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Cultura

Sottodiciotto Film Festival e Campus a tempo di Hip Hop

Redazione Quotidiano Piemontese

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Sarà l’hip hop la linea guida dell’intero Sottodiciotto Film Festival & Campus 2018. Un genere musicale che racchiude arte, cultura, politica, analizzato e affrontato da ogni punto di vista fino a creare un programma coerente e variegato. Il direttore Steve Della Casa (che ha annunciato un condiviso e graduale passaggio di testimone con le nuove generazioni) ha presentato un programma ampio che vi raccontiamo nel dettaglio nel seguito dell’articolo.

Sottodiciotto Film Festival & Campus, organizzato da Aiace Torino e da Città di Torino (Direzione Cultura Educazione e Gioventù e ITER – Istituzione Torinese per un’Educazione Responsabile), giunge alla 19a edizione, che si svolgerà a Torino dal 16 al 23 marzo.

Dedicato espressamente ai più giovani, ma rivolto, in una prospettiva di dialogo intergenerazionale, agli spettatori di ogni età, il Festival diretto da Steve Della Casa prosegue lungo il percorso intrapreso nelle più recenti edizioni, caratterizzate da progressivi ampliamenti strutturali e di contenuti. L’estensione del pubblico di riferimento, che da due anni ingloba, oltre alle tradizionali fasce anagrafiche dell’istruzione primaria e secondaria, anche gli studenti delle Università, si rispecchia in una molteplicità di proposte differenziate per temi ed età. Anche l’edizione 2018, infatti, si declina – attraverso anteprime, titoli inediti, film d’animazione per piccoli e grandi, programmi speciali, focus di approfondimento, eventi live – sul cinema “giovane”, di oggi come di ieri, e sulle sue connessioni e contaminazioni con altri linguaggi, diventate nel tempo sempre più profonde e vitali. Musica, danza, grafica, fotografia, video si intersecano quindi con le proiezioni in sala in un cartellone estremamente variegato e in una panoramica della cultura giovanile attenta ai cambiamenti e alle ibridazioni che l’era digitale e la diffusione dei new media hanno indotto nelle potenzialità espressive, nelle modalità di produzione e fruizione sia del cinema, sia di altre forme artistiche, da parte delle nuove generazioni.
Realizzato con il contributo di Regione Piemonte, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Lux Film Prize, Parlamento europeo – Ufficio informazione di Milano e con il sostegno del Mibact – Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Festival si avvale della collaborazione di un grande numero di partner, quest’anno più che mai ampio in virtù della grande varietà del cartellone, segno della costante ricerca di sinergie con enti e istituzioni locali e nazionali perseguita dalla manifestazione.
Le proiezioni e gli eventi del Festival saranno anche quest’anno diffusi in più sedi e ospitati in una pluralità di sale cinematografiche (principalmente il Cinema Massimo) e di luoghi di spettacolo e cultura cittadini.

Qui trovate il programma per quanto riguarda tutto quello che è dedicato alle scuole.

Molto ampia, come tradizione del Festival, la sezione riservata all’animazione, curata da Eugenia Gaglianone e Andrea Pagliardi, che contempla proiezioni adatte al pubblico più giovane e agli appassionati di ogni età, proponendo anteprime, film inediti, nuovi episodi e avventure dei personaggi più amati da spettatori grandi e piccoli. Tra gli appuntamenti di rilievo, “Conversazioni animate – Bozzetto & Bronzit” rappresenta un’occasione unica per assistere a un confronto dal vivo tra due grandi maestri dell’animazione internazionale, che ben conoscono le rispettive opere. I due autori sono infatti legati da una lunga amicizia, nata dall’ammirazione profonda che il più giovane regista pietroburghese, classe 1965, nutre per il collega milanese e per i suoi film, approdati con grande successo in URSS negli anni Ottanta. Dopo la visione folgorante di Una vita in scatola, Konstantin Bronzit ha sempre inserito Bruno Bozzetto nel novero dei suoi riconosciuti maestri; il “papà” del signor Rossi, dal canto suo, ha sempre seguito con attenzione il percorso creativo del suo versatile “allievo”, due volte candidato all’Oscar, nel 2016 proprio con un acclamato cortometraggio che celebra il valore dell’amicizia, We Can’t Live Without Cosmos. Riuniti nuovamente dal Festival, i due autori si confronteranno sul loro lavoro a partire da una selezione di tre titoli scelti da ciascuno all’interno della filmografia dell’altro, condividendo con il pubblico segreti e curiosità del “mestiere” e delle loro carriere. L’appuntamento, primo in assoluto nel panorama italiano e internazionale, offrirà lo spunto per esaminare le differenze di tecnica e di scuola, le ragioni di una reciproca stima professionale e le palesi affinità artistiche che intercorrono tra le opere dei due registi: l’essenzialità del tratto, la semplicità e l’immediatezza dello stile unite alla capacità di cogliere nel profondo i paradossi e i sentimenti umani restituendoli con delicata ironia e, quando necessario, con satira pungente.
In parallelo, il Festival festeggerà i cinquant’anni di uno dei film più noti diretti da Bruno Bozzetto, Vip, mio fratello superuomo. Parodia del mondo dei supereroi, assurto a emblema di una società di massa sempre più appiattita dal consumismo e trasformato in scenario per le avventure dei due fratelli dai poteri diametralmente opposti, il film, adatto per la semplicità del tratto e della storia anche al pubblico dei più piccoli, sarà presentato in sala dallo stesso regista.

HIP HOP DROPS. L’edizione di quest’anno dedica una particolare attenzione al movimento artistico e culturale contemporaneo che forse più di ogni altro ha influenzato, e continua a influenzare a ogni passaggio generazionale, i giovani dagli anni Settanta a oggi. Fenomeno globale che nei decenni dagli Stati Uniti ha raggiunto ogni angolo del mondo, subendo molteplici ibridazioni e dimostrandosi in grado di superare ogni barriera etnica, sociale, linguistica, l’hip hop ha favorito un melting pot culturale e artistico di dimensioni planetarie, a tutt’oggi in continua evoluzione. Sempre più diffuse e praticate, le quattro discipline che ne costituiscono l’articolazione storica – il writing, il b-boying o breakdance, il djing e il rap, oggi ufficialmente il genere più ascoltato negli USA – sono una testimonianza della sua vitalità e costituiscono il fil rouge dell’iniziativa proposta dal Festival. Curato dal regista Enrico Bisi, il programma speciale si snoda, infatti, attraverso proiezioni, performance dal vivo, dj set, mostre, incontri, con l’obiettivo di esplorare – senza pretese di esaustività, ma a tutto tondo – il carattere poliedrico, multiforme, onnipervasivo di un movimento capace di espandersi in svariati ambiti, di esercitare un’influenza profonda e persistente nelle arti visive, nella musica, nella danza, nella moda.

La mostra “Martha Cooper: On the Street”. Prologo delle successive iniziative e occasione unica per accostarsi alla visualità hip hop sarà l’esposizione, a partire dal 14 marzo, delle fotografie realizzate da Martha Cooper, ospite del Festival. Articolata in tre sedi, la mostra, la più ampia mai dedicata in Italia alla storica fotografa del movimento, è concepita come un percorso che segue un’evoluzione temporale e artistica. La prima parte, allestita a CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia fino all’8 aprile, ospiterà una trentina di scatti in bianco e nero risalenti alla metà degli anni Settanta e agli esordi di carriera dell’autrice, quando, giovane fotoreporter del “New York Post”, raccontava in immagini per il giornale la Grande Mela prima dell’avvento dell’hip hop, concentrandosi sul paesaggio metropolitano e, soprattutto, sui giochi di strada dei giovanissimi. Proprio la celebre foto di He3, il writer quattordicenne grazie al quale Martha Cooper riuscì a introdursi nel mondo allora più che mai chiuso, occulto e clandestino dei graffitisti, costituisce il trait d’union con le due successive parti della mostra, visibili fino al 5 aprile. Ospitata nel Cortile del Rettorato dell’Università di Torino, la seconda sezione presenta circa 60 fotografie scattate tra la fine degli anni Settanta e nel corso degli Ottanta che, partendo dal Bronx incandescente dove writer, rapper, dj e breaker muovono i primi passi nelle rispettive discipline, si addentrano progressivamente nel vivo dell’hip hop. Le immagini si fanno sempre più spettacolari e sorprendenti di pari passo con la fiducia che Martha Cooper riesce a conquistarsi nell’ambiente inizialmente ostile: a poco a poco, infatti, i writer stessi cominciano a chiamare la “Kodak Girl” non appena finito un graffito perché immortali la loro opera prima che venga sovrascritta da qualche rivale o distrutta dai solventi della polizia metropolitana. Tra i ritratti di un mondo coloratissimo, che contrasta con uno scenario urbano di degrado e abbandono, spiccano le immagini d’epoca diventate icone della cultura urbana, come le celebri fotografie di “re” Dondi, il pioniere del writing, e gli scatti dei vagoni della metropolitana ricoperti di tag e vernice spray, in origine comparsi nel volume di Martha Cooper e Henry Chalfant Subway Art, oggi internazionalmente considerato la “Bibbia” della street art. La terza sezione, allestita nella Biblioteca del Rettorato dell’Università di Torino, propone circa 160 fotografie e oltre 1000 immagini, per lo più inedite, proiettate su megaschermo, con cui Martha Cooper ha continuato a documentare, dalla fine degli anni Ottanta a tutt’oggi, la street art in svariate parti del mondo. Una specifica sottosezione ospiterà, infine, le foto di due progetti più circoscritti dell’autrice: il primo, intitolato “Soweto/Sobeto”, racconta la vita di strada della grande area urbana di Johannesburg e del piccolo sobborgo di Baltimora, uniti non solo dai nomi assonanti, ma anche dalla difficile realtà sociale; il secondo, “B*Girlz”, è invece interamente dedicato alle gare internazionali di break dance femminile e alle loro giovanissime campionesse provenienti da ogni parte del mondo.

I film. Viaggio lungo la storia e l’evoluzione dell’hip hop, il percorso filmico proposto da Sottodiciotto & Campus rappresenta un’introduzione indispensabile per i Millennial interessati a conoscere le radici del fenomeno e, al contempo, l’opportunità di una rivisitazione storica per i “giovani” di ieri. Mirata a mettere in luce come sia il cinema d’autore, sia quello mainstream abbiano via via incorporato elementi stilistici dall’hip hop e attinto crescenti suggestioni dal movimento, la rassegna presenta una dozzina di titoli, tra documentari e lungometraggi di fiction, realizzati dagli anni Ottanta a oggi.
In concomitanza con l’inaugurazione del Festival (venerdì 16 marzo), aprirà la sezione la versione restaurata in 4k di La Haine (1995): cult da vedere e rivedere, citato nei testi di Deda, Marracash, Club Dogo, Frankie Hi-Nrg, Fabri Fibra, Lou X, il lungometraggio è ancora oggi considerato il film hip hop per eccellenza, con un Vincent Cassel in stato di grazia e Mathieu Kassowitz premiato per la miglior regia al Festival di Cannes. In arrivo dalla terra d’origine del movimento, da Oltreoceano, i successivi titoli della sezione. Tra gli altri film di fiction: Do the Right Thing (1989), il film-manifesto con cui Spike Lee scandisce le tensioni razziali nella sua Brooklyn sulle note di Fight the Power dei Public Enemy, e 8 Mile (2002) di Curtis Hanson, la storia romanzata del giovane Eminem ai suoi difficili esordi nel mondo all black dell’hip hop, che rappresenta il definitivo sdoganamento del rap bianco e centra l’Oscar proprio con Loose Yourself, prima canzone dell’ormai accreditato genere musicale a vincere l’ambita statuetta.
I documentari in cartellone raccontano l’hip hop sia ricostruendone la storia generale, sia esplorandone singoli elementi costitutivi. Scratch (2001), di Doug Pray, parte dal South Bronx degli anni Settanta e arriva alla San Francisco del Duemila focalizzandosi sul mondo del djing, sui suoi talenti che hanno cambiato il nostro modo di ascoltare e creare musica, sull’evoluzione delle tecniche: dalle pionieristiche manipolazioni dei primi DJ sul vinile, allo scratch, al beat-juggling fino al turntablism. From Mambo to Hip-Hop: A South Bronx Tale (2006), mediometraggio diretto da Henry Chalfant (il regista e fotografo collega di Martha Cooper), esplora l’altra faccia del quartiere newyorchese storicamente più problematico, concentrandosi sulle sue potenti sub-culture in grado di dare vita dal secondo dopoguerra agli anni Settanta – soprattutto durante passaggi epocali e periodi di grande crisi – a fondamentali rivoluzioni musicali. Serie documentaria inedita in Italia, The Rise of Graffiti Writing – From New York To Europe (2017) ripercorre in dieci episodi la storia del graffitismo, dalla nascita nella New York degli anni Settanta alla progressiva espansione, dal 1983 in poi, ad Amsterdam, Parigi, Londra e, a seguire, in tutto il Vecchio Continente. Planet B-Boy (2007), di Benson Lee, è un lungometraggio che si immerge nell’arte della breakdance, nella sua evoluzione da pratica di strada a forma artistica riconosciuta, soffermandosi soprattutto sulla Battle of the Year, la massima gara internazionale di b-boying in cui si sfidano giovanissimi provenienti da tutto il mondo.
In cartellone anche diversi film che risalgono agli albori dell’hip hop e documentano il fenomeno pressoché in presa diretta. Sinfonia di forme e colori accompagnata dalle note di Charles Mingus e Aretha Franklin, Stations of the Elevated (1981), di Manfred Kirchheimer, proiettato in versione restaurata in 4k, dedicato alle opere dei primi writer apparse a New York alla fine degli anni Settanta e allora considerate pure espressioni di vandalismo da eliminare prima possibile, è la documentazione unica di un effimero paesaggio urbano di cui oggi non resta altra traccia. Anche Style Wars (1983), documentario di Tony Silver prodotto da Henry Chalfant, è un viaggio nella cultura hip hop degli anni Settanta e dei primi Ottanta che si sofferma soprattutto sul writing, sui suoi pionieri (Kase2, Skeme, Dondi, Seen, Shy…) e sulla guerra all’ultima tag combattuta nella New York dell’epoca tra gli artisti di strada da una parte e il Dipartimento di polizia metropolitana e l’allora sindaco Ed Koch dall’altra.
Non potevano mancare, in cartellone, i due cult del movimento, quasi coevi. Girato nel 1983 nella New York culla del fenomeno, Wild Style, di Charlie Ahearn, è a tutt’oggi considerato il classico dell’hip hop, reso celebre dai suoi protagonisti, dalle foto di scena scattate da Martha Cooper e dalla colonna sonora destinata a diventare un punto di riferimento per l’underground statunitense. Altrettanto, Beat Street (1984), atipico musical di Stan Lathan prodotto da Harry Belafonte, è considerato il film che, attraverso le vicende dei suoi giovani protagonisti writer, dj e breaker newyorchesi, ha permesso a un’intera generazione di giovani europei di scoprire il nuovo movimento d’Oltreoceano.

La musica e gli eventi live. Ai film si affiancano in cartellone performance dal vivo e dj set che costituiscono l’indispensabile colonna sonora del programma speciale. Il parallelo cartellone musicale si aprirà, nella serata inaugurale del 16 marzo, con “Welcome 2 the Jungle”, la trasmissione radio di hip hop che ha la peculiarità di andare in onda da un locale aperto al pubblico e che per l’occasione lascerà la sua tradizionale casa romana per una diretta da Torino, nella sede di Mondo Musica, sulle frequenze di Radio Banda Larga. Curato dal rapper Danno (dei Colle Der Fomento), icona della scena hip hop nostrana sin dagli anni Novanta, e da Ceffo (del collettivo Broken Speakers), il programma avrà come special guest Dj Double S (dj ufficiale di Fabri Fibra) e, con il coinvolgimento del pubblico, si focalizzerà, tra chiacchiere e musica, sullo specifico programma del Festival e sul rapporto tra cinema e hip hop.
Per raccontare la rivoluzione espressiva, musicale ed estetica che portò, invece, il movimento hip hop a conquistare una posizione di primo piano nella cultura popolare statunitense, lo scrittore e giornalista U.Net, con la collaborazione di DJ Stile ai piatti, proporrà la performance “Louder Than a Bomb Live Set”: un esperimento musicale-letterario, un mix tra una lezione di storia e una rappresentazione teatrale, dove le parole si alterneranno alla musica per raccontare la complessità dell’esperienza nera nell’America degli anni Ottanta.
Tra gli appuntamenti live più spettacolari spicca poi in cartellone “Sottodiciotto & Campus Special Street Dance Show Battle”. Ideato appositamente per il Festival dalla pluripremiata crew di street dancer Double Struggle, l’evento vedrà giovani ballerini, tra i più promettenti del panorama nazionale, sfidarsi in un battle dimostrativo nella neonata sede torinese dell’Universal Hip Hop Museum, presso il centro associativo L’Arteficio. I partecipanti si esibiranno in freestyle, su tracce selezionate al momento dal dj che condurrà la serata, facendo sfoggio della loro abilità nei diversi stili: breaking, popping, hip hop dance e house. La gara si concluderà con un party, cui parteciperanno i ballerini e il pubblico del Festival.
Sarà in musica anche l’ultimo appuntamento del cartellone, che nella serata finale (23 marzo) proporrà un altro evento unico, concepito e realizzato appositamente per il Festival: una festa jam che vedrà ai piatti Dj Mastafive e Dj Double S e ai microfoni Ensi, Rancore e Dutch Nazari.

L’OMAGGIO AI MANETTI BROS. Sottodiciotto & Campus dedica uno spazio specifico – a cura di Enrico Bisi e Caterina Taricano – ai due autori italiani che nel loro lavoro hanno sempre riservato un’assidua attenzione alla musica: “una delle nostre più grandi passioni – come essi stessi dichiarano – ma anche uno dei più importanti linguaggi a disposizione di un regista per realizzare un film”. A Marco e Antonio Manetti, ospiti a Torino il 17 e 18 marzo, il Festival renderà omaggio con una selezione di cinque titoli della loro produzione più e meno recente, tra cui non mancano i film direttamente legati al programma speciale “Hip Hop Drops”. Fin dagli esordi della loro carriera, infatti, i fratelli Manetti hanno sviluppato un interesse particolare per il fenomeno e i loro primi due lungometraggi sono un esplicito omaggio alla scena rap italiana degli anni Novanta. Il cartellone ripropone quindi Torino Boys (1997), la cui colonna sonora è diventata un cult per gli amanti del genere, e Zora la vampira (2000), ambientato nel microcosmo hip hop di un centro sociale romano, in cui troviamo l’allora poco più che esordiente Micaela Ramazzotti, affiancata da uno straordinario Toni Bertorelli nella parte di un Dracula del nuovo millennio e da un inedito Carlo Verdone. Accanto al film più recente dei due fratelli, il musical in salsa partenopea-camorristica Ammore e malavita, record di candidature per i prossimi Premi David di Donatello, l’omaggio ripropone un’altra coppia di titoli, il noir Piano 17 (2005) e il fantascientifico L’arrivo di Wang (2011), che attestano la grande agilità dei Manetti nel passare da un genere all’altro, senza rinunciare, anche nelle produzioni a basso budget, all’idea di un cinema ricco di invenzioni visive.
In parallelo, il Festival presenterà in sala una selezione di videoclip realizzati dai due fratelli dagli inizi della loro carriera a oggi per svariati gruppi e autori, dai Flaminio Maphia agli Assalti Frontali, da Joe Cassano a Piotta, da Max Pezzali a Syria. Un’ulteriore selezione di videoclip realizzati per esponenti di punta della scena rap italiana sarà proposta nel corso di una serata speciale (sabato 17 marzo), in cui i Manetti saranno ospiti d’onore del nuovo Universal Hip Hop Museum.

WIKICAMPUS. In linea con l’ampio programma speciale, si declinano sul tema dell’hip hop anche gli ormai consueti appuntamenti di Wikicampus, le “lezioni” aperte a tutti, curate da Matteo Pollone, organizzate da Sottodiciotto Film Festival & Campus in partnership con il Corso di Laurea in DAMS dell’Università degli Studi di Torino e in collaborazione con Il Circolo dei lettori e la Galleria d’arte Little Nemo. La serie di incontri affronterà e approfondirà diversi aspetti del fenomeno culturale che negli ultimi quarant’anni è stato in grado di influenzare e contaminare profondamente le arti visive, la musica, il ballo e la moda, lasciando la parola sia a chi rappresenta e fa parte dell’odierna cultura hip hop, sia a chi studia e racconta il movimento attraverso differenti media. Una particolare attenzione sarà dedicata allo sviluppo dell’hip hop nel nostro Paese, che fino dalla nascita ha mostrato peculiarità e caratteristiche uniche ed esclusive.
L’importanza e le difficoltà di restituire al pubblico, tramite il documentario, la complessità della cultura hip hop saranno al centro di un dibattito, moderato da Paolo Manera, direttore di Film Commission Torino Piemonte, tra i registi Enrico Bisi, Danno, Omar Rashid e Lidia Ravviso. Le diverse prospettive con cui, nel tempo, il fenomeno è stato raccontato negli Stati Uniti e in Italia saranno di spunto per un incontro, moderato dalla giornalista Marta “Blumi” Tripodi, con gli autori delle più recenti pubblicazioni dedicate all’hip hop: Andrea Di Quarto, Giuseppe Pipitone aka U.Net e Paola Zukar. All’influenza cruciale dell’hip hop sul costume, lo stile di vita e di abbigliamento contemporanei sarà dedicato il successivo appuntamento, introdotto da Giulia Carluccio, presidente di AIACE Torino e del corso di laurea in DAMS dell’Università degli Studi di Torino, con Silvia Vacirca, docente dell’inaugurando corso di “Forme e linguaggi della moda” all’Università di Torino. Sui rapporti tra fumetto e hip hop interverrà invece Luca Enoch, inventore, nel 1992, del personaggio della writer Sprayliz per la rivista “Intrepido” (in questi giorni riproposto in edicola dall’Editoriale Cosmo). Alla scrittura del rap – uno degli elementi fondamentali per giudicare la bravura di un rapper – sarà dedicato, infine, l’incontro, condotto dal regista e curatore della sezione Hip Hop Drops del Festival Enrico Bisi, con quattro maestri che hanno fatto della qualità dei testi un proprio punto di forza: Ensi, Willie Peyote, Rancore e Dutch Nazari.

IL FILM DI CHIUSURA. Eterogenea per generi, temi e ambientazioni, curata da Caterina Taricano, la sezione del Festival dedicata alle anteprime e ai titoli inediti in Italia che hanno bambini e ragazzi come protagonisti o come pubblico di riferimento concluderà la 19a edizione di Sottodiciotto & Campus con il nuovo film di Bruno Dumont, Jeanette, L’Enfance de Jeanne D’Arc. Proposto dal Festival in collaborazione con la casa di distribuzione Movies Inspired, il lungometraggio segna un’incursione del versatile regista francese nel territorio finora mai frequentato del film musicale. Presentato alla Quinzaine des réalisateurs dell’ultimo Festival di Cannes, ispirato alle opere dedicate a Giovanna D’Arco dal poeta e drammaturgo Charles Péguy, il film rivisita il mito francese per eccellenza partendo dalle origini e scandendo l’infanzia e l’adolescenza della santa guerriera sull’eclettica colonna sonora (technopop, rock, metal, sinfonica) firmata da Igorrr. Sulle musiche originali del compositore francese, Dumont innesta l’audace esperimento della presa diretta anche dei brani cantati, interpretati sul set (e non in playback) dagli attori non professionisti. Film che finisce dove tutti gli altri dedicati alla Pulzella d’Orléans cominciano, Jeanette dispiega sul grande schermo in una forma del tutto inedita la forza del personaggio eroico, trasposto nella pastorella sensibile alle sofferenze del suo popolo, che già a otto anni sogna un condottiero capace di scacciare gli inglesi dalla Francia e in cui si accende progressivamente la vocazione spirituale e guerriera.

L’immagine-guida di Sottodiciotto Film Festival & Campus 2018 è stata realizzata dal designer milanese Luca Barcellona. Già noto come writer, è oggi un calligrafo di fama internazionale; le sue opere di lettering sono richieste da numerosi brand (Carhartt, Nike, Mondadori, Zoo York, Dolce&Gabbana, Sony BMG, Seat, Volvo, Universal, Eni) ed esposte in numerose mostre personali e collettive. È autore di svariate pubblicazioni, tra cui il libro monografico Take Your Pleasure Seriously.

Le proiezioni e gli appuntamenti del Festival sono a ingresso gratuito.

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