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Ribellione Animale imbratta la Prefettura di Torino con il letame: basta zootecnia

L’azione di Ribellione Animale si inserisce nel contesto della campagna nazionale “Futuro Vegetale”

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TORINO – Nella mattina del 30 aprile, dopo aver subito pochi giorni prima una violentissima aggressione da parte dei lavoratori del circo Royal di Paolo Orfei, altre 4 attiviste di Ribellione Animale, movimento antispecista di disobbedienza civile, hanno compiuto una nuova azione diretta nonviolenta con del letame, usandolo per imbrattare il palazzo della prefettura di Torino. Le attiviste hanno poi aperto uno striscione recante la loro richiesta: “Stop sussidi pubblici agli allevamenti”.

Mentre i sette signori del G7 si blindano nella reggia di Venaria, scortati e blindati da ingentissimi reparti di forze militari e di polizia (come prevenire altrimenti qualsiasi espressione di dissenso se non militarizzando per chilometri dal luogo di incontro?) per parlare di Clima, Ambiente ed Energia, non si può non notare subito il grande assente nei discorsi retorici delle autorità: l’industria zootecnica. Troppo scomoda per essere citata? Restano infatti ancora ignorate le soggettività animali che resistono ogni giorno alla violenza e all’assurdità di un sistema specista che oltre a essere crudele, riesce a mantenersi solo grazie a ingenti finanziamenti pubblici, derivanti dalle tasche delle persone contribuenti, che pagano quindi per l’industria responsabile della morte loro (è indubbio il contributo altissimo di emissioni climalteranti che questa industria produce assieme al suo smisurato spreco di risorse) e di miliardi di altri animali ogni anno.

In una Torino militarizzata per ospitare l’ennesimo incontro dove alcuni dei capi di stato più potenti del mondo compiono performance di vuota retorica e greenwashing per la tutela del “business as usual”, i propri interessi economici, l’intento dell’azione delle attiviste è quello di mettere in luce lo sterminio animale operato dal reparto zootecnico, il dannoso impatto ambientale causato dagli allevamenti intensivi e dall’industria ittica, da sempre le grandi assenti nei summit sul clima, assieme allo spreco di suolo e risorse indispensabili al mantenimento degli ecosistemi che ci garantiscono la sopravvivenza sul pianeta.

Più di 70 miliardi di animali di terra ogni anno vengono nutriti e uccisi con risorse che potrebbero soddisfare per tre volte la domanda alimentare umana. La filiera zootecnica italiana è impattante a tal punto che la Pianura Padana si classifica ogni anno da decenni come la zona più inquinata di tutta Europa. Proprio in quest’ultimo anno, Torino è risultata più volte una delle città europee con la peggior qualità dell’aria.

L’inefficienza di questo modello alimentare privilegia il profitto di poche industrie a discapito non solo della vita degli animali, ma anche degli esseri umani. Chiamare “sostenibile” l’industria dell’allevamento è un paradosso se si vuole veramente attuare una politica di sicurezza alimentare e climatica in Italia e nel mondo poiché annualmente circa 800 milioni di persone soffrono la fame. L’Unione Europea ogni anno finanzia il settore zootecnico versando circa 30 miliardi di euro tramite i fondi pubblici della PAC (Politica Agricola Comune) incentivando attività devastanti per gli ecosistemi.

L’azione di Ribellione Animale si inserisce nel contesto della campagna nazionale “Futuro Vegetale”, iniziata il 31 marzo 2023 con delle azioni coordinate all’interno di alcune catene della Grande Distribuzione Organizzata. Le attiviste chiedono al Governo Italiano una transizione del sistema alimentare attuale verso uno a base vegetale, l’immediato stop dei finanziamenti pubblici a favore degli allevamenti intensivi ed estensivi, e l’incentivo verso la riconversione vegetale delle aziende delle allevamento e della carne.

“La zootecnia rappresenta la più grande minaccia alla biodiversità in Italia e sul Pianeta” racconta Geo, attivista di Ribellione Animale “eppure questo settore continua a ricevere miliardi di euro in sussidi pubblici, soldi provenienti dalle tasse dei cittadini. Io mi rifiuto di essere complice di questo sistema di produzione, mi rifiuto di stare a guardare mentre gli ecosistemi vengono devastati e la crisi climatica si abbatte sempre più violentemente sui nostri territori. Non posso credere, non voglio accettare che questo governo stia finanziando la nostra morte e quella degli ecosistemi che ci permettono di vivere.” E si tratta di un tema trattato scarsamente: “La luce dei riflettori mediatici è concentrata sulla questione energetica, ma le emissioni del sistema alimentare attuale sono sufficienti, da sole, a spingerci nel baratro del collasso climatico. È ora di agire.”

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