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Cultura

L’arcolaio delle fiabe, intervista con Paolo Battistel

Un saggio che approfondisce la figura della donna nelle fiabe classiche

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Torino – Le fiabe, è noto, raccontano molto della nostra cultura e della storia dei paesi in cui sono nate. Paolo Battistel, torinese, docente universitario ed esperto di fiabe e mitologia precristiana, ha pubblicato per Oligo Editore un saggio estremamente interessante che risponde al titolo di L’arcolaio delle fiabe.

L’autore ci accompagna in un viaggio attraverso alcune delle più note fiabe europee analizando a fondo le figure femminili che le animano. Da La bella addormentata nel bosco passando per Il principe ranocchio ed addentrandosi nelle vicende dei Sette corvi, della signora Holle e di Baba-Jaga, Battistel ci porta nei meandri di in un mondo che spesso conosciamo solo superficialmente.

Qui invece scopriamo come cambiano le varie versioni delle fiabe a seconda di come evolve la società, capiamo da dove derivano i personaggi di Rosaspina, di Gretel, di Biancaneve, come sono cambiati, cosa rappresentano e cosa rappresentano le loro storie. Si parla di bambine che diventano donne, di vecchie megere, di madri che la censura trasforma in matrigne in un viaggio davvero approfondito ed interessnate.

Paolo Battistel, perchè un saggio dedicato alla figura della donna nella fiaba?

Percorrendo l’antico sentiero della fiaba ci troviamo spesso a scorgere il ruolo fondante delle donne. In primo luogo, come raccoglitrici e narratrici, sono state spesso, potremo dire, i “mezzi” con cui queste storie sono sopravvissute e si sono propagate attraverso i secoli, ma la loro importanza è destinata a crescere se le osserviamo attraverso il tessuto delle fiabe poiché ci rendiamo presto conto che sono proprio loro le protagoniste indiscusse di alcune delle fiabe più note. Con la veste di oscure divinità della foresta come la signora Trude, o con quella candida di vergini innocenti come Vasilissa la bella e Rosaspina, ci hanno incantato e terrorizzato, plasmando l’immaginario con cui siamo cresciuti tutti noi.

Cosa troviamo al centro di questo libro?

Al centro di questo testo troviamo la fiaba, cioè una narrazione ancestrale che ha origine quando ha origine l’uomo stesso. L’uomo arcaico sedeva nella notte in un mondo ostile e a tratti incomprensibile e, l’unico modo per renderlo meno “oscuro”, era raccontare storie – che in origine nascono come storie sacre – che potessero rendere “familiari” elementi come la vita, la morte, il Sole, La luna, le belve feroci e tutto il mondo caotico che li circondava. Parliamo come ho detto di storie sacre narrate da un cantore/sciamano che le narrava in speciali serate in modo che tutta la comunità le potesse ascoltare. Proprio quelle storie ancestrali sono state il collante della comunità e in speciali serate potevano essere riascoltate (sempre uguali e sempre diverse come tutto ciò che viene tramandato oralmente) diventando le radici di quelle antiche popolazioni. Quelle storie sono mutate nello scorrere dei secoli ma l’uomo non ha mai smesso di narrarle, perché sono parte di lui.

La gran parte delle fiabe esistono in varie versioni. Come cambiano man mano che si modifica la società?

Prima dell’avvento dei fratelli Grimm la fiaba, come prodotto letterario, aveva già incontrato il successo nelle corti italiane rinascimentali e barocche (con Straparola e Basile) quindi in seguito nelle corti francesi con autori come Madame de Beaumont, Madame d’Aulnoy o il più noto Perrault. In questi autori, la fiaba era però fortemente rielaborata per venire incontro ai gusti del pubblico dell’epoca, censurando le parti troppo cruente o sacrileghe e inserendo una posticcia moralità e ambientazioni di corte piene di sale da ballo e gioielli luccicanti. L’avvento dei Grimm modifica questo paradigma letterario, Jacob e Wilhelm Grimm non sono interessati come i loro predecessori ad accarezzare le orecchie del pubblico ma a ridare al mondo la forma autentica delle fiabe generando un nuovo modo di offrirle al pubblico, non quindi un’attualizzazione sociale ma un procedimento ideale che avrebbe dovuto riportare nel loro tempo la forma autentica di questi racconti sacri. Questi due paradigmi: il rispetto da una parte e la necessità della rielaborazione saranno i due poli con cui verrà affrontata la fiaba anche nella modernità.

Tra i vari aspetti che analizzi, sempre in maniera approfondita, mi ha colpito la frequente evoluzione della madre in matrigna. Ci spieghi perchè è avvenuto?

In verità non si tratta di una vera evoluzione ma di un’autentica censura posta in essere in epoca borghese. La società Ottocentesca figlia delle categorie morali illuministiche non poteva tollerare una madre malvagia che agisse in odio verso la figlia o i figli. Nasce quindi la famosa matrigna di Biancaneve, affamata degli organi vitali della figlia o la perfida matrigna di Hänsel e Gretel che spinge il padre (facilmente influenzabile) ad abbandonare per ben due volte i figli nel bosco. La madre oscura delle fiabe svanisce nelle oscure memorie dell’uomo e la società mette sul muro dell’odio la figura della matrigna che, se non per rari casi, non ha alcun effettivo radicamento storico.

Altro aspetto centrale è l’evoluzione da bambina a donna delle protagoniste. Ci introduci anche questo tema?

La fiaba si sviluppa intorno a un viaggio iniziatico di una protagonista (o di un protagonista) che deve compiere alcune prove per raggiungere la sua finalità specifica (sia essa salvarsi la vita o salvare una o più persone care). Il superamento delle prove (spesso dolorose o cruente) si compie su postulati arcaici e pre-razionali che si conservano in modo più o meno autentico soltanto nel mito e nella fiaba. Il raggiungimento della finalità tanto agognata (quando non è previsto un finale tragico) porta a uno step iniziatico che trasforma la bimba o la vergine insicura in donna nel pieno possesso delle sue caratteristiche, in grado di decidere da sola sul suo specific destino.

E poi ci sono “le cattive”, che spesso si fondono con il mito. Dalla strega di Hansel e Gretel a Baba-Jaga. Come rientrano questi personaggi nel mondo delle fiabe?

Il “cattivo”, tanto caro all’immaginario collettivo, risulta spesso essere il cuore pulsante delle fiabe. È spesso il guardiano dell’Altromondo o la madre/sorella della protagonista (o il padre/fratello del protagonista) che nella trama narrativa risulta essere in antitesi per una specifica finalità terrena. Il cattivo agisce spesso in modo oscuro e crudele ma ciò che dovremmo fare quando leggiamo una fiaba è non tanto mettere sul muro dell’odio l’ipotetico cattivo della storia (arrivando al punto di censurare le sue azioni nella storia) ma cercare di comprendere le “radici” più profonde del suo agire. Spesso viaggiando attraverso le radici nascoste di queste storie scopriremo con puro stupore che l’oscura strega non è così malvagia ma agisce in base a un codice e un pensiero ormai
dimenticato.

Se dovessi indicare una sola fiaba o una particolare figura che più di altre ti affascina quale sarebbe?

È una risposta che rivelo al lettore nell’Introduzione del mio libro precedente La vera origine delle fiabe (uscito nel 2018) per spiegare quale richiamo forte e incontenibile sia stato per me il mondo delle fiabe e del mito. La fiaba che più di ogni altra è stata per me, come il canto delle sirene per Odisseo o la bionda valchiria addormentata per Sigfrido, è senza dubbio Hänsel e Gretel. Quel racconto, letto nella mia infanzia, mi aveva catturato e terrorizzato con la stessa intensità di una malia di un’incantatrice. Dopo averlo letto nulla è più stato lo stesso.

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