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Cultura

Il Museo Pietro Micca compie cinquant’anni: festa tra rievocazioni e battaglie

Redazione Quotidiano Piemontese

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Ci sono stati tempi in cui dare a qualcuno del “bogia-nen” non aveva nulla di spregiativo. Anzi, era un gran complimento. “Bogia-nel da lì” voleva dire “non ti muovere, non retrocedere di un passo, non abbandonare il tuo posto di combattimento. Costi quel che costi”. Erano i tempi dell’assedio francese di Torino e del leggendario Pietro Micca, l’eroe che nella notte del 30 agosto 1706 si sacrificò per salvare la città e impedire l’avanzata nemica. Nella memoria dei torinesi il nome di Pietro Micca è indissolubilmente legato all’omonimo museo, un fiore all’occhiello nazionale che quest’anno compie cinquant’anni.

Ricorrenza nella ricorrenza. Il compleanno del museo coincide con le celebrazioni per il centocinquantenario dell’unità d’Italia. Insomma: è una specie di congiunzione astrale della storia patria, che merita di essere festeggiata come si deve. Ricordare, rievocare, rivivere: ecco le parole chiave che animano il pomeriggio di domani (sabato 10 settembre). Il primo appuntamento è al Museo, alle 15.30, quando, con la deposizione di corone nelle gallerie, saranno resi onori ai caduti. A tutti i caduti: ai piemontesi come ai francesi, quasi a dire che, nel fondo di quei cunicoli, la morte e le sofferenze della guerra hanno da tempo cancellato mostrine, divise e appartenenze geografiche. Alle 16 si svolgerà un momento commemorativo davanti al monumento di Pietro Micca. Poi, alle 16.20, partirà la sfilata del gruppo storico che attraverserà corso Siccardi, via Garibaldi, via Milano per arrivare in piazza Palazzo di Città. Alle 16.45 davanti al Comune inizierà un’ulteriore cerimonia: onori al Gonfalone e alle autorità, onori al monumento del Principe Eugenio, con cambio della guarda e spari di fucileria. Ma il momento culminante sarà alle 17.45, tra le Porte Palatine e piazza San Giovanni, dove il gruppo storico rievocherà la battaglia del 7 settembre 1706, con tanto di abiti d’epoca, armi antiche e simulazioni di scontri a fuoco. Alle 19, in Cattedrale, la benedizione delle bandiere porrà fine alle celebrazioni.

Festeggiare i cinquant’anni del museo significa anche riflettere su un enorme patrimonio di beni storici che Torino possiede e spesso dimentica o ignora. Esiste un mondo sotterraneo di cunicoli e gallerie di contromina (quelle visitabili e accessibili  dall’ingresso del museo sono solo una minima parte). Ci sono poi veri tesori del sottosuolo, come il cisternone della Cittadella (un pozzo, molto simile a quello di san Patrizio, accessibile dal cortile della scuola elementare Ricardi di Netro) e il forte Pastiss, un gioiello di ingegneria militare che “riposa” sotto un tombino in corso Vittorio Emanuelle, più o meno all’altezza di corso Vinzaglio. Queste opere, sconosciute alla quasi totalità dei cittadini, vengono visitate solo da uno sparuto manipolo di volontari dell’associazione Amici del Museo Pietro Micca, che, con strumenti e dedizione d’altri tempi, lavorano per liberarle dal fango e mantenerle in buona salute. Da molto tempo il museo progetta di renderle accessibili al pubblico, ma questo richiederebbe un coinvolgimento degli enti locali, con un investimento economico non indifferente (e si sa che il momento non è certo dei migliori). Che ne direbbe però il leggendario Pietro Micca? Forse si stringerebbe semplicemente nelle spalle e ripeterebbe la frase che ha detto la notte dell’assedio al suo commilitone, un attimo prima di allontanarlo e di accendere, da solo, la miccia. Ma la direbbe nella sua lingua, il piemontese (e non in buon italiano, come la riportano i libri di storia): “‘t ses pi longh che ‘n dì sensa pan” (sei più lungo di un giorno senza pane).

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