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Cronaca

Accusato di stupro a Torino, l’imputato scagionato dall’esame del Dna

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La vicenda iniziò il primo dicembre 2020 quando una donna cercò rifugio nella fabbrica abbandonata ex Gondrand, in via Cigna a Torino. Quella notte fu stuprata da “un uomo di colore” che la vittima identificò con certezza da 8 fotografie mostrate dagli agenti. L’uomo identificato è incensurato, privo di segnalazioni di polizia e sta in Italia con un permesso di soggiorno per asilo.

L’indagato fu fermato al rientro in Italia all’aeroporto dopo una breve permanenza all’estero. L’uomo, difeso dall’avvocato Alessandro Praticò si presentò agli inquirenti per chiarire la propria posizione anche in merito al viaggio che non fu fatto per fuggire anche perché prenotato un mese prima della notte dello stupro.

Il gip Lucia Minutella con la formula dell’incidente probatorio su richiesta della difesa ha fatto eseguire il test del Dna comparando con le tracce organiche trovate addosso alla vittima. L’esito negativo ha scagionato l’accusato, quindi alla procura non è restato altro che archiviare il caso, con l’opposizione da parte della donna.

“Senza l’accertamento scientifico – dichiara il difensore Praticò – l’esito poteva essere molto diverso. Il riconoscimento, se fosse stato ripetuto anche in sede di ricognizione formale, avrebbe costituito una prova molto significativa, la cui valutazione può variare da giudice a giudice, da processo a processo. Ma a fronte del dato oggettivo le certezze soggettive hanno perso valore. E il nostro assistito ha potuto riprendere a guadagnarsi da vivere come bracciante nelle campagne piemontesi”.

 

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