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Piemonte

Aspettando Beckett l’assurdo si fa doppio

Davide Mazzocco

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Ugo Pagliai ed Eros Pagni, nei ruoli di Estragone e Vladimiro, sono sul palcoscenico del Teatro Carignano dal 3 al 15 maggio per Aspettando Godot di Samuel Beckett. Due mostri sacri in una delle pièce che hanno scritto la storia del teatro (novecentesco). La retorica direbbe che “valgono da soli il presso del biglietto” ma non renderebbe merito al resto del cast: Gianluca Gobbi nel ruolo di Pozzo, Roberto Serpi in quello di Lucky e Alice Arcuri in quello del ragazzo. Prodotto dal Teatro Stabile di Genova – che ha scelto di lavorare sulla versione italiana di Carlo Fruttero – lo spettacolo diretto da Marco Sciaccaluga vanta un cast tecnico di altissimo livello: le scene sono di Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl, i costumi di Catherine Rankl, le musiche di Andrea Nicolini e le luci di Sandro Sussi.

A Parigi, nel 1953, Samuel Beckett è il primo tra gli autori del teatro dell’assurdo a raggiungere la notorietà internazionale con Aspettando Godot, tragicommedia in due atti composta tra il 1948 ed il 1949 e andata in onda in una versione breve per la radio nel 1952. Come nelle Serve di Jean Genet, in questo testo domina il tema della servitù, non condizione sociale imposta e miserevole, ma presupposto ambiguo, vischioso, nel quale le vittime si compiacciono, pur fantasticando possibili vie d’uscita, e nella quale vogliono restare fino a una morte che, come paradossale condanna, sembra non arrivare mai. In una lettera l’autore scrive così a proposito dell’opera: «non so chi sia Godot. Non so neanche, soprattutto, se Godot esiste. E non so se ci credono o meno, i due che lo aspettano. L’entrata in scena degli altri due verso la fine di ognuno degli atti è forse dovuta al bisogno di rompere la monotonia. Tutto quello che ho potuto sapere l’ho mostrato. Non è molto. Ma mi è sufficiente, e di gran lunga. Direi che mi sarei anche accontentato di meno. Quanto a voler trovare a tutto questo un senso più ampio e più elevato, da portarsi via dopo lo spettacolo, con il programma e il gelato, sono incapace di trovarci l’interesse».

Una sera, in una strada di campagna Vladimiro ed Estragone, relitti umani, aspettano vicino a un albero l’arrivo di Godot, facendosi incessantemente domande a cui non possono rispondere. L’attesa è rotta dall’arrivo del canagliesco Pozzo, che tiene legato con una cinghia Lucky, costretto a trascinare valigie piene di sabbia. Sono personaggi la cui drammaticità si compone di grottesco, comico, assurdo, vuoto, parole, silenzi, attesa e testarda ostinazione. Condannati a parlare, negano quel che hanno appena detto, si contraddicono per il puro gusto di non affermare nulla. Dopo il successo di Re Lear, andato in scena nella stagione 2009/2010 del Teatro Stabile di Torino, Marco Sciaccaluga ha trovato le ragioni per affrontare uno dei classici del Novecento: «Quando lavorando sulla grande scena tra il pazzo Lear e il cieco Gloucester, non solo ho constatato con Jan Kott quanto di Beckett ci fosse in Shakespeare, ma mi è cresciuta progressivamente la curiosità e la voglia di vedere anche quanto Shakespeare ci fosse in Beckett, se lo si affronta senza pregiudizi: come si fa con un classico».

Ma l’assurdo è incircoscrivibile per definizione, eccolo raddoppiarsi al Teatro Gobetti con Atto senza parole e altri testi, sempre da Beckett, sempre nella traduzione di Carlo Fruttero (con Franco Lucentini e Camillo Penati). Tommaso Bianco, Benedetto Casillo, Gigi De Luca e Franco Javarone, quattro grandi interpreti della scuola partenopea, interpretano sei testi del drammaturgo inglese diretti da Pierpaolo Sepe. In sei atti unici che attraversano un trentennio di attività drammaturgica, i personaggi dibattono comicamente sulle possibilità insite nel suicidio, raggiungono la consapevolezza di un altrove che annienta ogni volontà, accettano impassibili l’essere accomunati da un medesimo e invisibile destino che li spinge verso l’utopia o fanno i conti col fallimento di una vita. Sono, quelli di Beckett, “personaggi senza speranza e senza redenzione – scrive il regista – provati della retorica del dolore, armati di cattiveria e di rancore, colti nell’attimo che precede la risposta, ancora nell’atto di inseguire una possibilità dignitosa di sopravvivenza, un ordine, un senso misterioso”.

Aspettando Godot. Biglietto: 29 euro. Recite dal 3 al 15 maggio con i seguenti orari: martedì, mercoledì, venerdì e sabato, ore 20,45; giovedì, ore 19,30; domenica, ore 15,30; lunedì, riposo. Atto senza parole e altri testi. Biglietto: 22 euro. Recite dal 3 all’8 maggio con i seguenti orari: martedì, mercoledì, venerdì e sabato 20:45, giovedì 19:30, domenica 15:30.

Per info e prenotazioni: www.teatrostabiletorino.it

 

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