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Ambiente

I risultati della ricerca sul lago d’Orta: canneti e specie autoctone in calo

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Perdita dei canneti del 40%, 10 habitat naturali a rischio per il surriscaldamento climatico e possibili interventi per migliorare la condizione del lago d’Orta: questi i risultati dell’indagine promossa dall’Ecomuseo del Lago d’Orta e Mottarone per valutare lo stato di salute dell’area.

I risultati della ricerca (realizzata dal botanico Roberto Dellavedova) sono stati presentati nei giorni scorsi presso lo showroom di Fantini Rubinetti a Pella (Novara). Si è registrato che il lago d’Orta ospita 70 popolamenti di canneti e questi sono in continua regressione. Nell’ultimo decennio, considerando l’intera area, la perdita è stata di circa il 40 % e la decrescita più significativa si nota intorno alla baia di Gozzano. Una prima ipotesi avanzata dal botanico per spiegare la contrazione è la presenza dell’uomo: bagnanti in estate, imbarcazioni e onde danneggiano la vegetazione.
Per quanto riguarda gli habitat, a livello globale sono ormai evidenti i segni di un’alterazione degli equilibri come conseguenza del surriscaldamento. Raccogliere dati su questi fenomeni, secondo Dellavedova, è fondamentale per permettere alle generazioni future di stendere un piano di intervento adeguato.

“La ricerca ha avuto la possibilità di indagare quella che è la ricchezza del Lago d’Orta. – spiega il biologo – Sono state censite 329 specie, molte spontanee e altre esotiche. Il 4% di quelle rilevate sono specie protette, tra cui la felce acquatica Isoëtes Echinospora, che è considerata il simbolo del Lago d’Orta e che si trova nei bassi fondali acquatici. Si tratta di un esemplare prezioso e in tutta Italia esistono pochissimi siti dove sopravvive. Tra le specie esotiche invasive, circa il 25% sono specie ‘sfuggite ai giardini privati’ o arrivate in modo autonomo sul lago”.

Gli interventi per migliorare le condizioni ambientali sono una corretta conservazione degli habitat e una riqualificazione delle aree. È stata attribuita importanza anche alla sensibilizzazione della popolazione: la creazione del Centro visite del Giardino Botanico Alpinia va in questa direzione.

Illustrati anche gli aggiornamenti del programma di Cusio 2030, che ha l’obiettivo di reintrodurre nell’area le specie ittiche autoctone (come l’agone) e di monitorare le specie invasive tra cui i gamberi di fiume americani.

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