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Cronaca

Ricoverato in pronto soccorso per un tentato suicidio, scappa dall’ospedale di Ciriè per compierlo: la famiglia querela per omicidio colposo

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La travagliata storia di Marco è iniziata a 18 anni quando abusava di sostanze stupefacenti. In seguito in cura al Sert, gli psichiatri ne avevano diagnosticato “un profondo disagio psicologico, mischiato saltuariamente a idee anticonservative”. Poi, a 23 anni il gesto estremo nel tentativo di togliersi la vita con un mix di farmaci e droghe. In quegli ultimi istanti aveva mandato un messaggio a un amico che ha avvisato la famiglia riuscendo così a salvarsi appena in tempo con la corsa al pronto soccorso di Ciriè.

Era il 30 aprile dell’anno scorso. “Sin da subito veniva specificato che Marco avesse tentato il suicidio e che fosse da tempo in cura presso il Sert” – spiegano i familiari, ma eravamo in piena pandemia da Covid e nessuno aveva il permesso di assistere i malati neanche nel caso di Marco che aveva bisogno di un controllo costante. “La madre di Marco – come dichiarano i familiari nella querela – tentava più volte di mettersi in contatto con l’ospedale, ma solo verso le 10:30 otteneva alcune informazioni su Marco, ovvero che aveva rifiutato la lavanda gastrica e il colloquio con lo psichiatra, chiedendo le dimissioni”. Dimissioni che non furono concesse. All’ultima visita dei sanitari alle 10:47 il paziente era stabile ma ad un controllo delle 11:30 non era più in stanza. Non vengono avvisati i familiari. Solo ripassando a mezzogiorno viene verbalizzato di chiamare a casa, non le forze dell’ordine. La madre di Marco viene avvisata solo alle 12:52 e allora partono le ricerche.

Secondo quanto registrato dalla banca, Marco acquista con il bancomat alle 11:54 al Bennet di Ciriè, un lenzuolo e una bottiglia di sambuco, lenzuolo che utilizzerà per togliersi la vita impiccandosi a un’antenna telefonica nelle vicinanze della torre dell’acquedotto a Ciriè.

“Appare chiaro, quindi, come Marco fosse ancora in vita al primo e verosimilmente anche al secondo accertamento del suo allontanamento dall’ospedale”, denuncia la famiglia, assistita dagli avvocati Riccardo Magarelli e Maurizio Marangon dello studio legale Follaw di Torino. Si profilano secondo i familiari “condotte omissive da parte del personale sanitario del pronto soccorso di Ciriè. Nonostante il pacifico stato di stupefazione ed allucinazione del soggetto, e delle chiare e conclamate idee anticonservative, gli veniva lasciato margine decisionale e non veniva imposto nessuna contenzione e nessun trattamento sanitario obbligatorio”.

“Si tratta di una vicenda tragica e molto delicata –  dichiara a Repubblica l’avvocato Magarelli -. Auspichiamo che si faccia luce sulle responsabilità dei soggetti coinvolti affinché non capitino più simili tragedie annunciate e vengano rispettati pedissequamente i protocolli previsti. Anche se in questo caso sarebbe stato sufficiente il mero buon senso per evitare una tragedia”.

Da questa vicenda la denuncia per omicidio colposo alla procura di Ivrea per indagare su quanto successo.

Foto Google Streetview

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