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Cultura

Fratelli d’Italia: la seconda giovinezza dell’inno nato a Torino

Redazione Quotidiano Piemontese

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Per anni è stato guardato con freddezza, quando non apertamente denigrato. “Fratelli d’Italia? Quella marcetta per banda bofonchiata dai calciatori della nazionale”: commenti di questo tenore erano frequenti. Poi un giorno arrivò Benigni e tutto cambiò. Certo, la performance sanremese del comico, con relativa esegesi dell’inno nazionale, ci ha dato una bella scrollata. Da qualche settimana, quando cantiamo la prima strofa di Fratelli d’Italia, lo facciamo con una consapevolezza nuova: perfino l’elmo di Scipio ha smesso di essere un mistero cabalistico e ci è un po’ più familiare. Ma bisogna dire, a onor del vero, che qualcosa del genere a Torino si era già visto.

Forse pochi se ne ricordano, perché bisogna tornare indietro di ben cinque anni. Era la sera del 10 febbraio 2006. Durante la cerimonia d’apertura delle olimpiadi invernali una bimba avvolta nel tricolore intonò Fratelli d’Italia in una versione appositamente arrangiata e fece venire gli occhi lucidi a tutti: una lacrima di commozione si vide anche sul viso dell’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, fautore della riabilitazione dell’inno. Nei giorni successivi a quell’evento, sui treni della neoinaugurata metropolitana (che allora arrivava solo fino a Porta Susa) capitava di incontrare gruppi di ragazzi che si dicevano: “Bella ‘sta canzone: domani me la scarico”, nemmeno parlassero dell’ultimo singolo di Britney Spears. Che fosse un richiamo della storia? In effetti il nostro inno nazionale ha un forte legame con Torino, fin dalla sua nascita: in pieno fervore risorgimentale, proprio nel capoluogo subalpino, il Canto degli italiani (così si intitolava il testo del giovane patriota Goffredo Mameli) venne messo in musica dal compositore Michele Novaro, maestro del coro al teatro Regio. Sappiamo perfino il luogo preciso nel quale Novaro lavorò all’opera. In via XX Settembre 68/B una lapide ci informa che “In questa casa […], una sera sul 10 di novembre 1847, il maestro Michele Novaro divinava le note al fatidico inno di Mameli”. La prima esecuzione pubblica avvenne in via Rossini 8, nella sede dell’Accademia Filarmonica: “Qui risuonò per la prima volta l’inno profetico di Goffredo Mameli”, altra targa celebrativa.

A distanza di oltre un secolo e mezzo, in questa prima settimana di festeggiamenti, a Torino l’inno si è sentito più e più volte. Durante la notte tricolore è stato eseguito in piazza san Carlo dalla fanfara della Brigata Alpina Taurinense e poche ore dopo, finiti i fuochi d’artificio, in piazza Vittorio gremita di persone. In entrambe le occasioni colpiva la compostezza e la partecipazione della gente (sono stati perfino distribuiti fogli col testo integrale, per permettere a tutti di cantare tutte le strofe). Quasi contemporaneamente Fratelli d’Italia risuonava al Regio, inaugurando la prima dei Vespri Siciliani. Con l’arrivo del Presidente Napolitano abbiamo perso il conto: le esecuzioni sono state tante, a cominciare da quella di un gruppo di ragazzi in tenuta garibaldina (camicia rossa di rigore), durante la visita alle Ogr. Per non parlare delle iniziative spontanee ed estemporanee. Lunedì sera lo hanno intonato anche i manifestanti delle proteste anti Berlusconi (fatto finora inedito), mentre a pochi metri di distanza, nel salone del Conservatorio, una piccola folla plaudente lo cantava insieme al Coro dell’Accademia Stefano Tempia. Insomma, dopo un lungo oblio Fratelli d’Italia vive nella sua città natale una nuova giovinezza, torna a incontrare il favore della gente e sembra avviarsi a diventare inno nazional(popolare). Ci manca solo che, in una notte di movida ai Murazzi, qualche dj un po’ spregiudicato abbia l’idea di remixarlo in versione disco. E forse già qualcuno si sta dicendo: “Esageroma-nen”. Italiani sì, ma anche (e pur sempre) Piemontesi.

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