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Economia

In crescita i numeri delle donne artigiane d’impresa, Confartigianato: “Serve un welfare amico delle donne e delle famiglie”

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Sono innovative, aprono aziende o portano avanti quelle storiche attraverso il passaggio generazionale, creano opportunità di lavoro e contribuiscono a implementare la ripresa economica. In più si occupano della famiglia, hanno figli e talvolta anche nipoti. Le donne italiane sono anche tra le più intraprendenti d’Europa ma il nostro Paese è agli ultimi posti nell’UE per l’occupazione femminile e le condizioni per conciliare lavoro e famiglia.

L’Italia conta 1.510.600 donne che svolgono attività indipendenti e che sono aumentate del 3,3% nell’ultimo anno. Per numero di imprenditrici e lavoratrici autonome siamo al secondo posto in Europa, ci batte soltanto il Regno Unito che raggiunge quota 1.621.000. In Piemonte a trainare il lavoro indipendente femminile sono le 16.796 titolari di imprese individuali artigiane (dato relativo al II trimestre 2019). Insieme a socie e collaboratrici costituiscono in Piemonte un piccolo esercito di 31.995 donne d’impresa, mentre in Lombardia sono (66.763), in Emilia Romagna (36.757) ed in Veneto (36.991). La classifica provinciale vede in testa Milano, con 18.151 imprenditrici, secondo posto per Torino (15.769), seguita da Roma (14.829). Nelle province del Piemonte dopo Torino con 15.769 imprenditrici, troviamo Cuneo (4.935), Alessandria (3.203), Novara (2.732), Asti (1547), Biella (1.409), Vercelli (1.256) e Verbania 1.144.

Le donne italiane superano gli uomini nella vocazione imprenditoriale: in Italia nel 2018 sono nate 95.672 imprese femminili, 368 al giorno, con un tasso di natalità del 7,2% a fronte del 5,3% delle imprese maschili. Le imprenditrici italiane sono sempre più giovani, istruite e hi tech, ed si espandono anche nei settori tipicamente maschili. Infatti, in Piemonte le attività guidate da giovani donne under 35 sono 11.149, pari all’11,5% del totale delle imprese femminili. Guida la classifica provinciale Torino con 5.831, segue Cuneo con 1.789, Alessandria con 942, Novara con 904, Asti con 546, Vercelli con 455, Biella e Verbano con 341.

Si consolida anche la presenza femminile nei settori ad alta tecnologia: in Piemonte sono 2.429, il 7,1% del totale delle aziende hi tech, le imprenditrici impegnate in attività che vanno dalle telecomunicazioni alla farmaceutica, dalla produzione di software alla ricerca scientifica.

In Piemonte le imprese femminili artigiane hi tech sono 550: 246 a Torino, 73 a Cuneo, 91 a Novara, 43 ad Alessandria, 30 a Vercelli, 29 ad Asti e 19 nel Verbano e a Biella.

Le imprenditrici offrono un rilevante contributo alla ricchezza nazionale: si attesta, infatti, a 290,3 miliardi di euro il valore aggiunto prodotto dalle imprese guidate da donne. A questa cifra si aggiungono i 219,1 miliardi realizzato dalle lavoratrici dipendenti in imprese maschili. Se nelle attività indipendenti le donne italiane primeggiano in Europa, il nostro Paese rimane ultimo nell’UE per il tasso di occupazione femminile. Le imprenditrici devono fare i conti con un welfare che non aiuta le donne italiane a conciliare il lavoro con la cura della famiglia.

L’Osservatorio di Confartigianato Imprese mette in luce che la spesa pubblica italiana è fortemente sbilanciata sul fronte delle pensioni e della spesa sanitaria per anziani mentre quella per le famiglie e i giovani si ferma a 26,9 miliardi, pari al 3,2% della spesa totale della PA (rispetto al 3,8% della media UE) e all’1,6% del Pil (rispetto all’1,7% della media UE). Percentuali che collocano l’Italia rispettivamente al 18° posto e al 15° posto tra i 28 Paesi europei.

Tutto ciò si riflette sull’occupazione femminile e sulle condizioni per conciliare lavoro e famiglia: Confartigianato Imprese rileva infatti che il nostro Paese rimane ultimo nell’UE per il tasso di occupazione delle donne tra 15 e 64 anni: nel 2018 si attesta al 49,5% a fronte di una media del 63,3% nell’UE a 28. Fa peggio di noi soltanto la Grecia con un tasso di occupazione delle donne tra 15 e 64 anni del 45,3%. Siamo ben lontani dal primato della Svezia (76%).

Per supplire alle carenze dei servizi pubblici, le donne si caricano di una notevole mole di impegni, tra cura della famiglia e attività domestiche, cui dedicano in media 3 ore e 45 minuti al giorno di lavoro non retribuito, pari ad un valore complessivo annuo di 100,2 miliardi di euro, di cui 18,5 miliardi attribuibile alle imprenditrici e 81,7 miliardi alle lavoratrici dipendenti. Il valore del lavoro non retribuito delle lavoratrici artigiane autonome è pari a 3,7 miliardi.

“Le imprese rosa artigiane del Piemonte hanno saputo contrastare uno scenario economico generale in continua flessione, meglio delle imprese maschili” commenta Daniela Biolatto, Presidente regionale Donne Impresa, Confartigianato Piemonte.

“Le 31.995 imprenditrici piemontesi dimostrano una notevole vivacità e attitudine nel fare impresa. Questi numeri, che posizionano il Piemonte al quarto posto della classifica nazionale per il numero di donne imprenditrici, dimostrano che il tessuto imprenditoriale è forte, dinamico, innovativo – continua la Presidente Biolatto– e che le donne hanno una marcia in più nell’approccio alla gestione e all’organizzazione d’impresa”. “Purtroppo però –afferma Biolatto – le criticità riscontrate nel lavoro sono sempre le stesse: le imprenditrici sono divise tra responsabilità in azienda e impegni familiari. Per rivestire entrambi i ruoli occorre un’attenzione maggiore della politica nei confronti della donna che lavora e un welfare in grado di andare incontro alle esigenze al femminile, attraverso iniziative capaci di conciliare la vita familiare con il lavoro. Serve, ad esempio, un piano pluriennale per gli asili nido e la cura dell’infanzia. Lo Stato sociale andrebbe, in pratica, ricostruito a misura di lavoratrice indipendente femminile: i figli non possono essere un limite al lavoro delle donne.”

“Lo Stato non deve avere un ruolo negativo e limitativo per le imprese rosa – conclude Biolatto – al contrario, deve sostenere e alimentare l’autoimprenditorialità femminile che va costantemente stimolata e incoraggiata per via dei molteplici problemi che è chiamata ad affrontare come l’accesso al credito, oppure legati alla retribuzione o ad un retaggio di pregiudizi. Inoltre la donna che lavora crea occupazione in quanto è obbligata ad avvalersi di altre persone per le incombenze di carattere familiare quali la cura dei figli e dei propri genitori anziani. Al riguardo occorrerebbe il riconoscimento della detrazione fiscale per tutte le spese sostenute”.

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