senza il rituale di lavaggio. “Per gli islamici è un rito molto importante e non poterlo effettuare senza un valido motivo è un peccato considerato grave per la nostra religione” – spiega Faouzi Haj Sassi, imam della moschea di via Sesia.

“Le indicazioni ministeriali – chiarisce Roberto Testi, responsabile del dipartimento di Prevenzione della Asl di Torino – prevedono tutte le persone di cui non si ha la certificazione della negatività al momento della morte, come coloro che muoiono in casa anche per altre patologie, non possano essere manipolate perché anche dai cadaveri si può trasmettere il virus. Chi è in ospedale, invece, ha per forza un tampone o positivo o negativo. Questo prescinde dalla religione. A giugno evidentemente l’emergenza pandemica era assai più contenuta e quindi era possibile permettere alcuni trattamenti che adesso invece, con il moltiplicarsi dei contagi che si sta verificando, non si possono più autorizzare”.

Foto Google Streetview

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