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Mense scolastiche sempre più care: in Piemonte tra le tariffe più alte d’Italia

In Piemonte le mense scolastiche tra le più care. Al Sud pochi servizi. I dati dell’indagine di Cittadinanzattiva e le proposte per il futuro.

Gabriele Farina

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TORINO – Quanto costa un pasto scolastico in Italia? Dipende da dove vivi. Se sei una famiglia piemontese, preparati a spendere in media 99 euro al mese per la mensa dell’asilo e 96 per quella della scuola primaria. Tariffe tra le più alte del Paese, seconde solo all’Emilia-Romagna, dove si arriva a 108 euro mensili. All’estremo opposto, la Sardegna si conferma la regione più economica, con 61 euro per la scuola dell’infanzia e 64 per la primaria.

I dati arrivano dall’ottava edizione dell’indagine sulle mense scolastiche di Cittadinanzattiva, che ha analizzato i costi sostenuti da famiglie-tipo (con ISEE di 19.900 euro e reddito lordo di 44.200) in tutti i capoluoghi di provincia, esclusi Trento e Bolzano. I risultati confermano un lieve aumento delle tariffe (+1% circa), ma con significative differenze territoriali: in Sicilia si registra un balzo del +13% per l’infanzia e oltre l’8% per la primaria; in Basilicata, al contrario, i costi sono in calo del 6%.

Torino è la città più cara per i pasti all’asilo

Guardando ai singoli capoluoghi, il primato negativo spetta a Torino, dove una famiglia spende ben 6,60 euro per ogni pasto alla scuola dell’infanzia. Per la primaria, il podio va ex aequo a Livorno e Trapani, con 6,40 euro a pasto. All’altro capo della classifica, Barletta brilla per economicità: appena 2 euro a pasto per entrambi i cicli scolastici. Una buona notizia arriva da Roma, che si conferma tra le metropoli più accessibili con 2,60 euro a pasto.

Mense scolastiche: un lusso al Sud

Oltre ai costi, a preoccupare è l’accesso al servizio: nel Mezzogiorno solo il 22% degli edifici scolastici dispone di una mensa, contro oltre il 40% nelle regioni del Centro-Nord. In Campania la percentuale scende al 15,6%, in Sicilia addirittura al 13,7%. In cima alla classifica delle regioni più attrezzate c’è la Valle d’Aosta (72%), seguita da Piemonte (62,4%), Toscana (59,6%) e Liguria (59,1%).

Il PNRR non colma il divario

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza aveva promesso di sanare almeno in parte questa frattura. Eppure, dei 961 interventi finanziati per nuove mense scolastiche o la ristrutturazione di quelle esistenti, solo il 50,88% riguarda il Sud e le Isole. In termini di risorse economiche, poi, la quota destinata al Mezzogiorno si ferma al 37%, contro il 48,6% del Nord. Più della metà degli interventi complessivi (516) prevede la costruzione di nuove mense, ma solo il 44% si realizzerà nel Sud e nelle Isole.

Le proposte di Cittadinanzattiva: “La mensa sia un diritto”

Di fronte a queste disuguaglianze, Cittadinanzattiva lancia un appello alle istituzioni. Le mense scolastiche devono essere riconosciute come un servizio pubblico essenziale, al pari del trasporto scolastico o dell’accesso ai libri di testo. Tra le proposte, un tavolo permanente nazionale per affrontare le questioni più urgenti: disponibilità di alimenti biologici, trasparenza della filiera, ruolo delle Commissioni Mensa, revisione delle tariffe e degli appalti, educazione alimentare e lotta allo spreco.

Sul fronte economico, l’associazione chiede di rendere strutturale e più consistente il fondo contro la povertà alimentare nelle scuole, previsto dall’ultima legge di bilancio ma ancora privo del decreto attuativo per la ripartizione delle risorse. E propone infine un piano quinquennale post-PNRR per garantire il tempo pieno almeno nella scuola primaria, partendo proprio dalle aree più svantaggiate del Paese.

La mensa come strumento di uguaglianza

“La mensa scolastica non è solo un pasto, ma uno strumento fondamentale di inclusione, salute e apprendimento – sottolinea Cittadinanzattiva –. Escludere un bambino perché la famiglia non può pagare significa compromettere il suo diritto all’istruzione e alla dignità.” In un Paese che fatica a ridurre le disuguaglianze, l’accesso al cibo sano e alla socialità quotidiana della mensa può fare la differenza. A condizione che sia davvero per tutti.

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