Manca ancora una settimana, ma il clima attorno alla prossima mobilitazione No Tav (l’11 aprile, quando scatteranno gli espropri dei terreni dei privati recintati il 27 febbraio) è il solito: provocatorio, banale, poco costruttivo. Tra studenti sospesi per volantinaggio contro l’alta velocità e denunce di “fascismo” contro l’Anpi (ovvero l’associazione partigiani) da parte del leader del movimento, Alberto Perino, l’unica notizia nuova (per fortuna) è il netto e continuo miglioramento delle condizioni di Luca Abbà. “Sarò moralmente presente nelle prossime mobilitazioni”, fa sapere infatti il militante caduto da un traliccio in Val di Susa il 27 febbraio e tuttora ricoverato al Cto di Torino.
Nel suo messaggio ai compagni No Tav Abbà parla di “lento e costante miglioramento” e riferisce che nei prossimi giorni proverà ad alzarsi. Infine invita il movimento a lottare “senza violenza, ma con lucida determinazione”. Tutto ciò mentre Alberto Perino ha attaccato duramente l’Anpi nel corso di un’assemblea a Bussoleno: “Nei giorni scorsi ho incontrato il papà di Niccolò Garufi, uno dei No Tav arrestati durante il blitz di gennaio (per gli scontri del 3 luglio a Chiomonte, ndr) è iscritto e attivo da sempre in una sezione milanese dell’Anpi: quest’anno a lui e tutta la sua famiglia hanno rifiutato la tessera”. Il succo della polemica ha un nome e un cognome: Gian Carlo Caselli, che sembra essere stato preso dai No Tav come il simbolo di tutto il male del mondo. Il suo nome è infatti strettamente legato a quello di Carlo Smuraglia, avvocato con l’imperdonabile torto di essere il presidente nazionale dell’associazione dei partigiani e di aver preso duramente posizione in difesa del procuratore capo di Torino durante l’invasione No Tav in Comune a Milano. “Invito tutti voi a scrivere a questa sezione milanese – ha detto il leader No Tav – per dire che si vergognino e rinuncino pure a festeggiare il 25 aprile se hanno al loro interno teste fasciste come queste. Perchè questi sono comportamenti fascisti”.
Non bastassero queste polemiche tra chi è più duro e puro, chi partigiano vero e chi finto, arrivano anche notizie con meno appeal mediatico, ma sicuramente significative. Stiamo parlando della sospensione per volantinaggio di due studenti in un istituto tecnico di Susa: “Pazzo e suicida è chi distrugge la terra in nome del denaro”, titolava il pericolosissimo foglio che contestava lo sgombero violento del 27 febbraio in Val Clarea e ventilava connessioni tra imprenditoria locale e ‘ndrangheta. Il preside dice che “le regole sono regole” e che il volantino era illegale perché, secondo una legge del ’39 (a proposito di fascismo), non riportava le indicazioni sullo stampatore.