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Cronaca

Piemonte, terra di conquista della ‘ndrangheta

Redazione Quotidiano Piemontese

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Che la criminalità organizzata sia radicata al nord Italia è quanto si va dicendo da tempo, eppure le resistenze sono molte. Resistenze psicologiche e politiche, della popolazione che non vuole riconoscere il male che l’affligge e delle istituzioni che si rifiutano di affrontare il problema. E quando il problema viene in certa misura affrontato è, il più delle volte, solo per riaffermarne la radice esogena: mafia e ‘ndrangheta sarebbero importate, “salite” con l’immigrazione da Calabria e Sicilia o ancor prima, negli anni in cui si mandavano al confino al nord i boss della mala. Il settentrione d’Italia, secondo questa tesi, avrebbe in sé tutti gli anticorpi. Se così fosse, però, non si registrerebbero, come si registrano, collusioni tra imprenditori locali, dal pedigree tutto padano, e la criminalità organizzata. E non si assisterebbe allo scioglimento di comuni le cui amministrazioni, evidentemente, non avevano abbastanza anticorpi contro le mafie. Vale la pena ricordare che il primo comune sciolto per infiltrazioni mafiose al nord Italia è stato Bardonecchia, proprio in Piemonte, nel (non) lontano 1995.

Regione di tristi record il Piemonte: nella nostra regione è stato ucciso dalla ‘ndrangheta Bruno Caccia, capo della Procura di Torino, unico magistrato ad essere assassinato fuori dai confini delle zone tradizionalmente afflitte dal cancro mafioso. Era il 1983, quel 26 giugno la città di Torino ebbe un brusco risveglio. Caccia fu raggiunto dai proiettili di un killer mentre camminava tra i tranquilli vialetti nei pressi del monte dei Cappuccini, dove viveva. Mandante dell’omicidio fu il boss della ‘ndrangheta Domenico Belfiore, capo dell’omonimo clan, operante tra Torino e cintura. La reazione dello Stato fu massiccia, operazioni di polizia come “Cartagine” e “Ultimo minuto” ridimensionarono il potere dei Belfiore ma lo spazio lasciato vuoto fu presto occupato da nuovi clan. Nel 1993 Domenico Belfiore fu condannato all’ergastolo.

Il Piemonte, dunque, è terra di conquista della ‘ndrangheta da decenni. Conquista che è diventata stabile presenza, radicamento, infiltrazione nell’economia anche legale specie nel movimento terra e nelle costruzioni. Eppure la guardia è bassa, drammaticamente bassa. All’indomani della “strage di Duisburg”, avvenuta il 15 agosto 2007, che mostrò (non solo ai tedeschi) l’internazionalizzazione della ‘ndrangheta, il quotidiano torinese La Stampa ospitò un dibattito tra Maurizio Laudi, all’epoca coordinatore della Dia locale, e alcuni sindaci della provincia di Torino. Ebbene, questi ultimi negarono con forza che potesse esistere un “problema mafia” a testimoniare che casi come Bardonecchia o la morte di Caccia sono facili da nascondere sotto il tappeto dell’oblio e dell’incredulità. Eppure sono lì a gridare il loro silenzioso memento.