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Gli ex dirigenti di Bene Banca chiedono al Consiglio Regionale del Piemonte una commissione d’inchiesta sul caso del Credito Cooperativo di Bene Vagienna

Redazione Quotidiano Piemontese

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Dopo che le regioni Marche e Veneto hanno avviato delle commissioni di inchiesta sui casi di Banca Marche, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, Silvano Francesco Trucco,  ex Direttore Generale di Bene Banca chiede con un appello che il Consiglio Regionale del Piemonte crei una commissione d’inchiesta sul caso del Credito Cooperativo di Bene Vagienna.

La commissione regionale di inchiesta sulla vicenda di Banca Marche, presentata ufficialmente in giornata, avanza critiche per nulla velate anche contro la vigilanza di Banca d’Italia e Consob. In particolare si legge testualmente che “rispetto all’attività svolta dalle filiere di controllo istituzionale (…) non può non rilevarsi uno scarto fra risultanze istruttorie e la realtà che si è poi drammaticamente verificata” tanto che “non si può tacere” l’inefficacia della vigilanza.

La relazione cita infatti la fattispecie rilevata che già nel bilancio 2011 fosse evidente “uno scarto” tra il resoconto contabile (che si era chiuso con un utile netto di 135 milioni, con crediti deteriorati in crescita a 1,7 miliardi (+28,9%)) e l’attestazione degli emissari di Palazzo Koch, che il 28 dicembre 2011 acclaravano una “situazione tecnica adeguata” per l’istituto.

Ma la relazione continua e cita altri aspetti, tra i quali degna di nota è la circostanza di una criticata disparità di trattamento riservata da parte della Banca d’Italia nei parametri di valutazione del credito, tra Banca Marche rispetto alle altre 19 banche ispezionate, in vista del passaggio alla vigilanza unica della Bce di novembre 2014.

Di disparità di trattamento, di due pesi e due misure, della esperienza vissuta da chi scrive si potrebbe poi realizzare un libro, per giunta di centinaia di pagine. Non si nasconde peraltro l’avvio di una fase preparatoria di una simile fatica letteraria sul caso “Bene Banca”.

Trattasi infatti di una oscura vicenda, piena di zone d’ombra, ossia il commissariamento “preventivo” di una piccola bcc cuneese, con i conti in ordine, assolutamente rispettosa dei ratios patrimoniali, con dati economici record per la storia pluricentenaria dell’Istituto, che evidenziava criticità sul credito sotto la media di sistema, ciononostante commissariata con protervia il giorno immediatamente precedente l’Assemblea dei Soci del 4.5.2013, adunanza chiamata ad esprimersi – per acclamazione essendosi presentata una unica lista di candidati –  sul rinnovo cariche.

In ogni caso il primo caso di amministrazione straordinaria in Piemonte ma anche il commissariamento più veloce della storia bancaria italiana dal 1936 ad oggi, dato che la Banca è stata restituita al territorio in bonis in neanche 13 mesi.

Un’azione di rigore, portata a termine con una metodologia interna di via Nazionale alquanto perplessa, oggetto di plurime denunce da parte degli amministratori deposti, parte delle quali tuttora pendenti avanti le competenti sedi, ma con la ferma intenzione degli ex vertici di arrivare, se del caso, anche alla Corte di Giustizia Europea per far valere il proprio diritto di difesa, al momento naufragato di fronte alla consolidata giurisprudenza amministrativa che attribuisce alla Banca d’Italia la massima autonomia e discrezionalità, tanto da impedire ogni sindacato del Giudice, salvo casi di manifesta erroneità od irragionevolezza.

Ma i casi di erroneità nella vicenda Bene Banca non sono pochi, tutti puntualmente individuati, analizzati e descritti nei ricorsi, ma ahimè definiti dal Tar o dal Consiglio di Stato come NON MACROSCOPICI …

Peccato che la Vigilanza di Banca d’Italia, in più occasioni e recentemente con le Considerazioni finali del Governatore, abbia tentato di autoassolversi in risposta al coro di critiche levatosi dopo i casi delle 4 banche in Risoluzione e le vicende delle popolari venete, lamentando un “margine di discrezionalità assai ristretto” oppure precisando come “l’individuazione delle anomalie e irregolarità non è agevole”.

Per usare le stesse parole della Commissione di indagine della Regione Marche  non è forse uno “scarto” questo tra principi giurisprudenziali da un lato (la “ampia discrezionalità”) e quanto invocato da Palazzo Koch (“margine di discrezionalità assai ristretto”) per un tentativo di giustificazione del proprio operato dall’altro?

Ebbene molti Parlamentari Italiani – di ogni colore e fede politica – sono stati adeguatamente informati su questo “strano commissariamento”; sono state ad oggi presentate ben 7 interrogazioni Parlamentari al Governo ed al Ministero competente, ma dal Consiglio Regionale del Piemonte rigoroso silenzio.

Eppure quello della commissione di indagine della Regione Marche non è un caso isolato.

Per citare alcuni esempi , la Regione Toscana ha dato vita ad un simile tavolo con la “commissione di inchiesta sulla Fondazione e Banca Monte Paschi Siena”, come analogamente si è comportato il Consiglio Regionale del Veneto che il 19 gennaio scorso ha deliberato l’istituzione della “Commissione d’inchiesta sui gravi fatti riguardanti il sistema bancario in Veneto”.

Alla luce del crollo di fiducia dei risparmiatori nelle Autorità di Vigilanza, misurato e divulgato da talune Associazioni di categoria, ma palpabile in ogni cittadino nel dialogare quotidiano,  rivolgo un accorato appello ad ogni Consigliere Regionale affinchè anche in Piemonte venga istituita una commissione di indagine sullo – a mio avviso scandaloso, ma quanto meno singolare – commissariamento di Bene Banca e sulla disparità di trattamento tra la bcc benese e le popolari venete (B.Popolare di Vicenza e Veneto Banca).

Una bcc in salute, sana e solida, commissariata e restituita in bonis a tempo record senza traumi e con l’assunzione di personale da un lato, e due banche popolari dal passato glorioso i cui circa 200.000 azionisti si sono visti azzerare il valore delle quote di capitale possedute nell’arco di 12 mesi e con la vigilanza che ha fatto da spettatore dall’altro.

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