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Asti: il “Loft” non è responsabile di schiamazzi e urla, il giudice assolve i tre titolari

“il fatto non sussiste”, secondo il giudice che ha respinto la tesi dell’accusa che contestava il reato di disturbi all’occupazione e al riposo

Sandro Marotta

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ASTI – No, la discoteca “Loft club” di Asti non è responsabile dei disturbi all’occupazione e al riposo di cui era accusata da due residenti della zona. Questa la sentenza del giudice del tribunale di Asti che arriva dopo 4 anni dall’inizio del processo.

La storia

Il “Loft”, locale diventato luogo di aggregazione per i giovani e le giovani dell’astigiano, era stato denunciato più volte da una donna che viveva nello stesso quartiere di Via Antico Ippodromo insieme al marito. La residente sosteneva che ci fosse troppo rumore e che, oltre al degrado, la discoteca causasse anche ingorghi al traffico.

La procura aveva mandato a processo i tre ragazzi gestori del locale con l’accusa di aver violato l’articolo 659 del codice penale. La famiglia, insieme all’avvocato, si era costituita parte civile.

L’art 659 c.p.

Secondo la giurisprudenza “chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi e l’ammenda di 309 euro.”

La decisione del giudice

Dopo aver incaricato l’Arpa di effettuare alcuni controlli riguardo al superamento delle soglie acustiche, il giudice ha accolto la tesi della difesa (ovvero quella dei gestori del locale), secondo cui si era fatto tutto il possibile per evitare rumori molesti al di fuori del “Loft”. I tre ragazzi infatti avevano posizionato transenne, paletti e posizioni di controllo per chi doveva entrare, oltre ad aver richiesto più controlli campionari da parte delle forze dell’ordine. Non essendo il loro ruolo quello di vigili urbani, il tribunale ha stabilito che “il fatto non sussiste”.

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