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Cronaca

Orrore domestico a Torino: donna ridotta in schiavitù e maltrattata dalla sua badante

Un racconto di abusi e violenze emerso dall’inchiesta della Corte d’Assise di Torino, portato alla luce grazie all’intervento del tutore della vittima

Caterina Malanetto

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TORINO – Le notti gelide passate sul balcone senza una coperta, la disperata ricerca di cibo tra i bidoni dell’immondizia per placare la fame, le minacce di morte e di violenza che sembravano non avere fine: questa era la crudelissima realtà per una donna di 55 anni, afflitta da disturbi mentali, costretta dalla sua stessa badante a cinque interminabili anni di abusi. Questo orrore è ora al vaglio dei giudici della Corte d’Assise di Torino presieduta da Alessandra Salvadori, grazie all’inchiesta guidata dal pubblico ministero Antonella Barbera.

Tre individui sono imputati: Michela G., 45 anni, suo marito Maurilio G., 43 anni, e la suocera di quest’ultimo, Benedetta G., 68 anni. A tutti e tre viene contestato il reato di riduzione in schiavitù, mentre Michela è accusata anche di lesioni e appropriazione indebita per essersi appropriata di circa 300 euro al mese destinati all’assistenza della vittima.

Gli abusi

Tutto ha inizio nel 2016, quando il padre della donna muore, lasciandola sola e bisognosa di assistenza. Michela, ex badante della famiglia, avrebbe dovuto prendersi cura di lei, ma invece la trasforma in una prigioniera della sua stessa casa.

Le mansioni domestiche estenuanti, protratte fino a tarda notte, sono solo la punta dell’iceberg di un inferno quotidiano. La donna è costretta a dormire sul pavimento gelido del corridoio o addirittura sul balcone, privata di una coperta per difendersi dal freddo. I pasti sono scarsi, e ogni tentativo di cercare cibo nei rifiuti viene punito con minacce e violenze. I vestiti sono stracci malconci e le umiliazioni si accompagnano a botte e insulti continui. Le ferite e i lividi sul suo corpo raccontano una storia di abusi brutali, con ferri da stiro e spranghe di ferro come armi di tortura.

La donna è privata persino dei suoi ricordi più cari: dopo la morte del padre, la badante getta via ogni traccia del suo passato, compresi cd, libri e fotografie. Anche il ricorso alla preghiera diventa motivo di terrore, con Michela che la colpisce selvaggiamente ogni volta che la sorprende in un momento di devozione.

Solo grazie all’intervento del tutore della vittima, preoccupato per la sua scomparsa, l’orrore viene alla luce e la donna viene finalmente liberata e trasferita in una struttura protetta.

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