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Cultura

Svegliatevi bambine, c’è la neve!, intervista con Raffaella Grisotto

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Il rapporto difficile, contrastato, sempre sul filo della tensione tra una donna e sua madre. Questo è Svegliatevi bambine, c’è la neve!, il libro che Raffaella Grisotto ha pubblicato per Neos Edizioni.

Alba, la protagonista di questa storia, è a mio modo di vedere una donna libera, la cui storia ci porta da Trana a Torino, da Ceriale a Londra per poi tornare a Torino. Siamo di fronte ad un libro difficile, che ancor più difficile deve essere stato scrivere per l’autrice. Trovate la recensione completa del libro qui ed è decisamente interessante vedere cosa ha da raccontarci l’autrice.

Raffaella Grisotto, non deve essere stato per nulla semplice scrivere questo libro. Sbaglio se penso che è un tentativo di esorcizzare il rapporto tra te e tua madre?

Sì, sbagli, ma visto che è una cosa che mi si chiede sovente cercherò di spiegarla bene. Non c’è nulla da esorcizzare, perché lei non è un diavolo e io non sono un prete. Lei non è la mamma cattiva, io non sono la figlia che deve superare dei traumi e per questo scrive un romanzo. Assolutamente no. Lei è una donna complessa e contraddittoria, un essere intellettualmente interessante e poetico, e ho deciso di scriverci un libro. Se sapessi dipingere ci avrei fatto un quadro. Anzi, è l’idea del quadro la prima che mi è venuta, ma appunto non so dipingere. Il rapporto fra me e mia mamma è stato ed è molto intenso, sia nelle cose belle che in quelle dolorose. In entrambi i momenti, si tratta di qualcosa di grande. Quindi, ho avuto il desiderio di metterlo in parole, di descriverlo. Nel momento in cui ho preso questa decisione molti aspetti del rapporto erano già stati integrati dentro di me, e le vie che ho percorso sono state numerose: l’analisi, certo, ma anche, forse soprattutto, uno sguardo rotondo e che parte dal centro delle cose; ho provato a cogliere l’essenza. Conquistato quel tipo di sguardo, il resto è arrivato. Il libro non è un’analisi, è una descrizione. Non è stato “difficile” scriverlo, non nel senso che intendi. Anzi, non è stato difficile in nessun senso. È stato un viaggio durato anni, perché ho cercato la forma giusta, la forma che toccasse la cosa: le parole giuste, la coincidenza. Ci sono voluti anni e una grande concentrazione, ma è avvenuto in modo naturale; senza fatica, mi viene da dire.

Quella che viene fuori è la vita di una donna piena di contrasti ma fortemente libera. Che donna è tua madre Alba?

Sì, è piena di contrasti. Conosce poco gli schemi e i ruoli e non è affatto una donna libera. Difficile dire cosa sia la libertà. Quando si è liberi? Siamo condizionati dai noi stessi, ognuno di noi lo è. Forse, se si impara a conoscersi, si è un po’ meno condizionati e un po’ più liberi, non so. Forse invece, più che conoscersi è bene dimenticarsi di sé, non prendersi troppo sul serio. Mia mamma non si conosce e non si dimentica mai di sé. Quando penso alla libertà mi viene in mente un verso di De André: “In un vortice di polvere / gli altri vedevan siccità / A me ricordava / la gonna di Jenny / in un ballo di tanti anni fa”. Sicuramente nei vortici di polvere lei vede le gonne di Jenny: in questo senso, è libera.

Trana, Torino, Ceriale, Londra, questo libro è anche un viaggio fisico sulle tracce di una personalità particolare. Qual è la città che più rappresenta Alba?

Torino senza dubbio. Alba non è una donna di natura: la natura la annoia, non le interessa. Non sa nuotare, non sa andare in bicicletta, odia camminare. La sua dimensione è una città, in cui lei sta seduta in un bar a bere un caffè e a fumare una sigaretta, e osserva e chiacchiera con le persone. A Trana ci è andata un po’ per caso, un po’ per suggestione; era stanca del lavoro a Torino (aveva una profumeria), e ha pensato di andare ad abitare in una villa in collina. Restava incantata dalla neve che cadeva, ma durava poco; quella stessa neve dopo un po’ l’ha odiata. Ha odiato la neve, il freddo, il silenzio e soprattutto la solitudine. Ceriale è stato un modo per fuggire da Trana, trovarono uno stabilimento balneare. Ma furono anni dominati dalla fatica e dal lavoro, lei non stava bene. A Londra ci è arrivata per caso, seguendo un amore. Per qualche mese ha amato quella città: la gente stravagante, i mercati, la ruota, il Big Ben. Però faceva troppo freddo, troppo buio, troppa pioggia. A Londra è stata davvero molto felice e molto infelice.

Mi sembra che il libro viaggi sempre sul filo tra affetto e rivalsa. Quali sono i sentimenti che prevalgono oggi?

Nel libro non c’è rivalsa. C’è la descrizione di una sofferenza. Sono le cose ad essere dure e il linguaggio, che deve descriverle, è duro anch’esso. Duro, ma senza rivalsa, senza giudizio, senza recriminazioni. Così come nelle parti piene d’affetto non c’è compiacimento. Se per “sentimenti” intendi i sentimenti verso di lei sono sempre gli stessi, la pubblicazione non ha cambiato le cose. Se invece intendi quali sono i miei sentimenti verso il libro ora prevale la curiosità per il giudizio di chi lo sta leggendo per la piega che stanno prendendo le varie presentazioni.

Il tuo rapporto con Alba è il fulcro del libro. Qual è invece il rapporto di tua madre con le persone che le stanno vicino in questa storia?

Molti dei personaggi raccontati nel romanzo appartengono alla sua infanzia o alla sua giovinezza, e ora non ci sono più. Altri personaggi sono stati incontri significativi, ma non duraturi. Con qualcuno c’è stata una chiusura, e con altri c’è invece ancora affetto o amicizia.

Torno in qualche modo alla domanda iniziale: quanto tempo hai impiegato a scrivere il libro, quante volte lo hai modificato?

Da quando mi è venuto in mente di scriverlo sono passati dieci anni. In questi dieci anni l’ho pensato, me lo sono fatto girare nella testa a lungo. Poi, ho cominciato a farmi raccontare delle cose da lei, fasi della sua vita che io non conoscevo. Contemporaneamente ho raccolto i miei ricordi, li ho distesi e approfonditi. Credo di aver fatto almeno quattro revisioni. Scrivendo, capivo delle cose sullo stile, facevo delle scelte. Quindi riprendevo le parti già scritte per migliorarle.

L’ultima domanda non è facile. Quanta parte di Alba c’è nella Raffaella di oggi?

Mi piace molto questa domanda. Con gli anni mi sono sia distanziata sia avvicinata a lei. Distanziata nel senso di una differenziazione: ho cominciato a capire cos’era mio e cos’era suo. Prima, amavo quel che lei amava e odiavo quel che lei odiava. Differenziarmi è stata una bellissima scoperta: tutte le volte che mi capitava di capire che una cosa non era davvero mia ma sua, sentivo uno stacco, quasi della carne, che mi stupiva. Le conseguenze di questa differenziazione sono state numerose: ho riallacciato rapporti, ho conosciuto un mondo più diurno. Parallelamente alla differenziazione, c’è stato un avvicinamento: accostarsi intimamente al suo modo di sentire il mondo e se stessa.

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