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Cronaca

Ernesto Ferrero si è spento all’età di 85 anni: la sua esistenza dedicata ai libri

Elena Prato

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TorinoErnesto Ferrero, scrittore, critico letterario ed intellettuale torinese, si è spento all’età di 85 anni. Una vita, la sua, spesa nel nome dei libri: una figura ai vertici delle più grandi case editrici d’Italia, quali Einaudi, Garzanti e Mondadori, a lungo collaboratore per La Stampa e, dal 1998 al 2016, spalla destra del presidente Ronaldo Picchioni nella cura e organizzazione del Salone del Libro.

 

Insignito nella sua carriera di importanti premi e onorificenze, tra cui quella di commendatore all’Ordine del merito della Repubblica italiana, onorificenza conferitagli dal Presidente Napolitano nel 2012, Ernesto Ferrero esordì nel mondo letterario nel 1963, quando fu impiegato come responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice Einaudi, della quale divenne poi, negli anni a venire, direttore letterario e direttore editoriale. Fa parte del comitato direttivo del Premio Strega ed è stato inoltre presidente onorario del Centro Internazionale di studi Primo Levi di Torino e presidente delle giurie dei premi letterari Gregor von Rezzori di Firenze, Elba Brignetti, Giuseppe Berto, ed Emanuele Casalini.

 

Tra le sue più celebri opere di narrativa, tutte pubblicate da Einaudi, ricordiamo i romanzi N (2000), L’anno dell’Indiano (2001), La misteriosa storia del papiro di Artemidoro (2006), Disegnare il vento. L’ultimo viaggio del capitano Salgari (2011), Storia di Quirina, di una talpa e di un orto di montagna (2014).

Ferrero si è anche cimentato nella letteratura per l’infanzia, dando vita a L’ottavo nano (1972), Il giovane Napoleone (2006) e Il Piccolo Principe raccontato da Ernesto Ferrero (2021).

Come traduttore, infine, ha lavorato alle versioni del Viaggio al termine della notte e di Casse-pipe di Louis-Ferdinand Céline, Bouvard e Pécuchet di Gustave Flaubert e Il condottiero di Georges Perec.

 

Nel 2018, gli è stato conferito il Premio Speciale alla carriera dalla giuria del Premio Giuseppe Dessì, che ha voluto ricordarne «il valore dell’intelligenza, della competenza, della creatività, della calvinista “leggerezza” che ha guidato la sua vita, […] l’eleganza e l’acutezza, l’ironia e l’urbana gentilezza che hanno sempre contraddistinto il suo tratto e la sua scrittura, sì da farne un modello di civiltà e di cultura che ci piace additare ad esempio».

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