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Cultura

Il programma completo del Torino Film Festival 37, dal 22 al 30 novembre

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Sotto la Mole è tempo di Torino Film Festival, edizione numero 37, l’ultima diretta da Emanuela Martini. Sono 149 lungometraggi, 11 mediometraggi e 31 cortometraggi i film che saranno proiettati, di questi 44 lungometraggi saranno opere prime e seconde, come da tradizione del fesival.

Ad aprire il TFF37 sarà JOJO RABBIT di Taika Waititi, a chiuderlo KNIVES OUTdi Rian Johnson. Il Gran Premio Torino andrà a Barbara Steele, icona horror. E all’horror sarà dedicata un’intera sezione del festival.

Sul sito trovate l’intero programma, ma vi segnaliamo qui i film di Torino37, la principale sezione competitiva, che vedrà in proiezione come sempre solo opere prime, seconde e terze:

ALGUNAS BESTIASdi Jorge Riquelme Serrano (Cile, 2019, DCP, 97’)
Bloccate su una remota isoletta dopo la sparizione del loro aiutante e della sua barca, tre generazioni di una famiglia vedono tensioni latenti o sopite esplodere per l’isolamento, lo stress e la fame. Come in un Haneke appena più latino e passionale, quest’opera prima cilena è un’elegante e spietata dissezione del microcosmo familiare e delle sue perversioni, sul quale troneggia la figura di Alfredo Castro, il patriarca, in un ruolo ancora più scomodo, sgradevole e scioccante del solito.

LE CHOC DU FUTUR di Marc Collin (Francia, 2019, DCP, 84’)
Parigi 1978, una ragazza cerca di farsi strada nel mondo musicale producendo electro music in totale autonomia; tra sintetizzatori e macchine avveniristiche Ana compone la musica del futuro, in lotta contro un mondo che sembra sordo di fronte al suono che verrà. Opera prima di Marc Collin (cofondatore dei Nouvelle Vague) con una meravigliosa Eva Jodorowsky; un film etereo con un’irresistibile atmosfera vintage che vi farà venire voglia di ballare.

DYLDA / BEANPOLEdi Kantemir Balagov (Russia, 2019, DCP, 130’)
Leningrado, 1945. Iya fa l’infermiera in un ospedale per reduci di guerra. È bionda, altissima, timida e di tanto in tanto si blocca a causa di un trauma da stress. Masha è stata al fronte ed è molto più spregiudicata dell’amica con cui va a vivere una volta tornata dalla prima linea. Un dramma siderale, con una regia perfetta che conferma –dopo l’esordio Tesnota, al TFF36 -il talento unico di Kantemir Balagov, classe 1991, allievo di Alexander Sokurov.

FIN DE SIGLO di Lucio Castro (Argentina, 2019, DCP, 84’)
Ocho e Javi si incontrano a Barcellona. Si piacciono. E scoprono che già si erano incontrati e piaciuti, 20 anni prima. Un Breve incontroqueer attraverso il tempo, per scoprire che la realtà e che l’attimo sono soltanto una questione di prospettiva. Un’opera prima argentina piena di pudore, dove gli interpreti Juan Barberini e Ramon Pujol si mettono in gioco con sensibilità. In colonna sonora anche l’indimenticabile Space Age Love Songdi A Flock ofSeagulls.

IL GRANDE PASSO di Antonio Padovan (Italia, 2019, DCP, 96’)
Costruire in un fienile un missile per arrivare sulla Luna sembra una roba da matti. E nel piccolo bar del Polesine, Mario (Giuseppe Battiston) è considerato più che lo scemo, il velleitario del villaggio. Un Ufo antropologico. Un giorno compare il fratello mai conosciuto, Dario (Stefano Fresi): figli dello stesso padre e di madri diverse. Dopo insofferenze e bisticci, nasce la complicità. Secondo film del regista di Finché c’è prosecco c’è speranza: ogni riferimento alla poetica di Carlo Mazzacurati non è casuale.

EL HOYO / THE PLATFORMdi Galder Gaztelu-Urrutia (Spagna, 2019, DCP, 90’)
Un uomo si sveglia in una cella con una copia di Don Chisciotte della Manciae un vecchio vicino di letto. Si trova in una prigione verticale fatta di piani con due prigionieri ciascuno attraverso cui una volta al giorno scende una piattaforma zeppa di cibo: più si è sopra e più ci si abbuffa, mentre più si scende più restano le briciole. Sopravvivere e fuggire non sarà facile. Fantascienza distopica che diventa action carpenteriano: un serrato B-movie politico.

HVÍTUR, HVÍTUR DAGUR / A WHITE, WHITE DAYdi Hlynur Pálmason (Islanda/Danimarca/Svezia, 2019, DCP, 109’)
Una macchina precipita da una scogliera. A bordo c’è la moglie di un poliziotto, che tempo dopo è ancora alla ricerca degli strumenti per elaborare il lutto. E che continua ossessivamente a ristrutturare la casa di famiglia. L’opera seconda di Pálmasonparte da uno spunto drammatico –tra investigazione privata e crisi esistenziale –per costruire un personaggio vittima della propria rabbia, ragionando con profondità e crudele ironia sulle ragioni dell’ira, senza celare il lato patologico del dolore.

MS. WHITE LIGHT di Paul Shoulberg (USA, 2019, DCP, 97’)
Lex è una giovane donna con un dono particolare: sa entrare in empatia con le persone che muoiono. Questo è diventato anche il suo mestiere, gestito con il padre. La stessa sensibilità Lex non riesce a esprimerla con il resto del mondo, che la terrorizza. Quando una nuova cliente mette in discussione la sua routine le cose sono destinate a cambiare. Un bizzarro indie americano buffo e dolcemente dolente, con Roberta Colindrez (I Love Dick, The Deuce) e Judith Light (Transparent).

NOW IS EVERYTHINGdi Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis (Italia/USA, 2019, DCP, 80’)
Un giovane fotografo di moda. La morte del fratello minore. La scomparsa della fidanzata. Sono i tre vertici del plot dell’esordio di Valentina De Amicis e Riccardo Federico Spinotti (figlio di Dante, che produce e fotografa), film misterioso e quasi sperimentale che guarda a Lynch e a Malick tanto quanto a certe estetiche del videoclip d’autore. Nel cast anche Ray Nicholson (figlio di Jack), Anthony Hopkins, la Madeline Brewer di The Handmaid’s Talee la bellissima e celebre modella Camille Rowe.

OHONG VILLAGEdi Lungyin Lim (Taiwan/Repubblica Ceca, 2019, DCP, 91’)
Sheng-Jitorna nella zona di Taiwan dove è cresciuto: non è riuscito ad affermarsi in città, ma finge che la sua avventura metropolitana abbia avuto successo. Il suo ritorno innesca i contrasti con il padre, un umile allevatore di ostriche, e alimenta l’ambizione di un amico che sogna un futuro lontano dal villaggio. Girato in uno splendido 16mm, questo debutto ragiona sull’avidità, sulle false aspettative, sul mito avvelenato del successo, sull’orgoglio del lavoro, sull’instabilità economica.

PINK WALL di Tom Cullen (UK, 2019, DCP, 85’)
Jenna e Leon. Sei anni di vita insieme raccontati attraverso sei momenti della loro relazione, uno all’anno: da quando si videro, alla vita in comune, alle prime incomprensioni. Tom Cullen (Downton Abbey,Knightfall) debutta alla regia con un film intimo, giocato su una scrittura accurata e su due attori di notevole sensibilità. Un film sulle difficoltà della vita di coppia, costruito per frammenti, dove emozioni e sussulti tornano sempre allo stato di grazia di quel primo incontro.

PRÉLUDE di Sabrina Sarabi (Germania, 2019, DCP, 95’)
Un giovane pianista, un prestigioso conservatorio, la sacralità delle prove e dello studio, la dedizione assoluta –quasi mistica –verso la musica, il rigore algido degli insegnanti. Il sogno di vincere una borsa di studio per la mitica Juilliard School si scontra con l’apparizione di una ragazza che scuote il fragile equilibrio di David. Erede della tradizione tedesca del racconto romantico, il ritratto di un’adolescenza fatta di turbamenti e tempeste, pulsioni e passioni.

RAF di Harry Cepka (Canada/USA, 2019, DCP, 91’)
Raf vive in un seminterrato a Vancouver, è strampalata e spiantata, si lascia trasportare quasi inerte dalla corrente della vita. Poi incontra Tal: che non è solo ricca, ma energica e determinata, e la vita sembra tenerla saldamente in pugno. Scritto e diretto dall’esordiente Harry Cepka, rielabora in modo eccentrico i canoni dell’indie weird, con un’originalità e un’energia innovative. La protagonista Grace Glowicki sembra contenere nel suo corpo d’attrice Greta Gerwig, Buster Keaton e Denis Lavant.

LE RÊVE DE NOURAdi Hinde Boujemaa (Tunisia/Francia/Qatar, 2019, DCP, 90’)
Noura ha tre figli, un marito in carcere e un amante del quale è follemente innamorata. Vorrebbe il divorzio ma quando il marito viene scarcerato anzitempo la donna è costretta a riprenderlo in casa per non essere perseguita come adultera dalla dura legge tunisina. Una potente opera seconda, il ritratto di una donna forte e passionale che la regista accompagna nel suo difficile percorso di emancipazione in una società profondamente repressiva.

WET SEASONdi Anthony Chen (Singapore/Taiwan, 2019, DCP, 103’)
Una giovane insegnante di cinese in un liceo di Singapore stringe un rapporto di amicizia con uno studente, l’unico interessato alla sua materia. La professoressa sentela mancanza di un figlio: invano, da otto anni, tenta di rimanere incinta e ormai tenerezza e complicità matrimoniali sono impallidite. L’opera seconda di Anthony Chen (Camera d’Or 2013 con Ilo Ilo) osserva con pudore i personaggi, ne accompagna le emozioni e lo sforzo di liberarsi dalla solitudine, nella stagione dei monsoni.

Questo, infine, lo spot realizzato dalla Rai per il TFF37

https://www.facebook.com/torinofilmfestival/videos/781208918995990/

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