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Cronaca

Post contro i rom, assessora leghista di Ivrea di nuovo a giudizio. Cassazione: “denigrano l’etnia”

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In un post del 2018, poco prima di essere eletta Assessora alle politiche sociali di Ivrea, la leghista 34enne Giorgia Povolo aveva scritto: “Zingari di merda, zecche e parassiti capaci di spolpare tutto, connazionali criminali che andrebbero usati come esche con i piranha, mi auguro che cercando di rubare qualcos’altro una tagliola possa mozzarvi le mani”.

Le polemiche in seguito, l’hanno obbligata a giustificare le sue parole con la rabbia per il furto subito dal fidanzato. Ma non passa molto tempo che Povolo, per la Giornata internazionale dei Rom, Sinti e Camminanti, ribadisce le sue idee: “Festeggiamo un popolo che proprio come dice la parola “nomade” dovrebbe muoversi continuamente, il vero risultato è che le zecche stanziano in campi abusivi dalla giovane età alla vecchiaia, vergogna”.

Entrambi i post non sono stati rimossi, nonostante la querela dell’Asgi, l’associazione studi giuridici sull’immigrazione, per comportamento discriminatorio. Povolo, assistita dall’avvocato Celere Spaziante, era stata assolta in entrambi i processi di primo e secondo grado, in particolare perché la Corte d’Appello di Torino aveva giudicato il primo post uno “sfogo” contro chi delinque e non un’offesa alla dignità dell’etnia.

La Corte di Cassazione però non è d’accordo e chiede un secondo processo d’Appello rigettando le motivazioni dei giudici di secondo grado. “La sentenza  – secondo la corte suprema –  non spiega perché la prolungata invettiva, oggettivamente offensiva, non sarebbe rivolta contro i rom” definiti dall’assessora “zingari, indicandoli come categoria dedita alla delinquenza, ritenuta responsabile dell’illecito ai danni del suo fidanzato e per questo meritevole degli insulti più sguaiati”.

Inoltre, “l’offesa alla dignità del gruppo etnico (se accompagnata dalla potenziale idoneità a diffondere un clima ostile) è rilevante nella sua portata contenutistico-espansiva. La sentenza travisa, sottovalutandole, le ragioni della tutela antidiscriminatoria, là dove afferma che non sarebbe denigrata l’etnia in quanto tale, ma solo i suoi componenti che tengono comportamenti illeciti. La denigrazione, la molestia lesiva della dignità della persona, che le norme comunitarie e nazionali vogliono evitare, non coincide solo con comportamenti razzisti, di disprezzo verso l’appartenenza a un’etnia, ma comprende anche le ipotesi in cui si ipotizzi che tutti gli appartenenti a una determinata etnia siano più inclini a commettere reati o a tenere altri comportamenti con disvalore sociale”.

 

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