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Economia

Fiat: al via la trattativa con i sindacati dopo la disdetta del contratto nazionale

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“Chi non salta Marchionne è”. Sembra essere questo lo slogan preferito dagli operai della Fiat (un centinaio) che presidiano l’Unione Industriale di Torino, sede della trattativa tra Lingotto e sindacati dopo la disdetta unilaterale da parte dell’azienda del contratto nazionale in vista di un’applicazione estesa del modello Pomigliano. I manifestanti, avvolti nelle bandiere dei Cobas, della Fiom e dell’Usb, chiedono il “permesso” di entrare nei locali al grido di “Più rispetto per gli operai”. A tenerli a bada un piccolo manipolo di forze dell’ordine. Poco prima dell’inizio dell’incontro, il leader Fiom Landini (che ha proclamato lo sciopero generale il prossimo 16 dicembre) aveva precisato la posizione delle tute blu Cgil: ”Anzichè disdire il contratto sarebbe meglio che la Fiat facesse gli investimenti che ha annunciato. Non c’è bisogno di uscire dal contratto nazionale per fare funzionare meglio le fabbriche. Siamo in presenza dell’applicazione dell’articolo 8 che rischia di mettere in discussione le libertà sindacali dei lavoratori e quindi sarebbe meglio che anche gli altri sindacati riflettessero su questo”. 

Posizione che sarà pure gradita (almeno a una parte) ai manifestanti assiepati fuori dall’Unione Industriale, ma che non è bastata ai metalmeccanici della Cgil per riuscire a sedersi al tavolo delle trattative: la Fiom è infatti presente con un osservatore dopo la decisione di Landini di uscire, dato che a causa di alcuni Cobas è stato impedito all’intera delegazione di entrare. “Non ho mai visto una cosa del genere, l’azienda non è in grado di garantire l’accesso al luogo della trattativa. Abbiamo lasciato un osservatore dentro, ma la sensazione è che stiamo perdendo la testa ancora prima di iniziare a discutere. Se Fiat voleva lanciare un segnale c’è riuscita”, ha commentato il leader dei metalmeccanici Cgil uscendo dalla palazzina di via Vela. Lo stesso Landini sraà ospite, martedì sera, della trasmissione in onda alle 20 su Rai3 La crisi in 1/2 ora.

L’invito landiniano a “riflettere”, rivolto ai colleghi di Fim e Uilm, sembra però non raccogliere molti consensi:  “Ritengo – ha sottolineato il segretario torinese della Fim, Claudio Chiarle – che il confronto con la Fiat non debba fermarsi al contratto ma sia necessario riflettere con l’azienda sulla questione lavoro”. Stessa musica da parte del collega Uilm, Eros Panicali: “Chiederemo alcune contropartite: occupazione, investimenti e migliori condizioni economiche”. Nessuna contrapposizione, dunque, ma disponibilità ad andare oltre la sottigliezza contrattuale. Ancora più espliciti il leader Fismic, Roberto Di Maulo (“Dobbiamo raccogliere la sfida di Marchionne e chiudere in tempi rapidi la trattativa”) e quello nazionale dell’Ugl, Antonio D’Anolfo (“Bisogna trovare una soluzione condivisa sulla falsariga del contratto di Pomigliano”). Secondo l’azienda la trattativa va chiusa “entro Natale”. Tutto ciò mentre a sostegno della Fiom la Cgil ha lanciato la campagna “Voglio la Fiom in Fiat”, una sorta di sottoscrizione popolare in rete.

LE PAROLE DI FASSINO. “La Fiat è una risorsa importante anche se lo scenario del mercato auto è cambiato”. Così il sindaco di Torino, che intervistato da Tgcom24 ha sottolineato anche come l’industria automobilistica non sia l’unica componente dell’economia cittadina: “Torino è una città molto più ampia oggi, è una città finanziaria grazie alle sedi di Intesa e Unicredit. Siamo una grande capitale di cultura e turismo, oltre che una città multietnica”. Il sindaco dichiara di non essere stato “spiazzato” per la scelta dell’azienda torinese di disdire i contratti esistenti: “La disdetta dei contratti è la conseguenza dell’uscita da Confindustria. In ogni caso io penso che lo scenario sia cambiato radicalmente e gioco forza vi deve essere una rivisitazione delle norme, coinvolgendo tutte le organizzazioni sindacali: sarebbe bello che oggi ci fosse un’intesa”. Il sindaco ha aggiunto inoltre di aver apprezzato il ruolo del nuovo ministro dello Sviluppo economico nelle trattative: “Il grave errore del precedente governo è stato quello di affidare un tema così cruciale solo alle parti sociali. Se avesse fatto quello che è stato fatto negli Stati Uniti e in Germania le cose sarebbero andate diversamente”.

LA PROPOSTA DAMIANO. Cesare Damiano, deputato del Pd ed ex ministro del Lavoro nell’ultimo governo Prodi, ha proposto una soluzione per superare la contrapposizione tra il Lingotto e la Fiom: “Si tratta di una proposta di legge – ha spiegato – che vuole ripristinare nella sua formula originaria l’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori”. Un provvedimento che legherebbe “la presenza in fabbrica alla reale rappresentanza delle organizzazioni sindacali”, rendendola indipendente dalla distanza ideologica dalle posizioni aziendali. In questo modo, la Fiom conserverebbe la presenza dei suoi delegati nelle fabbriche, ma avrebbe il dovere di rispettare anche gli accordi che non ha firmato.

LE PAROLE DI CREMASCHI (FIOM). “Il 16 dicembre chiamiamo tutti i metalmeccanici a scioperare, perchè non avere diritti fondamentali è un attacco alla persona. Noi siamo un sindacato che gli accordi, anche litigando, li fa, però qui siamo di fronte a un diktat: chi accetta,accetta, chi non accetta non lavora”. Così Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale Fiom, critica l’atteggiamento del Lingotto: “La Fiat è sempre stata chiara, vuole estendere agli 84mila lavoratori l’accordo di Pomigliano. Quando un anno e mezzo fa cominciò questa vicenda molti dissero che era un’eccezione, a torto. La gente lavora di più e sta peggio, ha meno diritti, ed è priva di qualsiasi forma di libertà sindacale. Si peggiorano le condizioni e si impedisce di usare i normali strumenti sindacali”.


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