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Armando Boretto ricorda Lucy Salani antifascista e pacifista

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“Giovedì 23 marzo nella notte è venuta a mancare a Bologna la fossanese Lucy Salani.
Lucy viene ricordata come la più anziana trans italiana sopravvissuta al campo di concentramento di Dachau. Sulla sua vita è stato scritto un libro e girato il documentario “c’è un soffio di vita soltanto” .
Lucy nata a Fossano nel 1924, in una famiglia antifascista di origine emiliana, alla nascita Luciano Salani, si trasferì quando aveva ancora pochi anni a Bologna.
Trascorse la giovinezza a Bologna sotto il fascismo, in un’epoca in cui l’omosessualità veniva percepita come un crimine sociale e gli omossessuali venivano incarcerati e puniti con ogni genere di angheria. Percepita anche dalla famiglia, come un “ragazzo differente”, ne fu rifiutata.

In questi giorni ricordando la figura di Lucy, sia le autorità che i giornalisti, hanno dato ampio risalto dell’attivismo lgbtqia+ fondamentale per la comunità bolognese ed italiana.
Vorrei invece ricordare, in queste righe, la Lucy antifascista e pacifista, precorritrice del pensiero divergente della nonviolenza attiva, animata da una ferrea determinazione di rifiuto della guerra che proprio per questa sua ferma opposizione, rischio la vita, fu arrestata, incarcerata, processata e condannata a morte.

Lucy rifiutò sia il fascismo che la guerra. Chiamata alle armi nel 1943, si dichiarò omosessuale. Mandata comunque a Cormons in artiglieria, disertò, dandosi alla clandestinità. Temendo il pericolo la propria famiglia, abbandonò la clandestinità e venne arrestata dai tedeschi. Inviata con l’esercito nazista a Suviana riuscì nuovamente a disertare, buttandosi nell’acqua gelida, e poi scappando dall’ospedale in cui era stata ricoverata per la polmonite.

Visse per qualche mese clandestina a Bologna, lavorando nei locali. Nel corso di una irruzione fu fermata ed arrestata dalla milizia fascista, rinchiusa a Padova, fuggi, per esser catturata poco dopo a Mirandola. Portata a Verona fu processata e condannata a morte. La pena capitale fu commutata in lavori forzati e fu inviata in un campo di lavoro a Bernau, nella Germania meridionale, da cui riuscì a fuggire. Arrivata in treno fino al confine tra l’Austria e l’Italia, venne catturata e deportata nel campo di concentramento di Dachau. Resistesse agli stenti per sei mesi, fino alla liberazione da parte delle truppe americane nell’aprile del 1945, quando nel giorno stesso dell’arrivo degli americani venne fucilata dai tedeschi. I soldati americani la ritrovarono ferita tra i cadaveri.

La lotta pacifista solitaria della nostra concittadina, Lucy Salani, contro la guerra mette a nudo che la prima vittima della guerra è proprio la verità, e per restituire la verità alla grandezza della persona di Lucy, dobbiamo dire che gli atti da lei compiuti non furono viltà o mancanza di coraggio, ma di pacifismo combattente che richiese molto più coraggio perché compiuti in una epoca dov’era impossibile non schierarsi. Ebbene proprio in quell’epoca storica così folle Lucy scelse di schierarsi dalla parte più scomoda della storia, quella che certamente non avrebbe vinto per molti anni ancora, la pace, ed i nostri giorni ne sono testimonianza”.

Armando Boretto, coordinatore comitato Italia Viva di Fossano .

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