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Cultura

Fra le rocce, intervista con Giorgio Enrico Bena

Una raccolta di racconti ispirati alle fotografie di montagna di Gino Balzola

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TorinoGino Balzola fu artista noto per le sue opere pittoriche e per il suo amore per la montagna. Alpinista, fu accademico del CAI. Entrò a far parte giovanissimo delle Brigate Partigiane Garibaldi, sulle sue montagne. Ma GIno Balzola, a partire dal dopoguerra, fu anche apprezzato fotografo e raccontò la montagna con una serie di scatti notevoli. Fotografie che ritraggono luoghi e momenti delle montagne soprattutto del Piemonte. Vette, neve, baite, alberi e animali. Luoghi immensi e silenziosi, raramente abitati.

Con Fra le rocce, Storie e immagini di montagna, Neos Edizioni omaggia il Balzola fotografo. Una serie di racconti che prendono spunto dalle sue fotografie e raccontano ovviamente la montagna. Gli autori che hanno partecipato a questa antologia hanno dato vita a racconti variegati. Qualcuno ha raccontato l’immagine scelta, altri hanno raccontato come quella specifica immagine è nata. Altri ancora hanno lasciato viaggiare la fantasia ed allora sono nati racconti di persone, di Resistenza, di magia, di grandi silenzi. Un miscuglio ben dosato di storie capaci di tenere alta l’attenzione di chi legge.

E poi naturalmente ci sono le fotografie di Gino Balzola. Maestose, eleganti, silenziose. Resituiscono ambienti e situazioni, ci parlano da sole della montagna. Giorgio Enrico Bena, che ha curato l’antologia, ha risposto alle nostre domande.

Partiamo dal principio: chi era Gino Balzola?

Luigi Balzola, detto Gino (1927-1983) è stato alpinista, accademico del CAI, compagno di cordate e amico di Massimo Mila. Giovanissimo partigiano partecipa alla Liberazione di Torino. Negli anni 50 inizia la sua attività fotografica e artistica realizzando cicli di opere dedicate alla natura e cultura alpina (l’immagine di copertina del volume è un particolare di un olio su tela dal titolo Case di Gravere) al gioco dei bambini in spazi urbani cementificati e disumanizzati. Ha organizzato e realizzato grandi dipinti murali nelle aree urbane periferiche. Dopo la sua scomparsa sono state realizzate mostre antologiche e pubblicati volumi sulle sue opere.

Come è nata questa antologia?

L’antologia nasce da un’idea del figlio Andrea dopo l’incontro del tutto casuale con l’editrice di NEOS Edizioni, Silvia Maria Ramasso. I relativi padri hanno condiviso una grande amicizia quindi è scaturita la decisione di realizzare il volume nel quarantennale della scomparsa di Gino Balzola.

Come avete scelto le fotografie e gli autori da coinvolgere?

Le autrici e gli autori in parte hanno rapporti di amicizia e professionali con Andrea Balzola, (uno in particolare ha conosciuto personalmente Gino) e altri sono stati scelti nell’ambito NEOS tra coloro che collaborano con racconti alle antologie “Pagine in viaggio” di cui mi occupo della curatela. Le fotografie provengono dall’archivio di Gino Balzola e sono state scelte personalmente da Andrea tra quelle reputate più suggestive.

Quali indicazioni avete dato agli autori?

A ciascun autore sono state inviate un certo numero di fotografie, è stato chiesto di scegliere un’immagine e da questa ispirarsi per scrivere il testo.

Cos’era la montagna per Gino Balzola?

Prendo in prestito la risposta del figlio Andrea: “La montagna per mio padre era molte cose: la sfida con sé stessi, raggiungere un punto di vista più alto e più ampio, vivere in contatto fisico con la natura, ispirarsi per le sue visioni artistiche, fotografia e pittura”

Cos’è la montagna per Giorgio Enrico Bena?

L’incontro con il più antico dei regni del nostro pianeta, il contatto con minerali formati da alcune centinaia di milioni di anni, l’emozione di ammirare la grandiosità della natura, la stessa che provo durante i miei viaggi quando cammino in una foresta o navigo tra gli iceberg.

Quali sono le emozioni che ti suscitano le fotografie di Gino Balzola?

L’emozione più intensa scaturisce dall’osservare i luoghi in cui sono state scattate, cime o pareti da vertigine, e ammirare l’abilità del fotografo nel rendere partecipe, o meglio, protagonista l’osservatore.

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