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Cultura

Zero Mancante, intervista con Luca Serra

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Avevamo conosciuto Luca Serra con il suo precedente romanzo e lo ritroviamo ora con un gran bel thriller che risponde al titolo di Zero mancante. Siamo a Torino e sul finire degli anni ’80 la band Zero ha un buon successo di pubblico, riesce a portare un video su Videomusic e un tour in giro per l’Italia. Poi il gruppo si scioglie misteriosamente (ma come capita a tanti gruppi).

Trent’anni dopo gli Zero tornano a suonare, ma senza Ermes, il bassista originario, che gli altri tre non sono più riusciti a rintracciare, sostituito dal bravo Matteo. Tutto sembra funzionare bene ma dopo un concerto il cantante Barabba scompare nel nulla. E’ proprio Matteo a cercare di rintracciarlo indagando sulla sua scomparsa e su fatti risalenti proprio a trent’anni prima che coinvolgono i membri della band e non solo loro. Trovate la recensione completa del romanzo qui.

Luca Serra ha risposto alle mie domande.

Dieci anni tra il primo e il secondo romanzo e poi subito arriva Zero Mancante. Era nascosto in un cassetto o è una storia nuova?

Mi piace pensare che l’anomalia non sia la velocità con cui ho scritto il terzo, quando la lentezza del secondo, il quale è stato condizionato da diversi contrattempi.

In primo luogo dal fatto di aver cominciato a scrivere troppo presto, quando la trama era solo abbozzata e non avevo sviluppato alcuni aspetti, il che è insidiosissimo sempre e a maggior ragione quando scrivi un giallo.

Avevo però una voglia matta di rimettermi a scrivere, avevo una storia in testa e sono partito, ma con gli stessi presupposti di un muratore che comincia a tirare su una casa senza avere un progetto: prima o poi troverà un intoppo, si tratta solo di capire quando. E difatti circa a metà libro, precisamente al capitolo 18, mi sono reso conto che la storia non stava in piedi ed erano necessarie delle modifiche. Ma quando hai già scritto 18 capitoli diventa difficile cambiare la storia senza demolire troppo (e poi a quel punto ti spiace anche cancellare pagine e pagine di lavoro), e questo mi aveva provocato una stasi di circa un anno.

In questo caso, invece, ho voluto essere rigoroso: ho iniziato a scrivere solo quando avevo molto ben chiaro l’intreccio, le biografie dei personaggi e tutto quanto avrei trasposto su carta, e questo mi ha permesso di andare dritto senza dover riscrivere quasi niente.

Qualche modifica post produzione ovviamente ho dovuto apportarla, è questi fisiologico in ogni libro, ma poca roba rispetto al passato, e comunque a libro già concluso.

Ho trovato il romanzo coinvolgente e perfettamente strutturato. Come hai costruito l’intreccio?

Intanto ti ringrazio, mi fa molto piacere. Qui mi riallaccio a quanto dicevo poco sopra: per prima cosa ho immaginato l’antefatto, il “cosa è successo”, poi ho deciso come raccontarlo. Sembra poco, ma in un giallo (ma non solo in un giallo) è fondamentale.

Senza spoilerare, l’idea dalla quale ho poi ricostruito tutta la storia è proprio quanto capita nel primo capitolo: la band si ritrova in albergo il mattino dopo aver suonato un concerto e si rende conto che il cantante non è rientrato la sera prima. In principio tutti sottovalutano la cosa, pensando anzi che abbia passato una notte piacevole con qualche donna, ma quando l’assenza continua a perdurare e non riescono a contattarlo in alcuna maniera cominciano a sospettare che possa essere successo qualcosa di grave. Di qui in poi si sviluppa la storia.

Tocchi vari temi sia nella traccia principale che in quelle secondarie. Hai dovuto approfondire molti aspetti che magari conoscevi poco per rendere tutto credibile?

La partenza per me è stata la musica: volevo raccontare di quel mondo, fatto di sale prove, di concerti in locali piccoli e poco attrezzati, di pizze mangiate alle undici di sera dopo aver suonato con gli amici. E’ un mondo che ho bazzicato per qualche anno, pur con scarso successo, e da quella esperienza ho attinto nel raccontare le vicende del protagonista e della band in cui suona.

Con la stessa logica ho individuato l’attività del protagonista: pur non avendo mai svolto l’attività di agente immobiliare, è una professione con cui sono entrato in contatto quando mi occupavo di mutui e ho familiarità con parecchie dinamiche di quel mestiere.

Poi nel libro non si parla solo di quello, e per altri aspetti ho preferito rivolgermi a chi ne sapeva più di me, in particolar modo per tutto quello che concerne il mondo dell’assistenza sociale e della tossicodipendenza. Per fortuna nella mia ramificazione di conoscenze ci sono persone che lavorano in quell’ambito e che si sono prestate a darmi le indicazioni necessarie per far sì che la storia fosse verosimile.

Poi è chiaro che è umanamente impossibile verificare tutti gli argomenti che un romanzo tocca e per certi versi non avrebbe nessuna utilità – il software di monitoraggio telecamere è del tutto inventato, ad esempio, ma non avrebbe aggiunto nulla utilizzarne uno autentico e mi avrebbe solo fatto perdere tempo – ma nel limite del fattibile preferisco sempre confrontarmi con chi ha più familiarità di me con certe situazioni.

Non è un caso che negli ultimi due romanzi sia ricorso all’ausilio di un avvocato per rendere sensate le vicende legali, quelle era importante che fossero rigorose.

Come nel precedente romanzo hai voluto punteggiare i capitoli con dei brani musicali, che sono effettivamente disponibili già in compilation online. Vuol dire che l’idea aveva funzionato?

Tanti avevano apprezzato l’idea e per questo motivo ho deciso di utilizzarla nuovamente, a maggior ragione visto che il nuovo libro parla di musica e mi sembrava particolarmente calzante dargli una colonna sonora.

Ti dirò di più: nella prima stesura ogni capitolo era caratterizzato non solo dal titolo di un brano, ma anche da un estratto della canzone che in qualche maniera aveva un’attinenza con quanto raccontato. Poi qualcuno mi ha fatto notare che avrei potuto avere dei problemi di diritti di autore e così, pur a malincuore, ho dovuto rinunciare alle citazioni più estese e limitarmi ai soli titoli.

Prometto però che se mai diventerò ricco con la scrittura e potrò permettermi di pagare i diritti di autore ne farò uscire una nuova versione con le citazioni estese!

Tutto parte dalla viva scena musicale torinese di fine anni ’80. Cosa ricordi di quegli anni a Torino?

Io sono del 1971, di conseguenza quegli anni e quella musica hanno connotato la mia adolescenza e probabilmente hanno rivestito un ruolo fondamentale nella formazione dei miei gusti.

Erano anni molti vitali e mi rincresce solo di essere stato un tantino troppo giovane per potermeli godere appieno. Era il periodo del CSA Murazzi, di El Paso, dell’Hiroshima Mon Amour nella sua vecchia sede in San Salvario; ogni sera potevi andare a vedere qualcuno che suonava, e quel qualcuno era gente del calibro dei Negazione, i Truzzi Broders, Party Kidz, Persiana Jones, Statuto, Franti e tanti altri che ora non ricordo.

Poco dopo sarebbero arrivati i Subsonica, gli Amici di Roland, i Linea 77, i Mau Mau: tutto sommato la sorte mi ha riservato di vivere – da quel punto di vista – nella città giusta quasi nel momento giusto.

Dico quasi perché ho preso la patente nel 1991 (lo so, avrei potuto prenderla prima), e giocoforza negli anni Ottanta dovetti rinunciare a tanti eventi quando non erano raggiungibili con i mezzi pubblici o quando non trovavo un amico più vecchio già patentato disposto ad accompagnarmi.

Purtroppo questa atmosfera è in gran parte scemata, ma per fortuna in città ci sono ancora locali in cui è possibile ascoltare buona musica, come il Magazzino di Gilgamesh (in cui ho anche ambientato un capitolo del mio romanzo) o lo Spazio 211

La mia domanda più classica: immagina una trasposizione cinematografica del romanzo, quali attori vorresti interpretassero i tuoi personaggi?

E’ un giochino che mi piace molto e a cui mi presto volentieri.

Il ruolo del protagonista lo darei a Alessandro Tiberi; il suo amico Corrado lo farei interpretare a Stefano Fresi e per Barabba vedrei bene Lillo (di Lillo e Greg).

Per Edoardo ti segnalo una combinazione curiosa: fin dal primo momento in cui l’ho concepito, l’ho immaginato con le fattezze di Gianmarco Tognazzi, e a questo punto lo farei interpretare a lui; Roxana la affiderei a Elizabeth Debicki, forse non famosissima per il cinema italiano ma – lo apprendo ora mentre ne parlo – scelta nel 2019 da Giuseppe Capotondi per “The Burnt Orange Heresy”.

Per Ermes ho in mente un non attore, e cioè Giovanni Lindo Ferretti, voce storica dei CCP e CSI, per Anastasia vedrei bene Micaela Ramazzotti.

Mi rendo conto di aver allestito un cast milionario e molto eterogeneo, ma il bello del gioco è anche far viaggiare la fantasia, e può essere di aiuto a chi non ha ancora letto il libro per dare dei volti ai personaggi.

Hai già un nuovo romanzo in lavorazione?

No, non ne ho uno: ne ho due!

Di uno ho già pronti i personaggi, la trama e l’ambientazione; mi manca solo un dettaglio (però importante), e memore delle esperienze passate non voglio mettermi a scrivere prima di avere il quadro completo.

In questi casi la maniera migliore per risolvere questo tipo di impasse è metterlo da parte e passare ad altro, e cosi facendo ne ho pensato uno nuovo, questa volta ambientato nel mondo del calcio professionistico.

Doveva essere una semplice distrazione, un passatempo per sgomberare la mente, ma la storia mi si è disegnata così bene e così velocemente che ho iniziato a scriverlo subito: ieri sera approcciavo l’undicesimo capitolo, e salvo intoppi prevedo di terminarlo con la stessa tempistica di Zero Mancante.

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