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Cultura

A lezione di Visual Thinking. Nell’arena del business si vince con le immagini

Davide Mazzocco

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Alla View Conference oggi è stato il giorno di Tom Wujec, il guru del “visual thinking” ovverosia il “pensiero visivo”. Al Multimedia Park di Torino lo scrittore e professore della Singularity University ha tenuto un workshop per spiegare i principi di una specialità che sta cambiando il modo di lavorare in molti settori dell’innovazione. Alcuni neuroscenziati hanno scoperto che il nostro cervello apprende meglio quando ha una visione panoramica delle informazioni e Wujec traduce queste teorie in pratica aiutando manager, progettisti, creativi a visualizzare individualmente o collettivamente business plan e problem solving.

Anche se non ne siamo consapevoli, molti dei concetti che apprendiamo sono più velocemente assimilabili se visualizzati. Il primo esempio del workshop è banale ma efficacissimo: Wujec  mostra sul display i nomi di 50 dei 51 Stati Uniti e chiede al pubblico quale manca. Nell’immagine successiva fa vedere la mappa e in rosso compare lo stato mancante, quello di Washington. Nel primo caso nessuno risolve l’enigma, nel secondo la soluzione è immediata. Un excursus storico dai grafiti rupestri del neolitico all’uomo vitruviano di Leonardo ci mostra il dirompente potenziale delle immagini.

Il modo in cui percepiamo un oggetto è estremamente soggettivo. In uno degli esercizi proposti Wujec (ci) chiede di visualizzare, senza parole, ma soltanto con disegni, la preparazione di un toast. Fra i cinquanta modelli disegnati dai partecipanti non ce n’è uno uguale all’altro. Questa diversità – se incanalata nel giusto modo – può diventare un importante skill in un lavoro di gruppo. Ed è questo l’obiettivo di Wujec: creare un modello di visual thinking (immaginate un enorme tazebao zeppo di post it e di contributi finalizzati a un solo obiettivo) che migliori la capacità decisionale, l’impegno e l’intesa del team.

In un’altra fase del workshop Wujec mostra una mappa dinamica con la sequenza degli effetti dello tsunami asiatico del 26 dicembre 2004. Non si mostra alcuna immagine del disastro, soltanto una rappresentazione planimetrica eppure in sala cala un silenzio tombale: “Accade ogni volta – spiega lo studioso statunitense – poiché ognuno di noi completa con la propria immaginazione e con una visualizzazione interiore ciò che vede in maniera astratta sulla mappa”.

Wujec ha prestato la sua attività di consulente a grandi multinazionali costruendo rappresentazioni in grado di ottimizzare le strategie aziendali, di visualizzare i cambiamenti delle esigenze dei clienti, di tracciare le strategie organizzative dei competitor. Per uscire la crisi, insomma, bisognerà prendere fogli A3 e pennarelli? La “visione” sarà il filo d’Arianna col quale uscire dal labirinto della recessione? Ci vorrà “l’immaginazione al potere”? Da utopia sessantottina a dogma del post-capitalismo, chi l’avrebbe detto quarant’anni fa….

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