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Cultura

La scure dei tagli sui musei torinesi: le cooperative scendono in piazza

Davide Mazzocco

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“A Torino la cultura è motore dello sviluppo”. Quante volte lo abbiamo sentito negli ultimi mesi/anni? Della riconversione del capoluogo torinese in grande salone delle feste e in capitale culturale dello Stivale il sindaco Piero Fassino ha fatto un vero e proprio cavallo di battaglia. La riconversione a un’economia post-industriale è un mantra che viene ripetuto ad ogni presentazione e conferenza stampa, peccato che i provvedimenti vadano sempre nella direzione opposta ai proclami. Ha aperto il J Museum della Juventus, aprirà fra quarantotto ore il Museo del Risparmio voluto da Intesa San Paolo e persino per Mirafiori si ventila l’ipotesi di una riconversione a sede del Museo della Fiat. Smantellata la principale filiera produttiva della provincia (perché se si chiude la Fiat si chiude tutto l’indotto automobilistico costruito in un secolo), dunque, si dovrebbe scommettere sul turismo culturale e sull’indotto dei divertimentifici torinesi. Peccato che questa filiera sulla quale si vuole costruire il futuro della città abbia ricevuto una tegola pesantissima: l’annunciato taglio, da parte del Comune, del 50% dei costi. Le cooperative che lavorano nei musei, già in ginocchio per i tagli del 2011, rischiano seriamente di scomparire. Oggi il personale dei musei del Risorgimento, della Montagna, Lombroso, Frutta, Anatomia e Resistenza si è ritrovato davanti al Museo del Risorgimento, in piazza Carlo Alberto, per discutere della drammatica situazione in cui versano le cooperative.

“Agli addetti alle cooperative che lavorano nei musei cittadini, sui quali grava la decisione del Comune di Torino di tagliare del 50% i costi va la nostra solidarietà – ha dichiarato quest’oggi Ezio Locatelli, segretario provinciale Prc Torino -. La scelta del Comune è quanto mai miope e scellerata. Da una parte non valorizza un patrimonio culturale e turistico come quello dei musei, riducendo il personale e di conseguenza gli orari di apertura. Dall’altra, così come nel caso delle educatrici, non garantisce più occupazione e lavoro a decine di addetti in un momento di particolare difficoltà nel trovare alternative lavorative. Invece di tagliare educatrici e operatori dei servizi museali la Giunta intervenga per ridurre il costo di consulenze e contratti faraonici a dirigenti esterni, come ad esempio il portavoce del Sindaco che costa quasi 200mila euro l’anno”.

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