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AmbienteTorino

L’ambiente è una questione “di classe”: nelle città più povere la biodiversità è minore. Lo dice uno studio a cui ha partecipato una ricercatrice di UniTo

La ricercatrice Irene Regaiolo e il “luxury effect”, cioè la relazione tra status socioeconomico e accesso agli spazi verdi

Sandro Marotta

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TORINO – Una ricercatrice dell’Università di Torino, Irene Regaiolo, ha partecipato a uno studio che ha mostrato come l’accesso agli spazi verdi sia molto più frequente nelle città e nei paesi più ricchi. Il paper scientifico è stato pubblicato sulla rivista “People and Nature” insieme ad altri 6 studiosi e studiose. Tutto gira intorno al “luxury effect”, cioè “la correlazione positiva tra biodiversità urbana e status socioeconomico all’interno delle città”, come si legge nello studio.

In breve, i risultati attraverso una meta analisi di altre ricerche hanno indicato che “le società più povere non dispongono delle risorse economiche necessarie per affrontare l’ingiustizia ambientale rappresentata dall’Effetto del Lusso – spiegano gli autori -. Identificare i fattori che determinano il luxury effect, tenendo al contempo conto di sfide sociali più ampie come la gentrificazione verde, è fondamentale per affrontare l’ingiustizia ambientale e può contribuire a definire le priorità delle strategie volte a ridurre le disparità nell’accesso ai benefici della biodiversità nelle città a livello global”.

Lo studio è un valore aggiunto al dibattito scientifico sul luxury effect perchè ha considerato non solo la diversità di specie e di aree verdi, ma anche la quantità. Inoltre ha condotto il confronto tra città e tra Stati, non all’interno di aree dentro una singola città.

“Il modello generale che emerge dai diversi modelli basati su variabili economiche è che il “luxury effect” è associato a città e paesi più poveri. Anche quando è stata riscontrata una relazione non lineare nella forza dell’effetto, i valori più alti si trovavano verso l’estremità più povera della scala”.

C’è tuttavia un limite in questo lavoro: la maggior parte degli studi (e quindi degli ambienti) presi in considerazione sono nel nord del mondo. Può essere che in questi contesti dove i processi di urbanizzazione sono più rapidi ci sia una perdita di biodiversità più accentuata.

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