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Economia

L’Ires fotografa il Piemonte: convalescente economicamente, sano come qualità della vita, male per internet, istruzione e risparmi

Redazione Quotidiano Piemontese

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Il Piemonte è convalescente: la salute generale migliora, ma gli acciacchi si concentrano nella realtà sociale. Lo dice – e lo sostanzia con un sacco di numeri interessanti – la relazione dell’Ires sul “Piemonte economico sociale 2010“, presentata stamattina nel foyer del Teatro Regio. Numeri interessanti perché non limitati ai tradizionali indicatori economici, come il Pil, ma integrati secondo le raccomandazioni della Commissione Stiglitz, che ambiscono a misurare la qualità della vita e la sostenibilità.

“Gli indicatori tradizionali – è l’efficace metafora del dottor Maurizio Maggi – funzionano come il cruscotto dell’automobile: ci dicono a che velocità andiamo, quanta benzina c’è, se acqua e olio sono a posto. Ottimi indicatori, ma da integrare, perché non ci dicono se stiamo andando nella direzione giusta e, soprattutto, come stanno le persone che viaggiano”.

IRES – GLI INTERVENTI DI RISSO E MAGGI

Il dottor Enzo Risso, alla sua prima relazione da presidente di Ires Piemonte, ha basato il suo intervento sull’acronimo c.r.e.a. Se l’accelerazione produttiva e industriale della nostra regione non ha ancora le giuste ricadute occupazionali e sociali, soprattutto nei confronti dei giovani, c’è bisogno di un cambiamento, di scelte coraggiose basate sul dialogo e la concertazione. I quattro slogan su cui – secondo il presidente Risso – deve basarsi il cambiamento sono riassumibili, appunto, nell’acronimo c.r.e.a. Creatività, intesa come modo di essere e di costruire la classe dirigente, perché il Piemonte deve attrarre i talenti, gli investimenti vengono di conseguenza. Radiance (termine del sociologo francese Michel Maffessoli), ovvero legame, pulsione a stare con gli altri, a fare sistema: qui la politica può fare molto. Equilibrio o equità, per dire basta alle divisioni e alle esclusioni sociali. Ambiente, non solo come salvaguardia, ma come ricerca e investimento della green economy, il motore dello sviluppo di domani.

Maurizio Maggi è il ricercatore che ha capitanato la relazione Ires 2010. Il punto di partenza è comunque l’economia: stiamo uscendo dalla crisi, ma lentamente; fondamentale è il ruolo della domanda estera, peccato che il Piemonte sia poco legato ai Paesi emergenti, quelli che tirano la ripresa globale; c’è incertezza verso il futuro. Passare dalle impressioni ai numeri è importante per inquadrare il problema e studiare le soluzioni giuste. Nel 2010 il Pil mondiale ha segnato un +5%, anche il commercio è cresciuto (+12,4% e +7% circa nelle previsioni per il 2011). Le attese per l’UE sono di moderata crescita del Pil (+1,8% e +1,6% nell’area Euro), contenuta invece la crescita dei consumi. Per l’Italia si prevede una crescita del Pil dell’1,1% e per il 2010 si registra +0,9% per i consumi, +2,8% per gli investimenti e +9,1% per le esportazioni. L’ecomonia del Piemonte è allineata alla dinamica nazionale: si riprende l’industria (+5,2% il valore aggiunto e +8,6% la madia annua della produzione), flettono le costruzioni e ristagna la produzione di servizi, a parte il turismo che va bene.

Ma la qualità della vita dipende anche da altro. L’Ires ha applicato al Piemonte gli otto parametri – salute, istruzione, quotidiano, reti, partecipazione, ambiente, sicurezza, ecomonia – studiati dalla Commissione Stiglitz, rapportando i nostri numeri a quelli dell’Italia e delle regioni più ‘avanzate’ del centro-nord (Lombardia, Veneto, Emilia e Toscana). Vediamoli nel dettaglio.

I parametri piemontesi sono eccellenti nel quotidiano – inteso come l’essere soddisfatti di come spendiamo il nostro tempo, a casa, al lavoro, nel tempo libero e negli spostamenti – e nell’ambiente: tanta raccolta differenziata, poco co2 nell’aria, bassa densità abitativa. Siamo a metà classifica nella sicurezza, reale e percepita: se gli incidenti stradali sono pochi, paghiamo l’insicurezza intrinseca nelle grandi aree urbane. La qualità della salute e la speranza di vita del piemontese medio sono buone, non tanto per l’offerta sanitaria (meglio del resto d’Italia, peggio delle altre regioni di testa), ma per i pochi vizi: beviamo tanto, solo i toscani ci battono – il vino buono fa la sua parte –, ma fumiamo meno, siamo meno grassi e viviamo in un ambiente meno inquinato. Non positive le reti – ovvero i contatti, le relazioni e gli scambi con gli altri – e la partecipazione, intesa come sensazione che la nostra opinione conti qualcosa: in particolare salta all’occhio il ritardo con cui la nostra regione si approccia a Internet. Va maluccio l’istruzione, intesa non solo come ‘combustibile’ per l’economia, ma anche come strumento di realizzazione personale: i parametri sono bassi per quanto riguarda l’uscita precoce dalla scuola, i laureati e la formazione degli adulti. Da matita rossa anche l’aspetto materiale: se i consumi non sono crollati è solo per la positiva eredità del passato, perché i piemontesi non solo non mettono via nulla, ma stanno erodendo i risparmi.

NOSIGLIA E COTA

L’intervento del presidente Roberto Cota – al cospetto di mezzo consiglio regionale più il vicesindaco Tom Dealessandri – si è limitato a un auto-elogio della politica regionale, con spiegazione dettagliata (e un po’ noiosa) dei piani straordinari (di un anno fa…) per il lavoro e l’occupazione e per la competitività. Più efficace l’intervento dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, che ha salutato positivamente l’inserimento di concetti come ‘la qualità della vita’ all’interno di ricerche statistiche che, fino a ieri, si limitavano agli aspetti più freddamente economici. È palese il fallimento dei mercati, della logica capitalistica come dello statalismo, perché sono falliti gli obiettivi sociali; bisogna ripartire – secondo Nosiglia – dalla cultura, dall’ambiente, dalla socialità e soprattutto dall’etica, per perseguire un’idea di felicità lontanissima dal benessere materiale. L’occupazione e il lavoro, soprattutto dei giovani, vengono prima di tutto, ma “il lavoro è dell’uomo, e non viceversa; come la festa è dell’uomo, e non viceversa: l’uomo è il fine dell’economia”, non è una merce, non è pura forza lavoro, non è un mero fattore della produzione. Partendo da Wojtyla e passando da Ratzinger, Nosiglia ha parlato di solidarietà e fiducia, di gratuità e dono, di felicità pubblica e non individuale, di democrazia economica e sostenibilità ambientale, di famiglia e patto sociale tra generazioni. Alla politica il compito di concretizzare questi principi.

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