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In Piemonte il 94%  dei giovani tra i 20 e i 24 anni vive in famiglia, i laureati piemontesi sono il 24%

Redazione Quotidiano Piemontese

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Si è svolta  al Campus Luigi Einaudi la due giorni di confronto con giovani di tutte le province che la Regione Piemonte ha voluto avviare insieme alla rete Rete Europa Piemonte per il rilancio delle politiche giovanili regionali e la stesura della nuova legge regionale.

L’evento conclude un percorso che ha visto prender vita 25 laboratori territoriali svolti in diverse città del Piemonte, in cui sono emerse proposte su Giovani e Ambiente, Cittadinanza, Cohousing, Cultura, Economia sociale, Integrazione, Lavoro e Startup.

Sono stati presentati alcuni dati di uno studio di Ires Piemonte su “I giovani piemontesi tra scuola e lavoro”. Nel 2015 i giovani piemontesi tra i 15 e i 29 anni sono 597 mila, e rappresentano il 13.6% della popolazione piemontese. Ogni 100 giovani residenti in Piemonte 15 sono stranieri. Molti vivono ancora in famiglia: nella fascia 20-24 sono ben il 94%.

Si è vicini alla piena scolarizzazione per i percorsi di scuola superiore, ma le differenze per cittadinanza risultano marcate: gli allievi stranieri seguono prevalentemente percorsi tecnico professionali, mentre solo uno straniero su quattro è iscritto ad un percorso liceale, quando tra gli italiani il rapporto è quasi uno su due.

La quota dei laureati piemontesi nella fascia 30-34enni è del 24%, un po’ al di sotto della media nazionale (25.3%), non lontano dall’obiettivo per il 2020 per l’Italia che ? del 26%.

Per l’assessora Monica Cerutti : “In un quadro di scolarizzazione soddisfacente, vorremmo declinare le nuove politiche giovanili che provino a costruire quelle che chiamiamo competenze di cittadinanza utili alla partecipazione alla vita della propria comunità, anche in vista dell’attività lavorativa. L’obiettivo fondamentale è colmare la distanza che separa i giovani dalle istituzioni provando a intercettare il loro desiderio di partecipazione e capovolgendo lo stereotipo che dipinge i ragazzi e le ragazze come un problema e non come una risorsa. C’è meno rassegnazione di quanto venga raccontato; c’è voglia di innovazione”.