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La storia di P., detenuto di Asti iscritto all’università che ha aspettato 2 anni prima di essere trasferito e poter seguire le lezioni

Ben oltre i 60 giorni entro cui la legge raccomanda all’Amministrazione Penitenziaria di rispondere. Ecco la vicenda riportata nell’ultimo report di Antigone

Sandro Marotta

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TORINO – Due anni: questo il tempo che ha dovuto aspettare P., un detenuto del carcere di Asti, per essere trasferito in un luogo in cui poter seguire le lezioni all’università. Dall’invio della richiesta nel 2020 all’accettazione dello spostamento nel 2022 c’è stato un ritardo significativo: l’Amministrazione Penitenziaria, secondo l’art. 42, ultimo comma L. 354/1975, ha la raccomandazione di provvedere entro 60 giorni (2 mesi).

La storia

La vicenda di P. è riportata nel rapporto 2023 dell’Associazione Antigone. Detenuto nella Casa Circondariale di Torino, l’uomo si iscrive al corso di Scienze Politiche dell’Università di Padova e nel 2020, pochi anni dopo l’iscrizione, fa richiesta di essere trasferito in Veneto “in quanto ad Asti non c’era alcuna possibilità di frequentare le lezioni e sostenere gli esami universitari, con evidente pregiudizio per lo studente che, in ogni caso, pagava regolarmente le tasse di iscrizione”.

Riguardo alla possibilità delle lezioni a distanza, all’epoca gli atenei le garantivano per tutti, ma rimaneva il problema degli esami e, in ogni caso, la prospettiva era di tornare in presenza prima possibile. P. compila la prima istanza di trasferimento e la invia alla direzione del carcere di Asti. Nessuna risposta.

A ottobre 2021 (1 anno dopo) P. invia un sollecito al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, a cui non segue risposta.

La risposta dopo 2 anni

Nel 2022 “il sig. P. tornava a contattarci (contattare Antigone ndr), chiedendo di predisporre un modello di reclamo ai sensi dell’art. 35 – bis O.P. al fine di lamentare al Magistrato di Sorveglianza il mancato rispetto del suo diritto all’istruzione”. Ed è solo allora, a 2 anni dall’invio della richiesta, che la richiesta del detenuto viene accolta, ma solo in parte. L’Amministrazione del carcere lo trasferisce non a Padova, ma a Saluzzo, dove nel frattempo era stato inaugurato il Polo Universitario.

“il diritto allo studio è strumento della rieducazione previsto dalla norma vigente”

Nel suo rapporto, Antigone ricorda che la detenzione in luoghi vicini alla residenza sia fondamentale per il detenuto; si parla infatti di “diritto all’affettività” e “alla territorialità della pena“. Questo vale anche per i luoghi di formazione, in cui chi è stato condannato per aver commesso dei crimini può avviare un percorso di reinserimento sociale.

“La storia di P. in particolare – commenta l’associazione nel report 2023 – mette in luce un aspetto poco considerato: il diritto allo studio intramurario non è solo uno degli elementi del trattamento rieducativo come previsto dalla normativa vigente, ma costituisce un valido strumento di reinserimento e proprio per questo, tra coloro che si ritrovano a dover scontare una pena detentiva, vi è chi decide di investire sulla propria istruzione, conscio del fatto che questo può rappresentare un’alternativa rispetto allo stile di vita precedente“.

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