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Il sistema economico piemontese sta scricchiolando in modo sempre più evidente

Redazione Quotidiano Piemontese

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Unioncamere Piemonte e Confindustria Piemonte hanno diffuso insieme i risultati delle indagini congiunturali, con l’obiettivo di monitorare l’andamento della congiuntura in Piemonte.  Il quadro che emerge dalle due indagini riflette il clima di preoccupazione in cui operano le imprese piemontesi a causa della perdurante fase recessiva iniziata a fine 2011. I risultati negativi registrati dall’indagine di Unioncamere Piemonte trovano solo una modesta attenuazione nella ripresa dell’export e nel miglioramento delle aspettative rispetto ad alcuni indicatori rilevati dall’indagine di Confindustria Piemonte. La crisi viene avvertita maggiormente dalle imprese piccole che non esportano, anche a causa dell’andamento asfittico della domanda interna. Le maggiori preoccupazioni derivano dallo stallo degli investimenti, dovuto anche al peggioramento della situazione finanziaria delle imprese.

“Il sistema economico piemontese sta scricchiolando in modo sempre più evidente. E quest’ultimo trimestre ne è l’ennesima prova. In questo clima congiunturale negativo, in cui gli ordinativi interni continuano a diminuire, non possiamo che sperare che la ripresa arrivi da una domanda internazionale più efficace e da politiche di riforma del nostro Paese – ha commentato Ferruccio Dardanello, Presidente Unioncamere Piemonte -. Tra gli imprenditori, infatti, è diffusa l’attesa di un’azione più incisiva di questo Governo per il rilancio di una vera politica industriale e dello sviluppo. Una politica che sia coerente sui territori e che, soprattutto, dia il senso della direzione che si vuole dare al Paese. Nel nuovo scenario, ne siamo consapevoli, le responsabilità delle Camere di commercio sono destinate a crescere. La nostra missione principale resta quella di contribuire a creare un contesto più favorevole alle attività economiche. Un obiettivo, questo, che dobbiamo raggiungere insieme al sistema bancario e delle Fondazioni, nostro partner strategico in questa fase di riforme”.

Commentando i risultati delle due indagini, la Presidente di Confindustria Piemonte Mariella Enoc esprime “la preoccupazione degli imprenditori nei confronti di una crisi che non sembra avere termine e che colpisce in misura crescente le imprese più piccole e troppo legate al mercato interno, sempre più asfittico. Soprattutto per queste imprese, che rappresentano una quota rilevante del tessuto industriale piemontese, è sempre più urgente avviare una politica di sviluppo e di sostegno alla domanda interna sia per i consumi che per gli investimenti.

Nel I trimestre 2012 si è acuita la crisi del tessuto manifatturiero piemontese. Facendo seguito alla flessione dello 0,4% registrata nell’ultimo trimestre del 2011, nel periodo gennaio-marzo 2012 la produzione industriale ha registrato, infatti, una variazione tendenziale grezza del -3,6%. La flessione della produzione industriale si associa ai risultati per lo più negativi realizzati dagli altri indicatori. Gli ordinativi interni diminuiscono del 5,4% rispetto al periodo gennaio-marzo 2011, mentre quelli esteri concretizzano un aumento del 5,5% rispetto allo stesso periodo. Cala il fatturato totale: le imprese manifatturiere piemontesi registrano, mediamente, una diminuzione tendenziale del fatturato pari al 3,7%. Meno intensa appare, invece, la variazione tendenziale realizzata dal fatturato estero (-0,7%).

Sono questi alcuni dei risultati emersi dalla 162ª “Indagine congiunturale sull’industria manifatturiera” realizzata da Unioncamere Piemonte in collaborazione con gli Uffici studi delle Camere di commercio provinciali. La rilevazione è stata condotta nei mesi di aprile e maggio 2012 con riferimento ai dati del periodo gennaio-marzo e ha coinvolto 1.216 imprese industriali piemontesi.

Si evidenzia come, per via delle modifiche metodologiche introdotte a partire dal I trimestre 2011, i risultati successivi all’ultimo trimestre del 2010 non siano statisticamente confrontabili con quelli delle precedenti rilevazioni.

Il panorama settoriale appare costellato di segni negativi, anche se sono presenti alcune eccezioni. A conferma della buona perfomance realizzata sul finire del 2011, le industrie meccaniche registrano, infatti, un aumento tendenziale della produzione industriale pari al 2,3%. Il livello dell’output prodotto dalle industrie dei mezzi di trasporto appare stabile rispetto al I trimestre del 2011 (+0,1%). Negativo, ma migliore rispetto alla media regionale, è il risultato concretizzato dalle industrie alimentari (-2,5%).

Peggiori rispetto al dato piemontese, invece, quelli registrati dagli altri settori di attività: industrie dei metalli (-5,3%), industrie elettriche ed elettroniche (-5,6%) e industrie chimiche e delle materie plastiche (-5,7%). La contrazione dell’output prodotto è particolarmente consistente per le industrie tessili e dell’abbigliamento (-6,5%).

Il segno negativo accomuna tutti territori, anche se con intensità differenti. Il livello dell’output prodotto appare stabile rispetto al I trimestre del 2011 per la provincia di Asti (-0,1%); inferiori alla media regionale anche le flessioni registrate a Cuneo ed Alessandria (rispettivamente -0,7% e -1,1%). Vanno peggio le paltre province: Torino e il Verbano Cusio Ossola scontano invece una contrazione prossima ai 4 punti percentuale, il comparto manifatturiero della provincia di Novara realizza una diminuzione tendenziale della produzione industriale pari al -5,8%, e Biella e Vercelli registrano variazioni del -6,8%.

Le aspettative delle imprese piemontesi per il II trimestre 2012 segnalano una situazione congiunturale ancora negativa, pur in presenza di un’attenuazione del pessimismo su alcuni indicatori, non tale tuttavia da generare un’inversione di tendenza.

Le previsioni su produzione e ordini totali fanno registrate un saldo ancora negativo (rispettivamente -7,4% e -8,2%); i valori degli indicatori risultano comunque migliori di circa 7 punti percentuale rispetto a quelli rilevati all’inizio dell’anno.

Gli effetti della crisi sono avvertiti in misura maggiore dalle imprese più piccole. Nel corso degli ultimi due anni il divario tra il valore dei saldi relativi alle aspettative sulla produzione industriale si è attestato intorno ai 10 punti percentuale; per i prossimi tre mesi è salito sopra ai 15 punti percentuale.

Qualche segnale di ottimismo proviene ancora una volta dall’andamento delle aspettative sugli ordini export, il cui saldo migliora di circa 6 punti percentuale, da -2,3% a +3,6%. Dall’indagine emergono performance molto diverse tra le aziende che esportano quote significative di fatturato e quelle che lavorano principalmente sul mercato interno. Negli ultimi due anni il divario fra le aspettative sull’andamento della produzione industriale tra le due tipologie di aziende si è costantemente ampliato fino a raggiungere 20-30 punti percentuale. Per i prossimi tre mesi il divario sui saldi si aggira attorno ai 30 punti (+10 contro -18).

È interessante rilevare come nel periodo antecedente la crisi il divario fra le performance delle due tipologie di aziende fosse praticamente nullo o molto contenuto. Ciò si spiega con la buona tenuta della domanda interna, che si è poi rapidamente deteriorata nel corso degli ultimi anni.

Nel periodo 2007–2012 la spesa per i consumi delle famiglie è scesa dell’1%, quella per investimenti in macchinari e attrezzature dell’8%.

Se si escludono i leggeri miglioramenti dei saldi relativi a produzione, ordinativi ed export, il quadro che si delinea per i prossimi mesi rimane nel complesso ancora preoccupante, come dimostrano i valori degli altri indicatori presi in esame dall’indagine.

Il tasso di utilizzo della capacità produttiva rimane attestato intorno al 71%, 4 punti al di sotto del livello tipico delle fasi normali di crescita.

Le decisioni d’investimento delle imprese non decollano: solo un’azienda su cinque ha in programma investimenti di qualche rilievo e solo un terzo circa prevede di sostituire gli impianti obsoleti. Tra i fattori che influiscono negativamente sulle decisioni di investimento assumono un peso crescente la situazione della liquidità (6 aziende su 10 dichiarano ritardi negli incassi) e le crescenti difficoltà di reperire credito a costi competitivi presso il sistema bancario.

Le prospettive peggiorano anche sul versante occupazionale. Il 28% delle imprese non esclude di dover far ricorso alla CIG nei prossimi mesi (era il 26% tre mesi fa); il saldo ottimisti-pessimisti sulle tendenze occupazionali peggiora di un punto, passando da -8,3 a -9,3 punti percentuale.

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