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Torino paralizzata dal Giro e dalle penne nere. E la maglia rosa copre quella tricolore

Davide Mazzocco

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Una città in festa. Strade invase dalla folla che tracima nelle vie del centro dove anche i semplici spostamenti pedonali sono un’impresa titanica. Una giornata memorabile quella in cui inizia il Giro d’Italia dei 150 anni. L’impressione è che siano gli alpini a “tirare la volata” al ciclismo e non viceversa. Nell’ultimo chilometro le penne nere sono in netta maggioranza e la partenza della Corsa rosa risulta quasi una glossa a margine del raduno degli alpini. Il patron del Giro Angelo Zomegnan è soddisfatto ma viene da chiedersi quanta gente avrebbe affollato il finale di gara senza l’adunata degli alpini. D’altronde è stato lo stesso Zomegnan a cancellare la Milano-Torino dal calendario dopo 130 anni di storia, proprio per carenza di pubblico all’arrivo. A Torino si è sempre fatta una gran fatica a riempire gli stadi tanto che questi vengono ridotti e miniaturizzati per poterli riempire. E il ciclismo, vessato dal crollo di credibilità e di investimenti delle ultime stagioni, soffre parecchio per il calo d’interesse degli appassionati.

La cronosquadre va  alla Htc-Columbia che vola a 55,186 km/h di media precedendo di 10” il Team Radioshack e di 22” la Liquigas-Cannondale. Lo squadrone statunitense si mette d’accordo e sul rettilineo finale di piazza Vittorio Veneto fa passare in testa Marco Pinotti che, avendo vinto l’ultimo campionato italiano a  cronometro, veste la maglia tricolore. E così il Giro dei 150 anni comincia con il rosa vestito sul verde, bianco e rosso. Proprio com’era capitato ieri con l’accensione della Mole Antonelliana, la corsa che ha dato il suo non trascurabile contributo all’unificazione nazionale si unisce al tema dominante che sta caratterizzando questa primavera di festeggiamenti torinesi.

Nel confronto fra i favoriti della corsa è Vincenzo Nibali con la sua Liquigas ad avere la meglio: Alberto Contador lascia per strada 8” che sono un nonnulla in un Giro nel quale nella terza settimana i distacchi si conteranno in minuti. Poi, due secondi più in là, c’è Scarponi con la sua Lampre. I veri sconfitti della giornata sono i leader della Geox-Tmc Denis Menchov e Carlos Sastre: 31” che in sé non sono allarmanti ma che suonano come un campanello d’allarme della debolezza di un team che, non partecipando al Tour de France, ha impostato tutta la stagione sulla Corsa rosa.

Marco Pinotti è raggiante: “Stamattina i direttori sportivi Rolf Aldag e Valerio Piva avevano deciso che sarei passato per primo sotto il traguardo e devo confessare che alla partenza sentivo questa pressione. Cavendish aveva forato nella ricognizione e Rabon ha bucato quando mancavano tre chilometri al traguardo, non è stato facile. Per me questo è un sogno: la prima volta che ho vestito la maglia rosa al Giro del 2007 era stata una gioia inattesa. Stavolta la squadra ha preparato la cronosquadre metro per metro e la media oraria la dice lunga su quanto questa sia stata una vittoria collettiva”.

Domani si partirà da Alba per raggiungere Parma dopo 244 chilometri. Molto probabilmente Pinotti verrà scalzato dal compagno Cavendish: “E andrà benissimo così – ha aggiunto il corridore della Htc-Columbia -, io sono già in debito con il team, non è la prima volta che mi fanno passare per primo in una cronosquadre ma è la prima volta che ci va così bene”.

Ordine d’arrivo Prima tappa Venaria Reale-Torino, 19 km (cronometro a squadre)

1. HTC-Highroad in 20’59” alla media di 55,186 km/h

2. Team RadioShack a 10”

3. Liquigas-Cannondale   a 22”

4. Omega Pharma-Lotto

5. Team Garmin-Cervelo a 24”

6. Lampre-ISD

7. Rabobank Cycling Team a 26”

8. Saxo Bank Sungard a 30”

9. Sky Procycling   a 37”

10. Vacansoleil-DCM Pro Cycling Team

 

Classifica generale

  1. Marco Pinotti (Htc-Columbia) in 20’59”
  2. Lars Ytting Bak (idem)
  3. Kanstantin Sivtsov (idem)
  4. Mark Cavendish (idem)
  5. Craig Lewis (idem)
  6. Robert McEwen (Team Radioshack) a 10”
  7. Tiago Machado (idem)
  8. Fumiyuki Beppu (idem)
  9. Bjorn Selander (idem)
  10. Robert Hunter (idem)

 

 

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