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Economia

Marchionne e Pomigliano, sboccia l’amore: “Il miglior stabilimento Fiat in tutto il mondo”

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Da Marchionne il polacco a Marchionne il pomiglianese la strada è breve, più di quanto lo sia tra lo stabilimento di Tychy, nel Voivodato della Slesia, e quello in provincia di Napoli. Questa volta sembra che l’ad del Lingotto si sia preso una cotta per Pomigliano d’Arco, i suoi abitanti, il suo stabilimento, i suoi sindacati: insomma sia paradossalmente diventato quello che dalle parti della Fiom ironicamente definiscono O Mericano, il cugino ricco che torna dall’America per far felice la sua terra. Eppure nel 2010 i suoi occhi (e quelli dell’azienda) erano tutti per lei, l’algida cittadina polacca sede dello stabilimento “number one” per eccellenza, quello che produceva meglio di tutti la mitica Panda: “Finora la Panda è stata prodotta in Polonia bene e a livelli altissimi, a un livello di qualità che non è stato mai raggiunto da uno stabilimento italiano, mai”, affermava fiero il manager italocanadese. Cos’è cambiato da allora?

Donato De Sena, su Giornalettismo, dà una sua maliziosa e intrigante versione:

La domanda nasce spontanea. Quale delle due versioni è vera? Cosa è successo in questo lasso di tempo che separa i due ragionamenti? Per trovare una spiegazione bisogna essere volutamente maliziosi. Ma ad essere malizioni, come ci ha insegnato Andreotti, spesso ci si azzecca. Ci proviamo. La prima delle due riflessioni cadeva alla vigilia del referendum attraverso il quale i lavoratori di Pomigliano (25 giugno 2010) venivano chiamati ad accettare le nuove condizioni di lavoro dettate dalla Fiat, pena la chiusura dello stabilimento. La seconda cade all’indomani dell’accordo che prevede l’estensione dell’accordo approvato un anno e mezzo fa dai lavoratori di Pomigliano a tutti i stabilimenti d’Italia. Affermare che nel primo caso la strategia comunicativa dell’azienda e dell’amministratore delegato mirava ad avvertire i dipendenti del rischio di ritrovarsi senza posto di lavoro ed affermare che nel secondo caso invece mira a creare l’immagine di un’azienda legata alle persone non significa fare illazioni.

Secondo le previsioni della Fiat lo stabilimento campano entrerà a regime nella primavera del 2012, occupando i lavoratori tuttora in cassa integrazione. Entro fine anno gli occupati – su un totale di circa 4.200 – dovrebbero salire a 900 dagli attuali 600.

Numeri che non convincono (oltre a Fiom e Cobas) anche Massimo Franchi, che su l’Unità attacca il manager:

Seppur incalzato da numerose domande Marchionne non ha mai risposto alla questione chiave: “Quanti assunti ci saranno a Pomigliano? Saranno riassunti tutti i 4.500 lavoratori?”. La risposta testuale è stata: “Lasciateci arrivare a 1050 auto prodotte al giorno e lo vedrete”. Come se un “leader mondiale nella produzione di auto” che pianifica tutto non sappia prevedere quanti operai servano per produrre tot auto.

La verità (amarissima) è che Marchionne ha già deciso che nella nuova Pomigliano per la Nuova Panda serviranno molto meno dei 4.500 lavoratori che c’erano prima. E allora i Bartali (il nome del blog di Franchi, ndr) di oggi sono gli operai iscritti a Fim e Uilm (quelli della Fiom no, quelli sono troppo antagonisti…) che al referendum del giugno 2010 hanno votato “Sì” credendo alle promesse di Marchionne e, sotto il ricatto della Fiat di lasciarli in mano alla Camorra se avessero fatto altrimenti, hanno rinunciato a diritti, pause, malattie e quant’altro pur di avere uno straccio di lavoro.  E quel lavoro ora non ce l’hanno e rischiano seriamente di non averlo mai.

Nel frattempo Marchionne si gode il suo amore ritrovato per l’Italia, e gli Stati Uniti lo festeggiano come un divo di Hollywood. “L’uomo con il maglione nero”, lo definisce il Time, che lo ha appena inserito nella lista 2011 delle persone che contano nel mondo. Un uomo che secondo la rivista Usa “non ha né il tempo né la propensione per decidere come vestirsi, troppo occupato a gestire la continua trasformazione di due aziende automobilistiche che una volta erano destinate al rottamaio” (eppure anche gli ultimi dati sulle immatricolazioni non sono brillanti). Che dire? Complimenti al Don Giovanni degli stabilimenti, sperando che il suo amore per Pomigliano duri un po’ di più della precedente cotta polacca.

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