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Difendersi dalle molestie per strada attraverso un gruppo Whatsapp: due studentesse UniTo creano una rete di mutuo sostegno per tutte le torinesi

La chat è aperta a sole donne e in pochi giorni ha accolto 200 persone. “L’obiettivo è darsi consigli su come percorrere Torino, specie di sera e nei luoghi pericolosi”

Sandro Marotta

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TORINO – Un gruppo Whatsapp composto da sole donne per aiutarsi reciprocamente in caso di aggressioni e molestie: questo è il nuovo strumento messo in piedi da due studentesse dell’Università di Torino dopo che una di loro ha subito l’ennesimo commento sessista, camminando per la città.

L’obiettivo

“L’obiettivo – spiega a Quotidiano Piemontese Sara, una delle due amministratrici del gruppo “Women:stay with me” – è darsi consigli su come percorrere la città, specialmente di sera e nei luoghi pericolosi. Sono informazioni molto pratiche, ad esempio se esco alle undici di sera da un bar e voglio sapere se c’è una strada più sicura o illuminata per tornare a casa, posso chiederlo; oppure se c’è qualche linea di pullman meno sicura di altre da percorrere insieme ad altre persone”.
Sapere dove e come muoversi nei vari quartieri di Torino può essere un’informazione utile soprattutto per le studentesse fuorisede o straniere, che potrebbero avere poca confidenza con la città.

“Un altro obiettivo – continua Sara – è divulgare le varie iniziative di protezione contro la violenza di genere che riguardano il territorio torinese. Ad esempio lo sportello antiviolenza dell’Università di Torino: molti non ne sono a conoscenza, ma è aperto a tutta la cittadinanza”. Si tratta di uno dei centri coordinati dalla onlus E.M.M.A.

Senza uomini, perché?

Il gruppo è aperto a tutte le donne e le ragazze, senza distinzione di residenza. “Quella di escludere gli uomini è stata una scelta quasi obbligata, perché ci siamo rese conto che spesso, in questo tipo di gruppi, si infiltrano molti individui che sfruttano la lista di contatti per poi scrivere loro in privato, usando spesso toni inopportuni. Molti ragazzi ci hanno contestato per questa scelta, perché non capiscono che non si tratta di discriminazione, ma di un’iniziativa di aiuto da donna a donna. La natura del progetto è questa.”

In pochi giorni si sono iscritte alla chat comune 200 persone: la maggior parte sono universitarie, ma hanno aderito anche studentesse delle scuole superiori e alcune professoresse. “L’idea è quella di aprirlo a tutta la società civile torinese e non solo, aiutando quante più donne possibile”.

Dove non arrivano le forze dell’ordine

Come spiega Sara, il gruppo non può e non vuole sostituirsi a polizia e carabinieri. Tuttavia ci sono delle situazioni in cui la protezione offerta dallo Stato non è efficace: “quando subiamo un episodio di violenza e contattiamo la polizia, spesso i tempi di risposta e di azione sono lunghi, troppo lunghi. Una chiamata Whatsapp o un audio sono sicuramente più veloci, più efficaci e possono anche prevenire un’aggressione. Certo, in casi gravi, avere un’amica vicino o fare una telefonata possono non bastare e lì l’unica possibile sono le forze dell’ordine.”

“Abbiamo bisogno di spazi più sicuri intorno all’università”

Il Campus Einaudi, dove studiano le due creatrici del gruppo, si trova nel quartiere Vanchiglietta, molto vicino a corso Regina Margherita, ad Aurora e a Barriera di Milano.

Secondo Sara, chi esce dalle ultime lezioni della giornata (alle 20) non si sente al sicuro a camminare per strada. “Di sera, specie in corso Regina e vicino ai parchi, ci sono molti angoli bui, strade senza illuminazione e senza negozi aperti. Ci vorrebbero spazi più sicuri, magari con una rete di punti viola”.

I “punti viola” sono degli esercizi commerciali che offrono la propria disponibilità ad ospitare le donne in condizioni di emergenza per via di aggressioni o molestie. Si tratta di un’iniziativa lanciata da “DonneXStrada” che al momento ha ottenuto l’adesione di circa 100 esercenti in tutta Italia; a Torino ce ne sono circa 20, ma vicino al Campus solo uno, ovvero l’Off Topic.

“Servirebbe davvero molta più cultura dell’aiuto reciproco tra donne – conclude Sara – il gruppo è nato anche per questo: far vedere che un problema grande come quello della violenza di genere può essere affrontato in un altro modo rispetto alle proteste e alle accuse, pur necessarie. Crediamo che darsi una mano a vicenda, anche con un piccolo gesto e senza girarsi dall’altra parte, possa fare la differenza”.

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