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Ambiente

A Cinemambiente vincono il buon cinema e i referendum

Davide Mazzocco

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Non è casuale che la quattordicesima edizione di Cinemambiente si sia chiusa, ieri sera, con l’anteprima italiana di Tambien la lluvia di Icíar Bollaín. Non è un caso perché nel bel film della regista spagnola si parla della battaglia che la cittadinanza di Cochabamba, dieci anni fa, sostenne e vinse contro le multinazionali dell’acqua dopo la privatizzazione del servizio idrico. Quella del popolo boliviano fu la prima battaglia di una guerra che si combatte ogni giorno, in tutti i continenti, e che domenica e lunedì prossimi vivrà l’atto cruciale del suo capitolo italiano. Al di là del film di chiusura, buona parte dei premiati e dei premianti hanno utilizzato il palco di Cinemamabiente per sostenere le ragioni del voto: il voto tout court per raggiungere il quorum, il sì per mantenere in mano pubblica l’acqua e per dire no a nucleare e legittimo impedimento. Fra una premiazione e l’altra sul palco è salita anche una rappresentanza del Comitato Acqua Pubblica Torino che mercoledì porterà in Comune Anne Le Strat, l’artefice della ripubblicizzazione del servizio idrico parigino.

Il premio del Concorso internazionale documentari – la cui giuria era presieduta da Michael Cimino che con l’immancabile cappello da cowboy ha scherzato sul Bunga Bunga – è andato a There once was an island della regista neozelandese Briar March che per quattro anni ha seguito le vicende degli abitanti dell’isola polinesiana di Takuu, costretti a emigrare a causa dell’innalzamento delle acque conseguente ai cambiamenti climatici. Il premio della Consulta provinciale degli studenti di Torino e la menzione speciale Green Cross Italia sono andati a Into Eternity, interessantissimo e originale film di Michael Madsen sul trattamento delle scorie nucleari del quale discutiamo più ampiamente a parte. Il Concorso documentari italiani è stato vinto da L’oro della munnizza di Marco Battaglia, Gianluca Donati, Laura Schimmenti e Andrea Zulini, mentre Polvere, il grande processo dell’amianto di Niccolò Bruna, Andrea Prandstraller si è guadagnato oltre alla “medaglia d’argento” della categoria anche la menzione speciale di Legambiente. I riconoscimenti riservati ai cortometraggi sono andati a Un monde pour soi di Yann sinic e a Dive! Living off America’s Waste di Jeremy Sefert.

Grande la soddisfazione del direttore Gaetano Capizzi capace di allestire una delle edizioni più riuscite della manifestazione nonostante i gravi problemi di budget della filiera culturale: “Abbiamo avuto 20mila spettatori e, senza la pioggia battente di questa settimana che ci ha costretti ad annullare tutte le proiezioni all’aperto, sarebbero stati sicuramente di più. Nelle sale del cinema Massimo, comunque, abbiamo sempre avuto il tutto esaurito segno evidente dell’interesse del pubblico per le tematiche ambientali”. Per arrivare al centinaio di film proiettati quest’anno lo staff di Cinemambiente ha visionato circa mille lavori: “Il cinema a tematiche ambientali è maturato – continua Capizzi -. Fino a una decina d’anni fa si trattava per lo più di produzioni indipendenti, ora si può parlare, ragionevolmente, di film d’autore.  L’interesse del pubblico è aumentato, sono aumentati gli investimenti e gli incassi. All’estero si è creato un vero e proprio circolo virtuoso. In Italia siamo ancora indietro: i blockbuster americani monopolizzano la nostra distribuzione rendendo invisibili molti ottimi lavori”. Ecco perché eventi come Cinemambiente diventano fondamentali: accanto alla distribuzione tradizionale e a una televisione italiana disamorata delle grandi inchieste, i festival diventano la sola opportunità di visibilità per i filmmaker più coraggiosi. E l’unica possibilità, per gli spettatori più curiosi e attenti, di andar al di là del semplice intrattenimento.

 

 

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