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Sette agricoltrici siriane in viaggio studio per imparare dagli agricoltori piemontesi e liguri

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Slow Food e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) hanno organizzato per un gruppo di agricoltrici siriane di piccola scala un viaggio di studio nell’Italia nord-occidentale. Le due organizzazioni hanno unito le forze per sviluppare le competenze delle piccole produttrici alimentari siriane, con l’obiettivo di aiutare le comunità colpite dalla crisi a ripristinare o a rafforzare i mezzi di sussistenza e di rilanciare il settore agricolo del paese.

Sette donne siriane visiteranno comunità agricole in Piemonte e Liguria che producono e promuovono specialità locali, biologiche e artigianali, note per l’alta qualità nel rispetto delle tradizioni. Verranno illustrati loro tutti gli aspetti della produzione, della commercializzazione e della catena del valore di vari alimenti – tra cui prodotti lattiero-caseari, miele, olio, cereali, pane e verdura – e al loro rientro in patria potranno trasmettere le conoscenze acquisite ad altre agricoltrici delle loro comunità. Saranno inoltre inserite nel progetto di rete globale per agricoltori locali concepito da Slow Food, affinché possano continuare ad imparare e condividere conoscenze ed esperienze.

Le donne siriane provengono dai governatorati di Homs, Hama, Lattakia, Tartous, Aleppo, Sweida e Al Qunatra, e ognuna di esse si occupa di un particolare tipo di prodotto locale – uno per villaggio – dai fichi secchi al miele. Possiedono piccoli appezzamenti di terreno (meno di mezzo ettaro) in cui coltivano cibo per nutrire le loro famiglie e/o si occupano della preparazione di marmellate, sottaceti, concentrato di pomodoro, formaggio e di altri prodotti alimentari per il sostentamento delle loro famiglie.

«Per noi è un onore accompagnare le agricoltrici siriane a visitare i nostri produttori e i nostri Presìdi», ha detto Nazarena Lanza, Coordinatrice Slow Food per i paesi del Nord Africa e Medio Oriente.

I Presìdi Slow Food aiutano agricoltori e produttori artigianali di tutto il mondo a tutelare il loro patrimonio alimentare e agricolo. Le donne siriane incontreranno agricoltori appartenenti a sei Presìdi dedicati alla produzione del burro dell’alta valle dell’Elvo, di olio extra vergine d’oliva, di miele di alta montagna, del formaggio Robiola di Roccaverano, dell’agnello Sambucano e dell’aglio di Vessalico.

«Saremmo lieti di consolidare questa alleanza e di organizzare altri workshop per migliorare la produzione alimentare in zone semi-aride con l’uso di pratiche agro-ecologiche. Anni di conflitti, cambiamento climatico e decenni di monocolture hanno causato una grave perdita di biodiversità e mancanza di competenze, che non hanno lasciato spazio all’agricoltura sostenibile», ha aggiunto Lanza.

Perché tanta attenzione alle agricoltrici siriane?

Otto anni di crisi hanno devastato l’agricoltura siriana, creando instabilità nella forza lavoro. In molti casi le donne sono diventate la sola fonte di reddito e si sono dedicate all’agricoltura, spesso unica risorsa per guadagnarsi da vivere e mantenere le famiglie.

Prima del conflitto, l’agricoltura è sempre stata dominio maschile e oggi le donne si ritrovano costrette ad affrontare molte sfide.

Spesso non conoscono le regole del commercio, hanno esperienza e capacità limitate per poter coltivare e rivendere i loro prodotti e non hanno alcun accesso a informazioni su finanziamenti e opportunità di formazione.

«Usiamo gli stessi attrezzi rudimentali che abbiamo in casa fin da quando eravamo ragazzine. Desideriamo incrementare il nostro lavoro utilizzando attrezzature e dispositivi moderni per poter confezionare i nostri prodotti e misurarne l’umidità e l’acidità, affinché soddisfino gli standard globali. I nostri fichi hanno un alto valore nutrizionale, sono naturali al 100% e sono alimentati da acque piovane», ha detto Afaf Jafaar, una delle donne siriane in viaggio di studio in Italia, madre di cinque figli che coltiva ed essicca fichi – l’unico frutto disponibile nel suo villaggio.

Nel gruppo di donne troviamo anche Aicha Dalati, apicoltrice di Aleppo che in seguito al conflitto è stata costretta a fuggire lasciandosi alle spalle tutti i suoi alveari, ripartendo da zero in un villaggio non distante dalla sua città. Afferma di essere costretta a vendere il miele solo localmente.

«I problemi sono il trasporto e il profitto, che non è immediato, in quanto mi pagano un po’ alla volta. Se potessi vendere regolarmente i miei prodotti, avrei una vita migliore – ha affermato Aicha concludendo -. Voglio imparare dagli agricoltori italiani e scoprire come posso sviluppare la mia attività».

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