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Cultura

Arriva al Salone Margherita Hack, la “dottoressa” del cielo

Redazione Quotidiano Piemontese

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Si comincia con un elenco, in stile Vieni via con me: “Campionessa regionale di salto in lungo e di salto in alto, ex allenatrice di una squadra di pallavolo, vegetariana e animalista convinta, presidente onoraria dell’Uaar (Unione Atei e Agnostici Razionalisti), pluricandidata  alle elezioni regionali e politiche, ottenendo sempre ottimi risultati”. Il giornalista Viviano Dominici si diverte a partire dalla fine, mettendo tra parentesi i successi scientifici e accademici: “Sarebbe superfluo parlarne, perché sono sotto gli occhi di tutti. Chi non conosce il prestigio di Margherita Hack?”. E’ vero, questa ragazza di 89 anni (cui è stato perfino dedicato un asteroide) esercita sul pubblico, anche il più lontano dalla scienza, un fascino magnetico. Merito della sua esperienza di astrofisica, ma anche di una personalità forte e comunicativa, che le consente di portare gli enigmi del cielo un po’ più vicini alla terra. Non solo ha la passione per la scienza, ma (a differenza di insigni colleghi) ha anche la passione per raccontarla.

Al Salone del Libro Margherita Hack presenta due libri: Notte di stelle (Sperling e Kupfer, 2010), scritto a quattro mani con Dominici (che è anche suo interlocutore nell’incontro col pubblico) e Il mio infinito (Baldini Castoldi Dalai, 2011). “Trasumanar significar per verba non si poria”, scriveva Dante, esprimendo la sua difficoltà di tradurre in parola i misteri del mondo ultraterreno. E’ una condizione in cui forse si è trovata anche questa pellegrina laica del cielo, dovendo spiegare con linguaggio quotidiano una scienza astratta e molto lontana dalla realtà fisica esperibile su questo piccolo pianeta. La sfida, bisogna dirlo, le riesce bene: per qualche minuto la volta della Sala Oval Lingotto si trasforma in un planetario mentale su cui si addensano immagini e concetti: le supernove, le galassie, i campi gravitazionali, la materia oscura, il big bang, le distanze interstellari colmate dalla luce, “che è una specie di macchina del tempo: più lontano guardiamo nello spazio, meglio riusciamo a intuire il passato dell’universo”.

Lei racconta il cielo, “primo libro di testo dell’umanità, aperto a una continua lettura”, ma la gente tende a riportarla quaggiù, la spinge a uscire dal suo campo di ricerca, la consulta quasi fosse una “Garzantina della scienza”. Naturalmente non mancano le domande di confine, quelle che investono scienza, filosofia e fede (strano destino per una razionalista). “Ci sono altre forme di vita nel cosmo?”. Lei risponde con calma (chi sa quante volte se lo sarà sentito chiedere): “Pensare di essere soli, considerando la vastità dell’universo, mi sembra assurdo. Ma ritengo altrettanto improbabile un incontro con altre forme di vita, se non altro per questioni di distanze”. Forse non siamo gli unici padroni di casa, ma se altri inquilini esistono, non illudiamoci di riuscire a contattarli tanto facilmente. Dalla platea si alza una mano: “Senta, dottoressa, secondo lei che cosa sono gli oroscopi?”. La “dottoressa” ha appena finito di spiegare che costellazioni e segni dello zodiaco  non esistono in quanto tali, ma sono una sorta di illusione ottica: la visuale terrestre (che tende ad annullare la terza dimensione) ci porta a raggruppare con lo sguardo stelle distanti fra loro migliaia di anni luce. Come dire, se queste sono le premesse… Eppure la studiosa non si scompone: “Gli oroscopi potevano avere un senso quando non si conosceva la natura fisica dei corpi celesti. Oggi servono solo a rimpinguare le tasche di qualche imbroglione”.

Toscana verace, sempre pronta di spirito, Margherita Hack discute di politica e attualità con la stessa passione che dedica a galassie e supernove. Parla di argomenti scottanti, dall’eutanasia alle unioni omosessuali, dalle energie rinnovabili al nucleare (di cui, come noto, è una convinta sostenitrice). E non lesina giudizi sferzanti sulla “controriforma” dell’università: “Oggi ci si riempie tanto la bocca con la parola innovazione, facendo finta di non sapere che innovazione vuol dire ricerca e che la ricerca si fa in università. Tagliare i fondi a ricerca e università è come segare il ramo su cui siamo seduti”.  

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