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Quando si faceva la coda per le cabine telefoniche

A Torino è cominciata la dismissione degli ultimi esemplari

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Torino – Le ultime cabine telefoniche a Torino saranno dismesse ad ottobre. Gli avvisi blu sono comparsi praticamente ovunque in città a segnare la definitva scomparsa dei parallelepipedi rossi e trasparenti. Le cabine rimaste sono inutilizzate da anni e quasi tutte sono state danneggiate dai vandali e mai più riparate. La dismissione definitiva era inevitabile ed anche un po’ auspicabile.

Certo gli avvisi blu comparsi in questi giorni hanno scatenato nei torinesi delle ondate di ricordi e un po’ di nostalgia.

Chi ha qualche anno in più ricorda facilmete le cabine a marchio Sip, che avevano in cima il tondo giallo con la rotella telefonica, un simbolo che i ragazzi di oggi faticherebbero ad associare ad un telefono. Per poter telefonare bisognava inserire il gettone telefonico, con il marchio dell’azienda e le scanalature alternate. Quando ero ragazzo ogni gettone corrispondeva a 200 lire.

Poi arrivò la Telecom e le cabine divennero rosse. I gettoni vennero sostituiti dalle monete e se dovevi telefonare alla fidanzata era necessario mettere da parte per giorni una bella scorta di monetine da far tintinnare una dopo l’altra. Si cominciava con i pezzi grossi, poi via via i più piccoli per evitare di sprecare soldi.
Da ragazzi si faceva il giro delle cabine del quartiere per vedere se qualcuno avesse dimenticato il resto nel cassettino.

Alle monete si sostituirono le tessere. L’innovazione risolse il problema delle tasche piene di metallo (ma c’era anche chi si presentava con un sacchetto pieno di monete) ed introdusse anche la mania del collezionismo. Le schede telefoniche (ricordo quelle da 5000 e da 10000 lire) cominciarono a promuovere eventi, iniziative e prodotti e diventarono oggetti da collezione con valori diversi a seconda della tiratura. Ricordo amici con scatole di scarpe piene di schede telefoniche. All’epoca divennero famose e ricercate come le figurine Panini.
Il giro delle cabine per recuperare le monete dimenticate si trasformò. Cominciammo a raccogliere da terra le tessere buttate, ad inserirle nell’apposita fessura per vedere se ci fossero residui di denaro. L’operazione era più complessa ma spesso capitava che fosse decisamente più redditizia.

Poi arrivarono i primi telefoni cellulari e le cabine telefoniche cominciarono a guardarci con un’espressione desolata in cui era facile leggere: perchè mi hai lasciato qui da sola?

Dimenticate, abbandonate, vandalizzate, sempre meno pulite, cominciarono ad intrisirsi, ad arrugginirsi e ad ingobbirsi. Persero i prima le cornette dei telefoni, poi l’intero telefono.

Alcune più fortunate sono diventate piccole biblioteche, a Torino ce n’è una – più fortunata di tutte – che è rinata come Cabina dell’arte diffusa. Le altre sono invecchiate da sole ed ora scompariranno per sempre.

A noi vecchi utenti telefonici rimarrà solo il ricordo di telefonate velocissime per finire il concetto prima che finissero i soldi, di lunghe code quando eravamo in vacanza al mare per telefonare a casa la sera (il che portava via buona parte della serata di divertimento), di scuse inventate per uscire di casa ed andare per strada a telefonare alla fidanzata.

E a proposito di fidanzata, chiudo con un’immagine che molti di voi ricorderanno facilmente. Siamo sul lungo mare di una piccola cittadina italiana, nell’unica cabina presente un ragazzo sta parlando ormai da dieci minuti (un tempo eterno per una cabina telefonica) con i genitori a casa. Voi siete lì in coda e scambiate sguardi di disapprovazione con i vostri compagni di attesa con cui nel frattempo avete fatto amicizia e preso appuntamento per vedervi il mattino dopo in spiaggia. Il ragazzo telefonante posa finalmente la cornetta ma non esce. Infila nuovamente la scheda telefonica, compone un altro numero e sul volto dei presenti in coda comincia a disegnarsi l’orrore e la disperazione in attesa della frase fatidica che immancabilmente arriva: “Ciao, amore!”
Sipario.

 

 

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