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Rimasco celebra i 100 anni della diga che ha cambiato il volto della Val Sermenza
Rimasco celebra i 100 anni della diga che ha trasformato la Val Sermenza: energia idroelettrica per 5mila famiglie, turismo slow e memoria di un passato industriale e alberghiero oggi scomparso.

RIMASCO – Un secolo di storia, di energia e di paesaggio: a Rimasco, frazione montana di Alto Sermenza in Valsesia, i cento anni della diga non sono solo un anniversario tecnico, ma il simbolo di una profonda trasformazione territoriale. Settantina di abitanti fissi, un borgo raccolto e una grande opera idraulica che ha inciso la sua impronta nella roccia e nella memoria collettiva.
Costruita tra il 1923 e il 1925 da duecento operai — in gran parte provenienti dalla Lombardia — la diga sbarra un orrido profondo oltre cento metri, generando un bacino artificiale capace di contenere circa 500mila metri cubi d’acqua. Alta 15 metri, la diga alimenta ancora oggi la centrale idroelettrica di Fervento, che produce energia sufficiente per soddisfare il fabbisogno di circa 5.000 famiglie.
In un Piemonte che da solo fornisce il 15% dell’energia idroelettrica nazionale, la piccola diga di Rimasco rappresenta un tassello importante in un sistema virtuoso in cui fonti rinnovabili coprono ormai il 40% del mix energetico italiano.
Ma la storia della diga è anche storia di un territorio che ha visto passare fortune e declini. A cavallo tra Ottocento e Novecento, la Val Sermenza era viva di industrie tessili, lavorazione del marmo artificiale e turisti internazionali attratti dalle vette alpine. Gli hotel liberty disseminati da Varallo fino a Rima raccontano oggi una stagione finita, che ha lasciato il posto allo spopolamento: lungo i 20 chilometri che uniscono Rossa, Carcoforo e gli altri borghi della valle, oggi vivono stabilmente solo poche centinaia di persone.
Negli anni Settanta si contavano sette alberghi attivi. Oggi la sfida è ripartire, puntando su due risorse: energia e turismo slow. Il lago di Rimasco offre possibilità per pesca sportiva, rafting, trekking e attività outdoor. Un turismo di nicchia, che guarda alla sostenibilità e al recupero della memoria, nella speranza di ridare slancio a un’area che ha ancora molto da raccontare.
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